Il gran giorno era arrivato insieme alle maialine. Al trasporto aveva pensato l’associazione che mi avrebbe dato in custodia le due scrofe, la volontaria era riuscita a trovare donazioni che avevano coperto le spese di viaggio. Il mondo delle volontarie e dei volontari animalisti è esteso e molto generoso.
Arrivò il camion si aprì il portellone e due esseri piuttosto grossi uscirono e d’impeto, guidati da chissà che, entrarono nel loro recinto. Senza che noi le indirizzassimo, non so bene come sia successo.
Erano lì una più grande l’altra un po’ più minuta, due scrofe con la pancia a terra, la coda scodinzolane, due grandi orecchie e soprattutto il naso. Il poderoso naso dei maiali strumento di conoscenza e di orientamento giacché i maiali vedono pochissimo e hanno occhi piccoli infossasti nel volto. I nasi all’aria dei maiali avrei imparato a conoscerli.
Prima di procedere vorrei solo dire: mettiamoci nei panni di queste due scrofe o delle vacche o dei polli o capre, pecore, asini, cavalli… trasportate come pacchi, anche nelle migliori intenzioni il trauma di lasciare un posto conosciuto per chissà dove. Il trauma che si ripete spesso, più volte e il ricordo nel DNA di viaggi verso la morte, certo non verso un rifugio.
E dunque mettiamoci nei panni di queste due scrofe che vengono da un posto, poi finiscono in un altro (Isola d’Elba), poi vengono sequestrate, finiscono in Piemonte e infine altro viaggio e arrivano da me.
Il camion e non sapere che sarà di me.
Riadattarsi, annusare, capire, sentire, fidarsi, non fidarsi, pericolo, salvezza. Ci daranno da mangiare?
Affidarsi ecco a loro come ai bambini e poi ai vecchi capita di doversi affidare. Una cosa difficile, piena di incognite a cui dovremmo pensare.
Mettersi nei panni del loro viaggio, aprire gli occhi e vedere me e il mio compagno.