ESTATE 1986 – NASCE L’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO
Fu tra il luglio e l’agosto del 1986, servendomi di un aggeggio come quelli in uso allora (un misto fra una macchina da scrivere elettronica e un computer di prima generazione), che mi cimentai nella stesura del progetto. Un istituto per il codice civile, di tipo nuovo, l’amministrazione di sostegno: qualcuno chiamato dal giudice - un familiare, un esperto, un volontario - ad assistere in via più o meno stabile, a livello economico e spirituale, persone non in grado di gestire accortamente la propria vita, sotto il profilo del diritto.
Varie durante gli anni precedenti, con gli psichiatri dell’ex manicomio, le occasioni di incontro; erano state gettate le basi per un dialogo, a più livelli. Poteva un neo-supporto civilistico agevolare il lavoro di cura, quali pazienti ne avevano bisogno, chi più degli altri? L’incapacità legale era una categoria che manteneva senso, al presente, come orientare i passi per la scelta del protettore/curatore, volta per volta, in Tribunale?
Che peso riconoscere alle istanze proprie dell’interessato, alle sue inclinazioni, quali espressioni utilizzare in prospettiva? Che tipo di verbi, sostantivi, aggettivi?
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La stesura del testo avrebbe fatto seguito a un convegno, “Un altro diritto per il malato di mente”, svoltosi fra il 12 e il 14 giugno 1986 alla Stazione Marittima di Trieste: tre giorni di dibattito, sessioni anche dopocena, un migliaio di partecipanti.
Un paio di settimane dopo avrei iniziato in Ateneo, con l’aiuto di amici e assistenti, il lavoro “tecnico” sulla bozza di legge. Una cinquantina di articoli, più la relazione di accompagnamento.
A spingermi era anche la gratitudine verso quei colleghi, insigni maestri del diritto privato: avevano accettato di venire a Trieste, da tutt’Italia, in nome della scienza, per misurarsi con argomenti strani, un po’ “sporchi” antropologicamente; inediti per gran parte di loro. Comunicazioni acute dalla tribuna poi, talune classiche, qualcuna più incisiva, aperta al nuovo: non poteva non lasciare delle tracce tutto ciò, anche all’esterno, non generare un frutto legislativo, buono per tante “creature svantaggiate”.
Spettava a me provvedere.