Letteratura  -  Redazione P&D  -  08/02/2022

Hai mai pensato di avere un sosia intellettuale o accademico? - M. Bussani - P. Cendon

  1. - DOPO L’ENNESIMA UMILIAZIONE JAKOV PETROVIČ SI IMBATTE IN UNA LOSCA FIGURA CHE GLI RICORDA QUALCUNO. SI AVVICINA SEMPRE PIÙ A QUESTO UOMO, FINCHÉ NON SI RENDE CONTO DI AVERE DI FRONTE A SÉ PROPRIO IL SUO SOSIA.

TU HAI MAI PENSATO DI AVERE UN SOSIA INTELLETTUALE O ACCADEMICO?

 

  1. – La dimensione del ‘’Sosia’’ mi è abbastanza familiare, in due accezioni diverse tra loro, rispetto alle quali non sempre riesco a districarmi.

La prima – ne ho tratto ispirazione quando ho scritto, nel 1986, la bozza sull’amministrazione di sostegno (una sorta di Sosia legale) - è quella di qualcuno, che in effetti sono io, il quale incarica un altro, che sono sempre io, di dire o di fare certe cose: ad esempio di parlare in pubblico, ma anche di scrivere, mettiamo quello che sto scrivendo adesso. Io di mio non saprei farlo, non tanto bene, per fortuna c’è quel signore occulto e disponibile al quale posso delegare l’incombenza: l’attore/imbonitore professionale al fondo di me, che conosco poco in verità, e che in qualche maniera andrà in automatico, cavandosela quasi sempre.

La seconda accezione – differente - è quella in cui il Sosia, il doppio, è un frammento di qualche essere umano, reale, che incontro a una festa mettiamo, a una cena. Fuori di me cioè, non dentro. Lo vedo all’improvviso quest’essere, gli parlo, mi risponde, comunichiamo, donna o uomo non importa, indovino che c’è in lei/lui pressappoco lo spezzone e il sound che c’è in me: solo che dentro di me quel motivo vaga come una presenza confusa, larvale, in lui o in lei mi appare invece come una realtà nitida, innegabile: posso così riconoscerla (Wahlverwandtschaft), e uscire per qualche minuto, dialogando, dalla nebbia che mi circonda normalmente.




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