Nella mia decisione di adottare due maiale, la questione delle parole è stata cruciale. Nella nostra società infatti il modo in cui ci rivolgiamo ai maiali e soprattutto alle maiale è lo stesso con cui ci si rivolge alle donne per evidenziare elementi per lo più negativi nella sfera sessuale. Credo che questa mia poesia dica piuttosto bene cosa intendo per uso del linguaggio allo scopo di reificare, cioè togliere anima, e così sfruttare animali, maiali in questo caso, e donne, cioè le femm9ne dell’animale homo sapiens.
Io sono una porca
Io sono un porca
In me vive la scrofa, che fui
la maiala e la troia
sono rosea, fiduciosa. Sono un salame,
lombata, pancetta, guanciale, lardo
Io sono sono una porca
scarnificata, segregata, disperata. Una troia.
Mi piace ascoltare la pioggia,
stare al sole, cantare alla luna.
Sono una porca da penetrare e uccidere.
Una maiala sporca dentro e fuori.
Io sono una bestemmia, una troia
da ingrassare, ingabbiare, ingravidare.
Sono la maiala che brama il tuo coltello,
la tua bocca, la tua allegra grigliata.
Sono una madre braciola, salsiccia,
sono la porca salamella,
ti eccita il mio sfrigolare?
Sono la porca.
Ho occhi che osservano, ridono, piangono
e cercano i tuoi. Guardami.
Lo sguardo del maiale è miope e devastante perché dietro c’è una storia troppo lunga di troppo dolore e troppa violenza. Io quello sguardo lo vedo, io quello sguardo lo guardo.
Mi ci specchio. Ma di questo e della mostra SPECULARE scriverò la settimana prossima.
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