Responsabilità civile  -  Redazione P&D  -  14/02/2022

Il danno da occupazione senza titolo è in re ipsa? – La parola alle Sezione Unite – Cass. civ. ord. 1162/2022 - Paolo Basso

Con l’ordinanza interlocutoria in epigrafe viene finalmente rimessa alla decisione delle Sezioni Unite l’importante ed annosa questione del danno da abusiva occupazione di un immobile.

La questione, come noto, riguarda la possibilità di ravvisare la sussistenza di danno in re ipsa, con eventuale quantificazione in via equitativa, oppure la necessità di richiedere la prova positiva dell’esistenza del danno ai fini della condanna al suo risarcimento.

L’art. 2043 c.c. menziona due volte il danno.

La prima volta con il richiamo al danno ingiusto la norma intende fare riferimento al danno-evento ossia alla lesione del bene giuridico o dell’interesse giuridico, che è condizione necessaria ma non sufficiente per il risarcimento, per il cui riconoscimento occorre il danno oggetto del secondo richiamo contenuto nella norma medesima ossia il danno-conseguenza, a cui fa riferimento l’inciso finale. Tale accezione di danno ha carattere economico ovvero, nelle ipotesi di cui all’art. 2059 c.c., una matrice non-patrimoniale.

In questa seconda accezione per “danno” si intende una modificazione peggiorativa della sfera economica (o morale) conseguente alla lesione di un bene o di un interesse.

Ormai da decenni la giurisprudenza pone a carico del danneggiato, così nel campo aquiliano come in quello contrattuale, la duplice prova della lesione del bene giuridico (danno-evento) e delle relative conseguenze economiche o personali (danno-conseguenza).

In tema di danno cagionato dall’abusiva occupazione di un immobile la giurisprudenza oscilla fra due opinioni: la prima che ravvisa il danno in re ipsa e la seconda, che, invece, nega la sussistenza automatica della lesione di un bene giuridico e richiede, come detto, caso per caso la prova che un vero danno economico vi sia stato.

La prima opinione ha incontrato resistenze soprattutto nella giurisprudenza più recente, poiché è radicato nella dottrina e nella giurisprudenza italiane il rifiuto di un danno punitivo (art. 23 Cost.) quale è visto il danno in re ipsa.

Tuttavia l’ordinanza in rassegna avanza riserve sulla fondatezza di tale opinione e giustamente, atteso che è fondamentale considerare sia che il danno in re ipsa costituisce concetto diverso dal danno punitivo sia che l’occupazione senza titolo di un immobile determina, logicamente, automaticamente e senza necessità di prova alcuna, la lesione diretta ed immediata della facoltà di godere di tale bene (art. 832 c.c.).

E così, a ben vedere, la vera questione che ha diviso il campo delle opinioni non pare nemmeno operare solo o principalmente sul piano sostanziale ma pare, invece, appartenere al campo processuale. Infatti è evidente che le sentenze negatorie del danno in re ipsa non negano la configurabilità in astratto di tale danno (anche nel caso di abusiva occupazione di immobile) ma hanno tralatiziamente affermato la mancanza di prova di danno effettivo e l’inutilizzabilità delle presunzioni.

E dunque la discussione si deve principalmente spostare sul piano processuale con la giusta valorizzazione della presunzione semplice della sussistenza del danno derivante dal mancato godimento del bene.

Le Sezioni Unite sono dunque chiamate a stabilire se il danno deve sempre presumersi per automatica, costante ed ineluttabile violazione del sopra citato art.  832 c.c., lasciando al responsabile dell’occupazione illecita la possibilità della prova contraria oppure se, al contrario, il danneggiato deve provare la sussistenza effettiva e concreta del danno, senza poter ricorrere a presunzione alcuna.

Paolo BASSO


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