Le eventuali integrazioni probatorie nel giudizio abbreviato non condizionato dipendono da scelte discrezionali del giudice.
Con recente pronuncia si è ribadito che la scelta processuale dell'imputato di accedere al rito abbreviato non condizionato implica una rinuncia alla formazione della prova in contraddittorio, "con conseguente accettazione da parte dell'imputato della sufficienza dimostrativa del materiale probatorio in atti".
Le eventuali integrazioni del compendio probatorio di cui dispone il giudice per l'accertamento della responsabilità, "una volta che l'imputato ha scelto di essere giudicato con il rito a prova contratta dipendono esclusivamente da scelte discrezionali del giudice che può fare ricorso, ove lo ritenga indispensabile, all'uso dei poteri integrativi previsti dall'art. 441 comma 5 cod. proc. pen. e 603 cod. proc. pen.".
La doverosa ammissione al giudizio abbreviato avviene sulla base di: notizia di reato, documentazione di norma corrispondente a quella di cui all"art. 357 c.p.p. - con la possibilità che sia formata successivamente alla richiesta di rinvio a giudizio -, eventuali indicazioni relative al corpo del reato e delle cose pertinenti al reato ed i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari.
Posto innanzi all"enunciazione del fatto, delle diverse circostanze e delle norme di legge che si assumono violate, ove gli elementi già presenti nel fascicolo non si rivelino sufficienti per giungere ad una sentenza, di condanna o di assoluzione, il giudice può assumere, anche d"ufficio, gli elementi necessari ai fini della decisione.
Quella che un tempo si presentava come una semplice questione innanzitutto relativa al se, gli atti a disposizione potessero condurre ad una decisione, si risolve, mutati i termini, in un vero e proprio esercizio del potere giurisdizionale anche mediante assunzioni probatorie officiose.
Nell"esercizio di tale potere si tiene conto dell"avvenuta accettazione ad essere giudicati sulla base del materiale raccolto ed essendosi conservata tale caratteristica del rito, definito altresì come rito a prova contratta, vige il divieto di esplorare itinerari probatori estranei allo stato degli atti formato dalle parti.
I limiti della valutazione della richiesta necessità sono stati oggetto di alcune pronunce della corte di Cassazione la quale ha pertanto chiarito che:
"La valutazione della necessità dell"integrazione probatoria nel rito abbreviato - sia d"ufficio che su richiesta dell"imputato - non è condizionata alla sua complessità od alla lunghezza dei tempi dell"accertamento probatorio e non si identifica con l"assoluta impossibilità di decidere o con l"incertezza della prova, ma presuppone, da un lato, l"incompletezza dell"informazione in atti, e, dall"altro, una prognosi di positivo completamento del materiale a disposizione per il tramite dell"attività integrativa" (Cass. pen. sez. II, n. 10304/13).
Con maggiore precisione, peraltro, si è ritenuto che il parametro di valutazione della necessità dovesse essere ricollegato all"oggettiva impossibilità di addivenire ad una decisione nel merito sulla base delle risultanze degli elementi di prova in atti contestando la generale affermazione che:
"Nel giudizio abbreviato la facoltà del giudice di assumere anche d"ufficio gli elementi necessari ai fini della decisione non è esercitabile con riguardo alla ricostruzione storica del fatto e all"attribuibilità di esso all"imputato" (ex plurimis Cass. pen. 36335/12).
La completezza dell"informazione così ottenuta potrà successivamente comportare - ma non è l"unico epilogo possibile - la pronuncia di una sentenza di condanna che rispetti il canone dell"oltre ogni ragionevole dubbio di cui all"art. 530 c.p.p. .
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.La Corte di appello di -omissis-, in parziale riforma della sentenza emessa dal giudice per le indagini preliminari all'esito del giudizio abbreviato, condannava l'imputato alla pena di anni tre di reclusione ed euro 720 di multa per il reato di rapina aggravata.
2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell'imputato che deduceva: 2.1. vizio di legge e di motivazione in relazione al riconoscimento dell'aggravante dell'uso dell'arma in quanto non sarebbe emersa la prova che la pistola giocattolo impugnata dall'imputato fosse priva di tappo rosso. Invero dal compendio integrato delle due sentenze conformi di merito emerge che era in dubbio che la pistola detenuta dall'imputato fosse un'arma comune da sparo, non essendo mai stato posto in discussione, in quanto non emerso né allegato nel corso del processo, che l'arma fosse sfornita di tappo rosso. Di conseguenza la Corte territoriale aveva riconosciuto l'aggravante contestata, condividendo il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l'uso o porto fuori della propria abitazione di un arma giocattolo assume rilevanza penale soltanto se mediante esso si realizzi un reato del quale l'uso o porto di un' arma rappresenti elemento costitutivo o circostanza aggravante, come avviene quando il giocattolo riproducente un'arma, sprovvisto di tappo rosso, sia portato in aeromobile, in violazione della legge 23 dicembre 1974 n. 694, o quando sia usato nella commissione di delitti contro la sicurezza della navigazione aerea, di reati di natura elettorale, nei delitti di rapina aggravata (art.628, comma 3 n. 1, prima ipotesi, Cod. pen.), di violenza e resistenza aggravata a pubblico ufficiale (art. 339 cod. pen.), di estorsione aggravata (art. 629 cpv cod. pen.), di minaccia aggravata (art. 612 cpv. Cod.pen.), o quando venga portato indosso nella commissione del reato di furto (Cass. Sez. U, n. 3394 del 06/03/1992 Rv. 189520).
2.2. Vizio di legge e di motivazione: la sentenza impugnata sarebbe manifestamente illogica nella parte in cui attribuisce rilievo all'impronta ricondotta all'imputato rinvenuta sul registratore di cassa nonostante le parti offese avessero dichiarato di avere consegnato il denaro personalmente al rapinatore. La motivazione sarebbe, inoltre, illogica laddove avrebbe valorizzato il fatto che l'imputato aveva scelto di essere giudicato con il rito abbreviato non condizionato ad alcuna integrazione probatoria e, segnatamente, all'approfondimento delle analisi tecniche utili per risalire alla paternità dell'impronta.
Si tratta di doglianze che non incidono sull'efficacia dimostrativa del compendio motivazionale censurato limitandosi ad offrire una lettura alternativa delle emergenze processuali senza indicare alcuna frattura logica manifesta e decisiva delle emergenze processuali senza indicare alcuna frattura logica manifesta e decisiva del percorso argomentativo. Tale non è la valorizzazione dell'impronta sul registratore di cassa che, come rilevato dalla Corte territoriale, non è incompatibile con le dichiarazioni delle persone offese (foglio 2 della sentenza impugnata); e tale non è neanche la valorizzazione della scelta processuale dell'imputato di accedere al rito abbreviato non condizionato, che implica una rinuncia alla formazione della prova in contraddittorio, con conseguente accettazione da parte dell'imputato della sufficienza dimostrativa del materiale probatorio in atti. Eventuali integrazioni del compendio probatorio disponibile per l'accertamento di responsabilità, una volta che l'imputato ha scelto di essere giudicato con il rito a prova contratta dipendono esclusivamente da scelte discrezionali del giudice che può fare ricorso, ove lo ritenga indispensabile, all'uso dei poteri integrativi previsti dall'art. 441 comma 5 cod. proc. pen. e 603 cod. proc. pen. Nel caso di specie tuttavia, i giudici di entrambi i gradi di merito non ritenevano necessario ricorrere a tali strumenti, valutando che la responsabilità del Grado fosse stata accertata al di là di ogni ragionevole dubbio.
3.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in € 1500,00.