Giustizia civile  -  Gabriele Gentilini  -  08/03/2023

Cosa in sé pericolosa, consegnata ad altra persona che la utilizzi autonomamente in un'attività da cui derivi un danno a terzi, art. 2050 c.c.

Dispone l'art. 2050 del codice civile italiano che chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.

Rileva il contenuto della relazione al codice civile, la Relazione alla Maestà del Re Imperatore del Ministro Guardasigilli (GRANDI) presentata all'udienza del 16 marzo 1942-XX per l'approvazione del testo del "CODICE CIVILE" - in base alla quale "795 Ma la vera innovazione sta nel trattamento delle attività pericolose (art. 2050 del c.c.). Il principio consacrato nell'art. 120 del testo unico delle disposizioni per tutela delle strade e per la circolazione 8 dicembre 1933, n. 1740, riprodotto nell'art. 2054 del c.c. del quale si dirà tra poco (n. 796), è stato esteso a tutte le attività che possono creare pericolo per i terzi.

Sulla materia non si è creduto di adottare alcuna delle soluzioni estreme: né quella che ammetterebbe a tali attività una responsabilità oggettiva, né quella che vi ricollegherebbe l'ordinaria responsabilità per colpa.

Si è adottata invece una soluzione intermedia per la quale, sempre mantenendo la colpa a base della responsabilità, non solo si è posta a carico del danneggiante la prova liberatoria, ma si è ampliato il contenuto del dovere di diligenza, che è posto a suo carico. Nell'esercizio di un'attività pericolosa, la prevedibilità del danno è in re ipsa e il soggetto deve agire tenendo conto del pericolo per i terzi.

Gli obblighi inerenti alla normale diligenza sarebbero in tal caso insufficienti perché, dove la pericolosità è insita nell'azione, vi è il dovere dl operare tenendo conto del pericolo; il dovere di evitare il danno, come si e già rilevato (n. 571), diviene più rigoroso quando si opera con la netta previsione della sua possibilità. Il Soggetto dunque deve adottare, anche a prezzo di sacrifici, tutte le misure atte ad evitare il danno. Quali debbano essere tali misure, diranno le particolari norme, tecniche o legislative, inerenti alle singole attività, o le regole della comune esperienza; certo è che le lesioni evitabili debbono essere risarcite. Soltanto per le lesioni assolutamente inevitabili è esclusa la responsabilità, la quale peraltro non vi potrebbe essere, nella particolare ipotesi, se non adottando il principio della pura causalità: questo principio non si è accolto perché ritenuto ingiusto, antisociale e antieconomico, e tale da scoraggiare attività e iniziative feconde. ".

Il caso specifico tiene conto del caso contenuto nella Cassazione civile, ordinanza n. 26236 del 28 settembre 2021.

Vi si legge che:

                                          " 1.- xxxxxxxxxxxxxx hanno commissionato ad xxxxxxxxxxx la realizzazione di una caldaia a gas per la loro abitazione, che quest'ultimo ha realizzato con organizzazione dà mezzi propri, acquistando lui il pezzo e poi montandolo.
Il giorno successivo al collaudo, durante le prime ore del mattino, però, la caldaia è esplosa, facendo crollare l'intera palazzina e provocando la morte del xxxxxxxx.
I danneggiati hanno agito nei confronti del xxxxxxxxxxx e dell'xxxxxxxxxx cui attribuivano responsabilità per il fatto di avere fornito il gas impiegato nel collaudo: era infatti emerso che la caldaia non era stata collaudata con gas inerti non infiammabili, come previsto dalle norme in materia, ma vi era stato immesso gas non inerte.

2.- Il Tribunale ha ritenuto sia la responsabilità del xxxxxxxx, cui, per l'appunto è stato addebitato un comportamento colposo al momento del collaudo, sia la responsabilità dell'xxxxxx, tenuta, secondo il giudice di prime cure, a controllare l'uso del gas da parte del concessionario, responsabilità, questa ultima, discendente dalla previsione dell'articolo 2050 c.c.

Il Giudice di appello ha riformato questa decisione, quanto alla responsabilità dell'xxxxxxxxxxx, affermando, che, in linea di principio non può considerarsi responsabile il produttore quando abbia consegnato il gas ad un concedente, che poi lo vende o somministra al consumatore; 

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La tesi dei ricorrenti è che la Corte di Appello ha errato nel considerare la responsabilità dell'xxxxxxxxxx, meglio, nel ritenere l'xxxxxxxxxxx estraneo causalmente alla produzione del danno, e ciò anche ove fosse stato dimostrato che è stato quell'ente a vendere il gas, in quanto l'xxxxxxxxxx non era tenuto a controllare l'uso che del gas venduto, l'acquirente, che lo ha usato per collaudare la caldaia, andava facendo.
Peraltro, secondo la sentenza impugnata, nemmeno era emerso che a vendere sia stato l'zzzzzzzzzzzzzz e questa prova avrebbe dovuto essere fornita dal danneggiato, pur nella disciplina dell'articolo 2050 c.c. che presuppone pur sempre che il danneggiato dimostri il nesso di causalità ...

Secondo i ricorrenti, nella ratio dell'articolo 2050 c.c. v'è di rendere responsabile, ossia di considerare potenzialmente tale, ogni soggetto che intervenga nella distribuzione del gas, il quale dunque partecipa dell'attività pericolosa che ha causato il danno.

Il motivo è infondato.

A prescindere dai rilievi circa la prova che sia stato l'xxxxxxxx a vendere, oggetto del motivo successivo, il soggetto responsabile è colui che utilizza il gas nell'attività che ha causato il danno; la condotta del venditore del gas non è un antecedente del danno, posto che tra la vendita e l'utilizzo del gas interviene la condotta di un terzo, ossia il soggetto che usa il materiale per collaudare la caldaia, che è causa efficiente; se anche la questione, anziché dal punto di vista causale volesse essere considerata sotto l'aspetto delle regole cautelari da osservare, è da seguire l'orientamento di questa corte, risalente, ma convincente, secondo cui "dal momento in cui una cosa, in sé pericolosa, sia dal fabbricante consegnata ad altra persona (nella specie, all'impresa distributrice ed installatrice delle bombole di gas), questa assume un distinto potere di disposizione ed un autonomo dovere di sorveglianza; così che ogni svolgimento di attività da parte del produttore cessa e la presunzione di colpa non grava più su di lui, mentre, correlativamente, si trasferiscono, da quel momento, a carico del consegnatario gli oneri di custodia, di sorveglianza e di prudenza e, con essi, la presunzione di responsabilità di cui all'art. 2050 cod. civ. con la conseguenza che, in caso di sinistro, incombe a quest'ultimo l'Onere di dimostrare che l'evento dannoso si è verificato per caso fortuito ovvero per un vizio intrinseco della cosa, addebitabile unicamente al costruttore" (Cass. 182 del 1982), che non è smentita dalla successiva Cass. 6385 / 1988, la quale afferma la responsabilità del produttore per fatto del dipendente, e la esclude nel caso in cui il gas sia stato affidato a personale indipendente, che svolga attività autonoma a rischio proprio. ".




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