Tutta la normativa in materia era al tempo contenuta nei cinque articoli (artt. 449/453) del Capo III° del Titolo XIV° del Libro I° del Codice di commercio, promulgato con R.D. 31 ottobre 1882 n° 1062, entrato in vigore il 1° gennaio 1883 e rimasto tale sino all’entrata in vigore del R.D. 30 gennaio 1941 N° 17 e confermato con R.D. 16 marzo 1942 n° 262, che disponeva l’entrata in vigore dell’intero nuovo codice civile con efficacia dal 21 aprile 1942.
Salvo alcuni rinvii agli articoli relativi in generale ai contratti assicurativi, la normativa del vecchio codice di commercio riguardante i contratti di cui in epigrafe, era contenuta negli articoli dal 449 al 453 e proprio tale ultimo articolo coordinava il disposto di tale codice con la normativa in materia successoria contenuta nel libro II° del codice civile in precedenza promulgato con R.D. 25 giugno 1865 n° 2358 in vigore dal 1° gennaio 1866.-
L’art. 453 del codice di commercio testualmente disponeva:
“In caso di morte o di fallimento di cui colui che fece assicurare sulla propria vita o sulla vita di un terzo una somma da pagarsi ad altra persona, ancorché sua successibile, i vantaggi della assicurazione restano ad esclusivo beneficio della persona designata nel contratto; salve, rispetto ai fatti versamenti, le disposizioni del codice civile che riguardano la collazione e la riduzione nelle successioni (c. civ. 1001 s.) e la rivocazione degli atti in frode dei creditori (c. civ 1235)”.-
La disposizione in argomento è di una disarmante chiarezza: vale a dire che se il premio pagato dall’assicurato nel suo ammontare complessivo eccede l’importo di quanto costui poteva liberamente disporre in vita, ai suoi legittimari compete l’azione di riduzione ai fini di integrare la quota di riserva che sarebbe a loro spettata per successione e pertanto, verificandosi tale caso, il premio da pagarsi al beneficiario della assicurazione veniva proporzionalmente ridotto dell’importo a tal fine occorrente.-
Con il nuovo codice civile la disciplina in materia è stata più ampiamente regolata dagli articoli dal 1919 al 1927 della Sezione III° del Capo XX° del Titolo III° del Libro IV° del vigente Codice civile, promulgato con R.D. 30 gennaio 1941 n° 17 ed entrato in vigore, come detto, il 21 aprile dello stesso anno e gli unici riferimenti alle disposizioni di cui al Libro II° sono contenute negli artt. 1921 e 1923 in materia di revoca delle donazioni ed ovviamente di lesione delle quote di riserva spettanti agli eredi legittimari dell’assicurato, nel caso in cui il premio pagato ecceda il valore della quota disponibile del patrimonio dell’assicurato stesso, come già previsto dal vecchio codice di commercio.-
Ma con gli artt. 1920 e 1921 viene nel frattempo introdotta una singolare disciplina relativa al caso di polizza vita a favore di un terzo ed alla revocabilità di tale disposizione da parte dell’assicurato, fattispeci non considerate nella normativa precedente.-
Teniamo a questo punto presente che mentre il codice di commercio del 1882 si riferiva alla polizza oggi definita “per infortunio”, per cui ben difficilmente l’ammontare dei premi pagati dall’assicurato poteva determinare una lesione della quota di riserva destinata ai suoi eredi legittimari, successivamente le compagnie assicuratrici hanno escogitato un nuovo tipo di “polizza vita”, con la quale l’assicurato versa una determinata somma, normalmente di non indifferente ammontare, in base alla quale alla scadenza convenuta, di regola decennale, la Compagnia verserà all’assicurato, se ancora in vita, un premio pari alla somma inizialmente versata, ma maggiorata dell’utile previsto in polizza. Tenuto conto che in caso di morte dell’assicurato prima della scadenza del termine contrattuale la somma verrà pagata agli aventi diritto, vale a dire agli eredi legittimi o testamentari dell’assicurato, o al beneficiario della polizza da questi indicato, senza alcun onere fiscale, è ovvio che, in particolare nei casi in cui la riscossione del premio sia di competenza di lontani parenti dell’assicurato o di estranei, la convenienza di tale contratto risulti assolutamente non trascurabile, anche se prima, a seguito della soppressione della imposta di successione, tale convenienza risultava azzerata e successivamente, dopo la reintroduzione dell’imposta, in misura però assolutamente sostenibile stante il modesto onere che ne consegue, tale vantaggio sia ritornato in misura decisamente ridotta.-
E qui sorgono tutte le perplessità che esporremo in ordine a tale normativa, in quanto a nostro parere in indiscutibile conflitto con le disposizioni del Libro II° del codice civile in materia successoria ed in particolare alle disposizioni in materia testamentaria ed al formalismo in tale campo previsto.-
E’ indiscutibile che il contratto di assicurazione di cui parliamo è un “contratto fra vivi”, ossia un “negozio bilaterale ricettizio tra vivi” con il quale la compagnia assicuratrice si obbliga a pagare alla scadenza pattuita all’assicurato stesso se in vita, o ai suoi eredi legittimi o testamentari o anche ad altra persona da questi indicata, in caso di sua morte prima della scadenza del contratto stesso.-
In tale caso, nell’ipotesi di successione devoluta per legge al pagamento della somma dovuta avranno diritto gli eredi legittimi dell’assicurato a norma delle disposizioni di cui agli articoli 565 e seguenti del libro II° del codice civile, per cui “nulla questio” al riguardo.-
In caso di successione testamentaria varrà la volontà espressa dal testatore, fatte salve, come detto, in ogni caso le disposizioni dell’art. 1925 del codice civile a tutela dei diritti dei legittimari, qualora il premio pagato alla Compagnia ecceda il valore della quota disponibile dell’eredità dismessa dal defunto. E sin qui non sorgono particolari problemi in relazione alla normativa oggi vigente, che in pratica ricalca con maggiori dettagli quella precedente.-
I guai a nostro parere sorgono con l’introduzione dell’istituto della irrevocabilità della designazione del beneficiario da parte dell’assicurato. Infatti riteniamo che in tale atto si debba ravvisare in ogni caso una disposizione testamentaria e pertanto che si tratti di un negozio giuridico unilaterale non ricettizio mortis causa, vale a dire di un’espressione di volontà destinata ad avere effetto solo dopo la morte del disponente senza necessità che la stessa sia preventivamente recepita ed accettata da alcun destinatario, per cui a tale atto tornano senza possibilità di deroga applicabili tutte le norme regolanti sia sotto l’aspetto formale sia sotto quello sostanziale l’espressione di una volontà del disponente, che avrà efficacia solo dopo il suo decesso.-
L’art. 1920 del vigente codice civile invece si limita a dire che la designazione del terzo beneficiario può essere fatta contestualmente “nel contratto di assicurazione o con successiva dichiarazione scritta comunicata all’assicuratore, o per testamento”. In tale secondo caso “nulla questio”, in quanto valgono sia le norme riguardanti la forma in cui tale volontà viene espressa, sia il principio della sua revocabilità ad libitum del disponente sino al momento del suo decesso, trattandosi di un negozio unilaterale non ricettizio del cui contenuto si verrà a conoscenza solo dopo il decesso del disponente.-
Nell’ipotesi di dichiarazione del beneficiario, sia al momento della stipulazione del contratto sia successivamente comunicata all’assicuratore, si tratta invece di un negozio giuridico bilaterale ricettizio, quale è il contratto di assicurazione, ma nella sostanza si tratta di una vera e propria disposizione testamentaria destinata ad avere efficacia successivamente alla morte del testatore, per cui è indiscutibile che già in tale ipotesi per la validità di tale atto prevalgono le norme previste in materia testamentaria sulle norme contrattuali, mentre allo stato in primo luogo si rileva che la dichiarazione di designazione del beneficiario contenuta nel contratto esclude di per sé l’autografia dello scritto, requisito essenziale per la validità del testamento olografo, mentre quella fatta successivamente potrà essere resa non solo con una disposizione testamentaria, ma anche con un semplice modulo stampato o scritto con mezzi meccanici sia pure firmato dal disponente, che però non dà garanzia alcuna del fatto che il firmatario sia consapevole di ciò che ha firmato.-
E’ innegabile che tale designazione debba in ogni caso considerarsi un negozio unilaterale “mortis causa” non ricettizio, in quanto destinato ad avere efficacia solo dopo il decesso del suo autore e pertanto ne consegue che non potrà riconoscersi efficacia ad una disposizione che non osservi, per quanto riguarda la sua forma, le norme in materia testamentaria, inderogabili al riguardo.-
Non si può dimenticare da una parte che l’art. 587 prevede che le disposizioni testamentarie, salvo alcuni specifici casi, sono in ogni tempo revocabili a seguito di conforme disposizione del loro autore e dall’altra l’art. 680 che prescrive tassativamente la forma da osservarsi affinchè la revoca sia valida ed efficace, per cui da una parte la modifica del nominativo del beneficiario della polizza dovrà in ogni caso avvenire osservando le forme sopra indicate e pertanto la “successiva dichiarazione scritta comunicata all’assicuratore” dovrà necessariamente in ogni caso uniformarsi alle prescrizioni dell’articolo sopra richiamato. Fatti questi che nella prassi delle compagnie assicuratrici non consta essere assolutamente osservata.-
Superati i problemi inerenti alla forma che deve avere la designazione del beneficiario da parte dell’assicurato, per cui ogni altro tipo di designazione deve considerarsi assolutamente NULLA per difetto di forma, il secondo comma dell’art. 1921 del codice civile va oltre, prevedendo l’irrevocabilità della dichiarazione di rinunzia a modificare la designazione del beneficiario fatta dall’assicurato “dopo che il beneficiario ha dichiarato al contraente”, vale a dire all’assicurato, “di voler profittare del beneficio”.-
Tale disposizione che tende a trasformare un negozio giuridico unilaterale non ricettizio mortis causa in un negozio bilaterale ricettizio è pertanto in contrasto al principio generale della revocabilità ad libitum da parte del disponente delle disposizioni mortis causa previsto dalla norma sopra richiamata e con l’articolo 458 del codice civile che vieta tassativamente il divieto di patti attinenti ad una successione non ancora aperta.-
L’esistenza di siffatta contraddizione tra le norme in materia contenute negli articoli 1920 e 1921 e quelle previste dagli articoli 458, 679 e 680 del codice civile è sicuramente dovuta al fatto che si tratta di norme formulate in tempi diversi da giuristi diversi, gli uni esperti nel campo successorio ed i secondi nel campo contrattuale, per cui i secondi hanno ignorato le norme precedentemente formulate dai primi, promulgate tredici mesi prima. E forse, mi sia permesso di dirlo, perché ai tempi della formulazione delle norme contenute nel quarto libro del codice civile non erano ancora note o erano noti solo a pochi studiosi i principi in ordine alla individuazione dei campi di efficacia dei negozi giuridici in genere e la loro rigorosa qualificazione in negozi ricettizi e non ricettizi, unilaterali e bi o plurilaterali, tra vivi e mortis causa, magistralmente espressi nel trattato di “Istituzioni di diritto privato” curato da Mario Allara ed adottato come libro di testo presso l’Università degli Studi di Torino.-
Indiscutibile conseguenza è che l’irrevocabilità della designazione del beneficiario, una volta che questi l’abbia accettata, è contraria ad una norma di ordine pubblico e pertanto nulla ad ogni effetto in quanto contraria ai principi fondamentali di diritto vigenti, per cui in caso di morte dell’assicurato il premio convenuto sarà unicamente di spettanza degli eredi legittimi o testamentari di costui.-
Ad evitare ogni possibile e prevedibile contestazione in materia, in conclusione da una parte emerge l’assoluta necessità che il legislatore intervenga con urgenza con una fondamentale revisione delle norme in materia contenute nel libro IV° del codice civile, coordinandole ed uniformandole a quelle temporaneamente precedenti del libro II°, in quanto appare evidente che l’applicazione di norme a carattere contrattuale a rapporti di ordine successorio comporta di per sé un grave vulnus alla “certezza del diritto” -
Nella specie le modifiche inevitabili da adottarsi possono, stante l’insuperabile divieto di patti successori previsti dall’articolo 458 del codice civile, possono riassumersi nei seguenti punti fondamentali:
1°) – La designazione del beneficiario delle polizze vita è in ogni momento revocabile da parte dell’assicurato;
2°) – Tale designazione, così come la sua revoca, deve in ogni caso avere i requisiti formali previsti per la validità dei testamenti;
3°) – In caso di designazione resa nella forma olografa sopra prevista, questa può essere depositata presso l’assicuratore, che potrà darvi esecuzione, solo dopo averne accertata la sua efficacia mediante atto di notorietà reso a norma delle disposizioni di cui al D. Lt. 26 luglio 1917 n° 1239, così come modificato dall’art. 30 della L. 7 agosto 1990 n° 241, esibito dagli interessati ed attestante tutte le modalità di devoluzione dell’asse ereditario dell’assicurato defunto, rese da due testimoni, previo formale giuramento da prestarsi al Pubblico Ufficiale che riceverà tale dichiarazione.