Danni  -  Maria Rita Mottola  -  20/01/2022

Cure domiciliari e Covid. Tar e Consiglio di Stato in conflitto?

L’informazione fornisce notizie parziali e spesso non corrispondenti alla realtà dei fatti. In altre parole, non informa affatto.

Da molto tempo i cittadini, se pur non addentro alle oscure stanze della giustizia, si sono resi conto che debbono leggere con attenzione e con circospezione i “responsi” su giudizi, sentenze, verdetti.

E così abbiamo una stampa che esulta perché il Consiglio di Stato avrebbe “stoppato” il Tar Lazio. Ma è esattamente così?

Si tratta per essere precisi della sentenza 419/2022 Tar Lazio resa nel procedimento n. 06949/2021 RR.

Il succinto provvedimento termina un processo iniziato da medici che chiedevano l'annullamento della Circolare del Ministero della Salute recante “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2” aggiornata al 26 aprile 2021, nella parte in cui, nei primi giorni di malattia da Sars-Cov-2, prevede unicamente una “vigilante attesa” e somministrazione di fans e paracetamolo e nella parte in cui pone indicazioni di non utilizzo di tutti i farmaci generalmente utilizzati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da covid, accogliendo il ricorso e sancendo l’annullamento della ormai famigerata circolare.

Famigerata, perché in base alla stessa, medici che hanno cercato di adempiere agli obblighi morali e giuridici nascenti dalla professione in aderenza al giuramento prestato sono stati sospesi o stanno subendo il procedimento di sospensione dall’esercizio della professione medica.

La vicenda è ben nota: è stata data esplicita indicazione ai sanitari di “non curare” i pazienti ma di restare in vigile attesa (sull’attenti presso il capezzale del malato? Giammai perché in realtà i medici neppure entravano nelle case ad eseguire quella che un tempo veniva chiamata visita medica) per sette giorni.

Alcuni medici hanno disatteso tale circolare e hanno provveduto a curare, in scienza e coscienza, i propri pazienti sin dal primo giorno come è normale che sia e come la “scienza medica” ci ha propinato per molti anni con slogan di maniera: “la cura tempestiva salva la vita”. Sempre. Tranne in tempo di Covid sembrerebbe di capire.

Il Tar Lazio non fa altro che dare un responso di mera ragionevolezza sul presupposto, peraltro riportato dalla stessa resistente, che le linee guida dell’Aifa, fatte proprie dalla Circolare de quo, “costituiscono mere esimenti in caso di eventi sfavorevoli”.

In altre parole, la Circolare Ministeriale afferma: cari medici se vi attenete alle linee guida chiamati a giudizio non risponderete di eventuali danni o decessi, sarete esonerati da responsabilità.

È questo presupposto, secondo il collegio laziale,  ad essere errato. Mai un sanitario può agire senza valutare caso per caso le condizioni cliniche, l’anamnesi, le malattie croniche in atto, la costituzione fisica, la situazione psicologica ed emotiva, l’età e il sesso del paziente; mai può evitare di scegliere la cura per il caso specifico e seguirla nella sua somministrazione per verificarne l’effetto e le conseguenze.

Non si tratterebbe più di operare in scienza e coscienza ma di un operare meramente burocratico-amministrativo (del resto nel famoso piano economico nazionale di cui tanto si parla la modesta fetta di investimenti in tema di sanità è destinata  per lo più alla teleassistenza e alla informatizzazione del sistema sanitario non alla formazione della classe sanitaria, non all’acquisto di nuovi macchinari in sostituzione di quelli obsoleti, non nell’attivazione di ospedali e posti letto, non nell’ampliamento delle TL  come ci si sarebbe potuti aspettare da un Governo attento e desideroso di attuare quel diritto alla salute che è di tutti ed è, altresì, interesse collettivo).

Così si legge in sentenza: “è onere imprescindibile di ogni sanitario di agire secondo scienza e coscienza, assumendosi la responsabilità circa l’esito della terapia prescritta quale conseguenza della professionalità e del titolo specialistico acquisito”.

Di fatto le direttive Aifa e la Circolare ministeriale che le fa proprie svuotano di senso la professione medica “ impedendo l’utilizzo di terapie da questi ultimi eventualmente ritenute idonee ed efficaci al contrasto con la malattia COVID 19 come avviene per ogni attività terapeutica”.

Ma la stampa e i media esultano per la “sospensione operata dal Consiglio di Stato” e titolano “Covid-19, stop del Consiglio di Stato a sentenza Tar su cure domiciliari”.

Ma è proprio così?

In realtà non lo è affatto. Il Consiglio di Stato sospende l’efficacia della sentenza succitata emessa dal Tar Lazio ma sul presupposto che la Circolare Ministeriale impugnata non sia vincolante!

Così  il decreto pubblicato il 19 gennaio 2022 N. 00207/2022  nel procedimento  N. 411/2022 RR afferma: “non emerge alcun vincolo circa l’esercizio del diritto-dovere del MMG di scegliere in scienza e coscienza la terapia migliore, laddove i dati contenuti nella circolare sono semmai parametri di riferimento circa le esperienze in atto nei metodi terapeutici a livello anche internazionale” concludendo quindi che “la sospensione della circolare, lungi da far “riappropriare” i MMG della loro funzione e delle loro inattaccabili e inattaccate prerogative di scelta terapeutica (che l’atto non intacca) determinerebbe semmai il venir meno di un documento riassuntivo delle “migliori pratiche” che scienza ed esperienza, in costante evoluzione, hanno sinora individuato, e che i MMG ben potranno, nello spirito costruttivo della circolazione e diffusione delle informazioni scientifico-mediche, considerare come raccomandabili, salvo scelte che motivatamente, appunto in scienza e coscienza, vogliano effettuare, sotto la propria responsabilità (come è la regola), in casi in cui la raccomandazione non sia ritenuta la via ottimale per la cura del paziente”.

Ecco la quadratura del cerchio. A fronte di sempre maggiori eventi e danni riconducibili a cure sbagliate e accolte dal personale sanitario acriticamente il Consiglio di Stato riesce a non salvare i medici dalle loro evidenti e gravi responsabilità ma a “salvare” il Ministero della salute e con esso il Ministro.

I medici, infatti, risponderanno del loro operato se chiamati in giudizio perché, se l’indicazione del Consiglio di Stato venisse confermata in sentenza, la Circolare “suggeriva e raccomandava” non “ordinava” e potrà essere dimostrato che le conseguenze dannose sarebbero state evitate, come lo sono state nei casi in cui si sono prescritte cure appropriate e liberamente scelte da medici coscienziosi.

Allo stesso modo i medici sospesi o in odore di sospensione dovranno essere riabilitati perché non hanno disatteso “un ordine” che mai avrebbe potuto essere a loro impartito ma hanno svolto coscienziosamente e con professionalità l'obbligo di cura che a loro incombe.

Qualche intellettuale e qualche giurista deriso vi aveva avvisato amici medici è necessario ribellarsi quando vengono lesi i diritti di altri perché l’ignavia è un grave peccato che prima o poi trova punizione.


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