Assicurazioni  -  Francesca Maria Zanasi  -  22/02/2022

Diritto alla privacy e di difesa in ambito successorio: polizza vita

In tema di diritto delle successioni è assai frequente la problematica per cui l’erede abbia la necessità di venire a conoscenza di tutte le attività realizzate in vita dal de cuius, in modo da proteggere e soddisfare i propri diritti. Infatti, qualora dovesse risultare che la sua quota di legittima possa essere lesa da una serie di attività sospette adoperate dal defunto, questo potrebbe certamente agire in riduzione.

Ebbene, in questo contesto, oggetto di più approfondita riflessione è il caso in cui il de cuius, durante la sua vita, abbia stipulato una polizza vita in favore di un beneficiario terzo. Si ricorda, infatti, che è ormai pacifico distinguere tra le provviste (i c.d. “premi” versati all’assicurazione), le quali, ai sensi dell’articolo 714 c.c., devono essere conteggiate nella massa ereditaria, e quindi sono soggette a collazione in quanto definite come donazioni indirette, e le somme corrisposte a seguito del decesso dell’assicurato che invece non rientrano nell’asse ereditario.

E qui arriva il problema: nel caso in cui il de cuius abbia stipulato una polizza vita a beneficio di terzi, l’erede danneggiato da questa operazione che voglia agire in riduzione dovrebbe prima venire a conoscenza di tutti i dati relativi alle provviste pagate per il contratto di polizza e all’identità del terzo beneficiario della stessa.

Ma come possono essere conciliati due diritti fondamentali quali quello del diritto alla privacy del terzo beneficiario e il diritto alla difesa dell’erede legittimo? Banche ed assicurazioni sono certamente obbligate a mantenere il segreto sul beneficiario della polizza vita, negando qualunque accesso alla documentazione di riferimento proprio in tutela dei dati personali. Per cercare di addivenire a un ragionato e opportuno bilanciamento, la recente giurisprudenza di merito ha tentato di superare il primo ed unico orientamento della Corte di Cassazione sul punto ed elaborare un criterio dirimente per risolvere siffatte casistiche.

Procediamo con ordine.

La prima soluzione offerta dagli Ermellini

Sul punto, la Corte di Cassazione si era espressa nel 2015 (sentenza dell’8/9/2015, n. 17790), affermando che l’erede non può pretendere di conoscere l’identità del beneficiario dell’assicurazione sulla vita stipulata in vita dal de cuius, e ciò neppure se la successione e la delazione sono rette da testamento. A tal proposito, infatti, «in tema di trattamento dei dati personali, tra i dati concernenti persone decedute, ai quali hanno diritto di accesso gli eredi, a norma dell’art. 9, terzo comma, d.lgs. n. 196/2003, non rientrano quelli identificativi di terze persone, quali sono i beneficiari della polizza sulla vita stipulata dal de cuius, ma soltanto quelli riconducibili alla sfera personale di quest’ultimo». Tale pronuncia delinea grandi limiti nei confronti degli eredi, i quali avrebbero la possibilità di accedere ai dati del de cuius, ma ad esclusione dei soggetti terzi collegabili allo stesso. Il che, dunque, renderebbe pressoché impossibile risalire alle provviste da assoggettare a collazione.

Le nuove proposte dei giudici di merito

A fronte della poco pragmatica decisione dei giudici di Piazza Cavour, la giurisprudenza di merito si è fatta promotore di una nuova soluzione.

Per primo il Tribunale di Treviso (sentenza del 27/2/2019) ha affermato che l’erede pretermesso che voglia conoscere il nome del beneficiario della polizza assicurativa sarebbe tutelato dall’articolo 6, par. 1, lett. f) del Regolamento UE 679/2016, che ammette una deroga al regime della riservatezza dei dati personali ex art. 9, par. 2, lett. f), in caso di necessità di accertamento, esercizio o difesa di un diritto in  sede giudiziaria o ogni qualvolta le autorità giurisdizionali esercitino le loro funzioni. Successivamente, il giudice ha anche fatto riferimento all’art. 2 terdecies del D. lgs. 10/8/2018 n. 101, in materia di trattamento dei dati di persone decedute, secondo il quale chiunque sia interessato o agisca in tutela dell’interessato detiene l’esercizio di ogni diritto, se non in caso di divieto espresso dell’interessato; tuttavia, al comma 5°si prevede che: “in ogni caso, il divieto non può produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio da parte dei terzi dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell’interessato nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi”.

Più recente è la sentenza del 3/11/2020 del Tribunale di Marsala, che mette allo specchio gli articoli 119 co. 4 TUB: “Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni.” e 1888 c.c.: “L’assicuratore è obbligato a rilasciare al contraente la polizza di assicurazione o altro documento da lui sottoscritto. L’assicuratore è anche tenuto a rilasciare, a richiesta e a spese del contraente, duplicati o copie della polizza; ma in tal caso può esigere la presentazione o la restituzione dell’originale”, formulando di fatto una lettura che consente all’erede pretermesso di ottenere tutte le informazioni necessarie alla soddisfazione del proprio diritto. Infatti, il giudice, dopo aver ricordato che le provviste versate dall’assicurato per la polizza vita devono essere conteggiate nella massa ereditaria, ammette che per queste ragioni l’erede pretermesso possa conoscere il contenuto del contratto di assicurazione stipulato dal de cuius nella sua interezza, comprensivo anche del nome del beneficiario in virtù dell’articolo 24 lett. f) del D. lgs. n. 196/2003, disciplinante i casi in cui il trattamento dei dati personali può essere effettuato senza consenso: ecco quindi evidente l’indicatore di preferenza a vantaggio del diritto di difesa giudiziale, quando sia “necessario per accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria o ogniqualvolta le autorità giurisdizionali esercitino le loro funzioni giurisdizionali” (sul punto, si veda anche Tribunale di Firenze, sent. n. 4174 del 26/11/2015). Questo troverebbe conferma anche negli artt. 6 par. 1 lett. F, 9 lett. f), 15 e 21 Regolamento UE 679/2016, dai quali emerge la liceità della condotta quando è necessaria per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi, anche in assenza di consenso del titolare dei dati stessi e con l’esclusione del diritto di opposizione dell’interessato. Da ultimo, l’art. 2 terdecies comma 5 del D. lgs. n. 101/2018, in riferimento ai diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento (ossia il diritto di  accesso,  rettifica  e  cancellazione)  riferiti  ai  dati  personali  concernenti  persone  decedute che possono  essere  esercitati  da  chi  ha  un  interesse  proprio  o  agisce  a  tutela  dell’interessato,  prevede che l’eventuale divieto manifestato dall’interessato “non può produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio da parte dei terzi dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell’interessato nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi” (v. anche Trib. Treviso, 27 febbraio 2020 e Trib. Pavia, 21 maggio 2020).

Il medesimo ragionamento può essere applicato anche in caso di movimenti bancari: il Tribunale di Padova (sentenza n. 2878/2016) ha attinto alle considerazioni precedenti anche quando l’erede chieda informazioni relative ai movimenti bancari del de cuius sulla base del sopracitato articolo 119 TUB.

I problemi evidenziati dalla dottrina

Sul punto, la dottrina non tarda ad avanzare le proprie critiche, sottolineando che verrebbe confuso l’ambito di operatività delle norme di cui all’articolo 6 (la c.d. “base giuridica del trattamento”) e l’articolo 15 (l’accesso ai dati da parte dell’interessato) del Regolamento UE 679/2016, poiché verrebbe richiamato impropriamente il legittimo interesse, visto che l’articolo 15, in realtà, permetterebbe all’interessato di accedere esclusivamente ai propri dati, e non anche ai dati di terzi trattati dal medesimo titolare. Inoltre, dobbiamo considerare che se il Regolamento Europeo ammettesse l’accesso ai dati anche dei terzi soggetti, la compagnia assicurativa dovrebbe ricevere le evidenze documentali della qualità di erede del richiedente per vagliare le ragioni giuridiche legittimanti tali richieste, costringendola ad adempiere a mansioni a questa assolutamente estranee.

Il quadro complesso e la necessità di un orientamento definitivo

Per concludere, sarebbe quindi auspicabile un nuovo intervento della Corte di Cassazione per fare chiarezza e coordinare dottrina e giurisprudenza sul punto. In mancanza di un orientamento consolidato nel frattempo, la discrezionalità dei Tribunali non potrà che andare avanti, con inevitabili ripercussioni sui diritti degli eredi e sulla riservatezza dei cittadini.


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