Bambine, donne, mamme, nella tempesta, nella sete, nella fame, a sopravvivere nella violenza subita, nell’omertà imposta e consolidata dalla paura, nella sottomissione bieca e cieca, dove nulla è risparmiato, neanche un conforto, un sollievo, una speranza di farcela fino a domani.
Donne svestite, donne alla rinfusa, piccole cose lasciate qua e là, fintamente alla meglio, per essere trovate subito all’occorrenza, quando si fa impellente l’inadeguatezza, l’inferiorità, quella che non è possibile celare, ma che prima o poi rende quel che ingiustamente è stato rubato a chi non può sottrarsi, difendersi, dire no.
Donne ripudiate, cancellate, uomini alla sbarra di nessuna coscienza, al saldo dell’offerta, della richiesta, del mercato che non ha mai conclusione, nel ribasso e nel rialzo di una comunicazione malata, di una informazione deviante.
Donne bambine e donne adulte, senza più un ruolo e un valore, donne tra i conati di vomito di un pregiudizio, a metà strada di un giudizio, di una condanna che non le libera né le assolve, sono donne anche queste, ma non possono gridare, imprecare, scappare da un morso, da un giogo, stanno in piedi a fatica, per non morire una volta di più, donne da usare, da consumare, da svuotare alla fossa scavata dall’indifferenza, dalla distrazione, dall’attenzione deviata.
Donne percosse in casa, sfruttate in strada, scosse dalla ferita che non rimargina, a dissanguare, donne afferrate e piegate, a cui non dare rispetto, né amore, donne come oggetti che cambiano di posto, di interesse, di un comodo appoggio, che non sanno ancora come siamo avversi e contrari al fiore che non resiste alla bellezza del sole.
Donne che passano di mano, mettono a nudo l’assenza e la fuga di giustizia, di quanti parlano bene e agiscono male, togliendo libertà e dignità, che invece sono da proteggere, conseguire e consegnare a chi ancora non ce l’ha.