Danni  -  Redazione P&D  -  08/09/2021

Ecco cos'è il danno esistenziale - P.C.

Ana è nata cinque ore prima di Maria ma entrambe pesano così poco (2.2 kg Ana e 2.3kg Maria) che i responsabili della maternità dell’ospedale decidono di trasferirle direttamente dalla sala parto dell’Unità neonatale alla sala incubatrice. Consegnando Ana ai genitori di Maria e viceversa.

 

Un errore umano che ha causato a Maria una vita difficile a causa della disabilità e dell’incapacità dei suoi «genitori formali» a sostenerla, tanto da affidarla alla fine alla «presunta nonna materna».

 

Nel 2017 Maria ha 15 anni e il suo tutore, «la presunta nonna», chiede al suo «presunto padre» di pagare gli alimenti ma lui si rifiuta sostenendo che non fosse sua figlia. Una scusa, pensa il magistrato Tribunale di Logroño, che ordina quindi al genitore di sottoporsi al test del Dna, scoprendo così la verità: l’uomo non era il padre biologico.

È a quel punto che Maria scopre che anche la madre non era biologicamente tale. E nemmeno la nonna materna – con la quale la giovane, oggi 19enne, continua a vivere – oltreché i relativi parenti.

 

Per questo motivo, dopo aver richiesto e ottenuto il beneficio della maggiore età al Tribunale della Famiglia di Logroño, Maria si è rivolta al Ministero della Salute, ultimo responsabile di quanto accaduto nella struttura ospedaliera, esigendo «l'accertamento e la determinazione della sua inequivocabile identificazione secondo il principio di veridicità biologica».

 

Il Ministero, pur dichiarandosi «incapace, tecnicamente e legalmente» di fornire risposte a queste domande, ha aperto un'indagine con la quale Maria ha potuto ricostruire quanto accaduto dal momento della nascita all’affidamento nelle braccia della madre sbagliata. Prima di scoprire, tra l’altro, che il suo presunto genitore biologico è morto nel 2018. 

 

Il giallo si è risolto grazie all’avvocato José Sáez-Morga con la collaborazione dell’Ispettorato sanitario di La Rioja, che ha studiato le nascite registrate nell’ospedale di San Millán durante il 2002, escludendo i bimbi che non sono passati attraverso la stanza dell'incubatrice; ha lasciato fuori i maschi e dopo aver analizzato date, dati medici e altri elementi, si è ritrovata sul tavolo, accanto a quella di Maria, l'anamnesi di Ana.

 

È così che la ragazza ha iniziato la sua battaglia legale chiedendo 3 milioni di euro al ministero della Salute per la vita piena di difficoltà che ha vissuto, ma che non avrebbe dovuto essere la sua. Una negligenza per cui il ministero si è offerto di pagare 215 mila euro, almeno fino a quando il test del Dna non confermerà la relazione biologica con tra Ana e il suo presunto papà. Un’analisi inviata all'Istituto Nazionale di Tossicologia nel gennaio 2021 che non ha ancora raggiunto il Palazzo di Giustizia di La Rioja, anche se l’avvocato di Maria non ha dubbi sull’esito.

 




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