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- Due i livelli-chiave che spiccano antropologicamente, quasi in modo “kantiano”, ai fini del danno non patrimoniale: il “fuori” e il “dentro” della vittima.
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- Danno biologico non è la lesione fisica-psichica in sé, non corrisponde al vetrino istologico o alla lastra, non equivale alla cartella medica o alla diagnosi: s’identifica nelle “conseguenze esteriori-peggiorative” che germineranno lungo i giochi del feedback, rispetto alla colloquialità metropolitana, nella rosa epifanica e routinaria della persona.
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- Al mondo non siamo tutti uguali, i contraccolpi variano, in funzione dei casi e a seconda del ‘’plaintiff’’: talora un terremoto può lasciare pressoché intonsa una certa vittima e, presso un’altra, distruggere invece virgulti insoliti, speciali.
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- Danno morale e danno biologico, benché correlazioni fra i due livelli possano non mancare (sempre di un essere umano si tratta), sono realtà differenti.
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- Danno esistenziale e danno morale, pur se di nuovo qualche interdipendenza può esservi, rimangono paradigmi distinti; gli esempi in cui il primo è alquanto esteso e il secondo alquanto contenuto, o viceversa, o in cui uno dei due viene a mancare del tutto, non si contano.
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- La motivazione del giudice in ordine alle conseguenze meno ordinarie e banali, per la vittima, è bene che risulti sempre “analitica e non stereotipata”.