So che c’è un tempo per andare via ed è quando, ad un passo l’uno dall’altro, non si comunica più. Allora, tiro fuori dall’armadio la valigia.
Ed ecco piombare giù dagli scaffali superiori i “dimenticati”. Sono in genere materiali magari preziosi ingiustamente trasformati dal trascorrere del tempo e dall’indifferenza, in “fondi di magazzino”. Scampoli di tessuto, trame diverse, questi sono i miei fondi di magazzino, metafora che sta ad indicare scritti. Di anni.Scritti in materia di deontologia, relazioni interpersonali fra operatori del diritto. Ed uno stesso filo sottile, sottile, li percorre tutti.Hanno questi titoli “At home: ad un passo gli uni dalle altre”- “Persona e danno: ne quid nimis”
– “La politica della comunicazione: lode del disaccordo ragionevole” - “La scelta del nostro “osservatorio” è una responsabilità"- “Il contenimento della sofferenza organizzativa" - “Il tavolo di famiglia”
Li potete leggere tutti qui al sito in Persona, diritti personalità
“At home: ad un passo gli uni dalle altre”-“25 novembre 2006
“Persona e danno: ne quid nimis” 13 novembre 2006
“La politica della comunicazione: lode del disaccordo ragionevole” 25 gennaio 2007 -“La scelta del nostro “osservatorio” è una responsabilità" 13 giugno 2007 "- “Il contenimento della sofferenza organizzativa" 27 luglio 2007 – “Il tavolo di famiglia” 29 marzo 2009
Sono largamente condivisibili. Possono dar luogo a sereni e proficui scambi di opinioni . Nel rispetto pieno delle diversità, della strada aperta con fatica da ciascuno di noi, in autonomia, i nostri percorsi talora finiscono per confluire in una visione assai simile del lavoro di avvocato. Mi ha fatto piacere, ad esempio, che sia stato apprezzato da tanti colleghi un saggetto in materia di relazioni professionali.
Iniziava con:
<<Dov'é che si sta meglio che in famiglia? La risposta la conosciamo. Che succede questa volta at home? Succede che ci siamo finalmente. Si comincia a percepire il formarsi di quell’epidermide sociale che dovrebbe esser capace di contenere i vissuti. Ma si procede in ordine sparso. Tante le domande non sciolte. Tante le perplessità. Non dette. E il conosciuto "non pensato". Tutto da svelare. (...) In verità, si erano avanzate ab initio proposte operative a proposito dell’utilizzazione di contributi del gruppo ai fini non della comprensione del mondo interno dei suoi membri, ma della realtà sociale e personale in cui vivono. Questo sin dal primo costituirsi dell'associazione e quindi del lavoro per il sito personaedanno. Che fine ha fatto questo progetto? Non si sa. Nei fatti risulta ignorata, lasciata in un cantuccio, rimossa infine, ogni proposta di attività di collaborazione e, Dio ne scampi, consulenza.Per cosa? Per aiutare l’organizzazione a farsi “una pelle>>.
Perché no? Lo chiedevo allora, lo domando ancora, in questi giorni.
Chi scrive, dopo una lunga quanto inutile trattativa in questa direzione, in uno dei primi pezzi pubblicati ha offerto materiali per attingere, comunque, ad uno strato non sedimentato, magmatico.
Che esiste eccome e come ogni magma che si rispetti ribolle e prima o poi straripa. Questo obiettivo necessario era simbolicamente riassunto nella citazione: ”Cuncè, che brutto suonno che mi sò fatto stanotte, mi sono sognato che lavoravo” (in questo sito nel lemma: Persone, diritti personalita' / generalita')
Questo articolo come pure un mio altro sempre in materia di relazioni lavorative, di deontologia, mi ha fatto riavvicinare a colleghi che stimo.
Soprattutto "LA POLITICA DELLA COMUNICAZIONE: LODE DEL DISACCORDO RAGIONEVOLE" -
Devoto ha scritto, tanto tempo fa, in una lettera privata” la vita, in fondo che altro è se non una serie di incontri?”
Questo comporta la necessità da parte di chi usa gli strumenti di comunicazione ”di far incontrare, di trasformare in patrimonio comune quello che è stato insegnato a ciascuno e ciò di cui abbiamo fatto esperienza, con l’obiettivo di costruire, tutti insieme, un paese in cui la legge sia uguale per tutti” (così P. Bellucci).
La comunicazione virtuale che sia dichiaratamente finalizzata ad una cittadinanza partecipativa, per il fatto di coinvolgere un numero indefinito di interlocutori, raddoppia la necessità di chiarezza. Altrimenti come mai si potrà essere maestri e scolari gli uni degli altri?
La mia scrittura, qui, si è collocata nella pagina Cultura Intersezioni. Scelta che ha avuto un obiettivo spiegato chiaramente. Raggiungere in maniera diretta, idonea ed opportuna per il linguaggio ma anche per la collocazione, le persone titolari di diritti, i potenziali utenti della giustizia.
Per taluni operatori del diritto sarà stato come leggere Topolino ? Pazienza.
So bene che in tempi formativi ( quanti maestri, avremo/abbiamo) è un rischio è grosso. Pazienza, ancora. La scelta del “nostro osservatorio è una responsabilità”. E’ questo che conta .(g.t.)