Deboli, svantaggiati  -  Alceste Santuari  -  10/10/2024

Giornata mondiale della salute mentale e budget di progetto (nel segno, forse, di Franco Basaglia)

Il d. lgs. n. 62/2024 recante “Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato”, contribuisce a rafforzare una presa in carico delle persone con disabilità mentale fondato sulle aspettative individuali e sulla costruzione di risposte comunitarie.

Di seguito, si intende analizzare, seppure in forma necessariamente sintetica, alcuni profili giuridici ed istituzionali, che, nello specifico, richiamano l’azione e l’intervento degli enti del terzo settore, anche per confrontarne la coerenza con la legge delega (n. 227/2021).

Il decreto in parola, richiamando la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, richiamo importante che ancora le previsioni contenute nel testo del decreto al contesto internazionale, che da decenni raccomanda interventi dei singoli Stati finalizzati a rendere effettiva l’esigibilità dei diritti, tra l’altro (per quanto riguarda questo contributo), prevede i “sostegni”, “progetto di vita” e “budget di progetto”, quali misure e strumenti di intervento che coinvolgono direttamente i beneficiari delle azioni, le loro reti, famigliari e comunitarie, e gli enti non profit/di Terzo settore.

Con la ratifica da parte dell’Italia (legge n. 18 del 13 marzo 2009) e dell’Unione Europea (23 dicembre 2010), la Convenzione in argomento forma parte integrante dell’ordinamento giuridico nazionale (oltre che degli altri Stati membri). Ne consegue, per esempio, che il d. lgs. n. 62/2024 prevede, proprio in conformità all’art. 2 della Convenzione ONU, l’aggiunta dell’art. 5-bis all’art. 5 della legge n. 104/1992, che riconosce il diritto alle persone con disabilità all’”accomodamento ragionevole”.

Inoltre, sempre nel quadro sopra delineato, il d. lgs. in argomento sottolinea l’essenzialità “strategica” del progetto di vita individuale, inteso quale strumento per “migliorare le condizioni personale e di salute nei diversi ambiti di vita” e facilitare “l’inclusione sociale e la partecipazione nei diversi contesti di vita su base di uguaglianza con gli altri” delle persone con disabilità. In questo contesto, viene in considerazione l’istituto giuridico del “trust con finalità sociali”, contemplato dalla legge n. 112/2016, che ha individuato un sistema di regole certe e chiare per i progetti in tema di “durante” e “dopo di noi”, che tra l’altro permettano di costituire vincoli, legami e networks strutturati e solidi a sostegno delle persone con disabilità, in specie quelle prive di sostegno familiare.

Si aggiunga che il d.lgs. n. 62/2024 riconosce il “budget di progetto” quale strumento che può garantire l’attuazione del progetto di vita: esso è costituito, in modo integrato, dall’insieme delle risorse umane, professionali, tecnologiche, strumentali ed economiche, pubbliche e private, attivabili anche in seno alla comunità territoriale e al sistema dei supporti informali (art. 28, comma 1). Il “budget di progetto” si caratterizza, dunque, quale strumento nel quale possono confluire le diverse tipologie progettuali, di intervento e di azione che sul territorio possono trovare espressione sia nell’iniziativa pubblica sia in quella dei soggetti privati, in particolare non lucrativi. Ancorché il “budget di progetto” sia definito della necessaria integrazione tra prestazioni sanitarie e interventi assistenziali e tra competenze di diversi enti pubblici e i progetti e le proposte avanzate dagli enti non lucrativi, esso non può che essere il risultato dell’azione pianificatoria e programmatoria degli enti pubblici coinvolti, che coinvolgono attivamente in tale azione anche gli Enti del Terzo settore. Attraverso questa azione si intende garantire un accesso uniforme ai servizi e, contestualmente, conseguire un’effettiva ed efficace integrazione sociosanitaria. In ordine a quest’ultimo obiettivo, la regolazione pubblica non contempla soltanto la sfera di azione e di intervento delle autorità pubbliche, ma anche quella delle organizzazioni non profit, atteso che anch’esse partecipano alla realizzazione dei medesimi fini di interesse generale cui sono preordinati sia il sistema sanitario sia quello socio-assistenziale.

E’ in questa prospettiva che l’art. 28, comma 3 del decreto prevede che la realizzazione del “budget di progetto” sia effettuata (l’utilizzo del tempo verbale “è effettuata” sembrerebbe deporre a favore di una interpretazione che ritenga questa modalità di realizzazione esclusiva rispetto ad altre) attraverso gli istituti giuridici di natura cooperativa di cui all’art. 55 del Codice del Terzo settore. Il legislatore ha dunque operato una netta “scelta di campo”: lo schema di decreto legislativo riconosce che gli istituti cooperativi di cui al Codice del Terzo settore si prestano alla realizzazione di obiettivi condivisi tra pubbliche amministrazioni ed enti non profit. Le prime non esercitano la funzione di committenza, mentre i secondi partecipano al procedimento amministrativo. Gli istituti di natura cooperativa, che derivano la loro legittimazione normativa dal principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, u.c. Cost., affermano, invero, un paradigma di azione della pubblica amministrazione, caratterizzato da una propria autonomia e orientato al coinvolgimento delle organizzazioni non lucrative della società civile in progetti, interventi e attività prive di una dinamica mercantilistica e, quindi, di natura sinallagmatica.

In questo senso, le attività e i progetti contemplati nel budget di progetto sono finalizzati ad individuare percorsi e procedure che siano in grado di assicurare al contempo i livelli essenziali delle prestazioni socio-sanitarie, escludendo motivazioni egoistiche e lucrative e gli interessi degli operatori economici a fornire ed erogare i servizi e le prestazioni necessari al conseguimento degli obiettivi di integrazione socio-sanitaria.

In quest’ottica, la co-progettazione può considerarsi naturaliter come procedura in grado di realizzare concretamente il dialogo e il confronto collaborativo tra pubbliche amministrazioni ed enti del terzo settore. Obiettivo della co-progettazione é la definizione e l’eventuale realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti, così come individuati nel “budget di progetto”.

Le procedure di matrice cooperativa richiamate nell’art. 28, comma 3 sono per se finalizzate a promuovere una presa in carico delle persone con disabilità, prevenendo forme di istituzionalizzazione, anche attraverso soluzioni alloggiative e dotazioni strumentali innovative che permettano di conseguire e mantenere la massima autonomia, con la garanzia di servizi accessori, in particolare legati alla domiciliarità, che assicurino la continuità dell’assistenza, secondo un modello di presa in carico socio-sanitaria coordinato con il parallelo progetto di rafforzamento dell’assistenza sanitaria e della rete sanitaria territoriale (cfr. componenti 5 e 6 del PNRR). Si tratta di obiettivi stabiliti all’art. 2, punto (12) della legge delega n. 227/2021 e che non trovano esplicita “cittadinanza” nel testo approvato in Conferenza Unificata. Infatti, in questo senso, la previsione contenuta nell’art. 28, comma 9, secondo la quale il “budget di progetto è impiegato senza le limitazioni imposte dall’offerta dei singoli servizi”, andrebbe maggiormente specificato e reso funzionale a quanto sopra richiamato.

In ultima analisi, il d. lgs. n. 62/2024:

  1. cristallizza taluni aspetti giuridico-organizzativi già presenti in altri provvedimenti (si pensi per tutti alla quelli della legge n. 104/1992) o, comunque, acquisiti nel contesto regolatorio riguardante le persone con disabilità;
  2. riconosce la legittimità e l’impiegabilità dei percorsi collaborativi previsti dal Codice del Terzo settore per realizzare alcuni degli interventi ritenuti fondamentali per assicurare una effettiva fruizione dei diritti fondamentali delle persone con disabilità;
  3. lascia non pochi spazi “interpretativi” e “adattativi” alle Regioni e agli ambiti territoriali, che, in un contesto ordinamental-istituzionale caratterizzato dalle competenze regionali esclusive in materia sociale e concorrenti in materia di sanità, dovrebbero lavorare affinché criteri, interventi, interpretazioni e applicazioni risultino maggiormente uniformi e garantite a livello nazionale.

Chi scrive è fermamente convinto che i soggetti non lucrativi e le procedure amministrative impiegate, unitamente ad un rinnovato protagonismo degli enti pubblici (comuni e aziende sanitarie, in primis) possano invero contribuire a realizzare quello che Franco Basaglia una volta disse: “Noi diciamo di affrontare la vita, perché la vita contiene salute e malattia, e affrontando la vita noi pensiamo di fare la prevenzione. Pensiamo di fare il nostro mestiere: di infermieri, di sanitari, di medici.” (cui aggiungo di funzionari/dirigenti pubblici ed operatori del diritto).




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