-  Magri Matteo  -  28/05/2015

AZIONE DEL SOCIO VERSO L'AMMINISTRATORE E DANNO DIRETTO - Trib. Piacenza, 25.5.2015 - Matteo MAGRI

Il socio di spa (e di srl) ha certamente il diritto ad agire per il risarcimento del danno patito a causa di atti (dolosi o colposi) posti in essere dagli amministratori.
Ma solo a certe condizioni.

È quanto stabilisce la recente sentenza del Tribunale di Piacenza, n. 414 del 25 maggio 2015 (Pres. Relatore dott.ssa Schiaffino), che interviene sulla questione dell"ammissibilità dell"azione promossa dal socio di società di capitali nei confronti degli amministratori.
In materia di spa, l"articolo di riferimento è il 2476 c.c., VI co., che prevede il diritto al risarcimento dei danni del singolo socio e del terzo danneggiati direttamente da atti dolosi o colposi degli amministratori.

Sulla base di tale disposizione, la pronuncia in commento esamina due questioni sostanziali:
- la natura extracontrattuale dell"azione ex art. 2476 c.c., VI co. (e le sue implicazioni dal punto di vista dell"onere della prova);
- i danni risarcibili ex art. 2476 c.c., VI co.

 

La natura extracontrattuale dell"azione ex art. 2476 c.c., VI co.

Tra gli amministratori della società e il singolo socio non sussiste alcun rapporto contrattuale: per tale motivo, l"azione ex art. 2476, VI co. c.c. (o ex art. 2395 c.c. per quanto riguarda le srl) rientra negli schemi della responsabilità extracontrattuale (o aquiliana).
In considerazione di tale natura dell"azione, il socio che intenda richiedere il risarcimento dei danni in questione ha l"onere di (allegare e di) provare non solo i) il danno concretamente patito, ma anche che vi sia stato i) un comportamento doloso o colposo degli amministratori e, anche, iii) un nesso causale tra condotta ed evento.

Proprio quest"ultimo aspetto, che analizzeremo meglio nel paragrafo successivo, è quello caratterizzante l"azione in esame: in buona sostanza, l'operabilità dell'art. 2395 c.c., non dipende dal fatto che il socio o il terzo abbiano subito un danno incidente sul loro patrimonio ma anche dal fatto che tale danno derivi, attraverso un nesso di causalità immediato, dal comportamento illecito degli amministratori.
Tale comportamento dovrà essere, inoltre, doloso o colposo, escludendosi dunque che possa esservi responsabilità oggettiva: non potrà esservi, dunque, responsabilità a causa della mera dannosità dell"atto compiuto dall"amministratore, senza l"osservanza dei doveri insorti con l"incarico gestionale (Cass. Civ., Sez. I, 2 aprile 2004, n. 6510).

Tornando alla questione dell"onere della prova, è del tutto evidente che solo assolvendo all"onere probatorio di cui si è detto, - particolarmente oneroso trattandosi di responsabilità extracontrattuale -, il socio può vedere accolta la sua richiesta di risarcimento.
Nel caso sottoposto all"esame del tribunale piacentino, invece, il socio si è limitato ad affermare di aver subito un danno consistente in sanzioni amministrative derivanti da irregolarità fiscali che sarebbero state compiute dall"amministratore, senza null"altro aggiungere.
Proprio tali carenze dal punto di vista probatorio hanno portato al rigetto della domanda.

 

I danni risarcibili ex art. 2476 c.c., VI co.

La sentenza in commento esamina un"altra questione fondamentale in materia di responsabilità dell"amministratore, cui si è fatto cenno in precedenza, ossia il fatto che l'azione individuale di responsabilità presuppone che il danno di cui si chiede il ristoro abbia investito direttamente il patrimonio del socio (o del terzo), secondo un rapporto di causalità immediata tra condotta ed evento, e non costituisca, invece, per il socio stesso un danno riflesso.

Non è sempre facile stabilire se il comportamento doloso o colposo dell"amministratore abbia danneggiato direttamente o indirettamente il socio, essendo invece necessario esaminare partitamente ogni caso specifico.

Quel che è certo è che il nesso di causalità di cui si è detto non deve essere confuso con il diverso requisito del danno diretto.
Il criterio del danno diretto consente, infatti, di individuare una specifica responsabilità a carico degli amministratori, mentre il nesso di causalità stabilisce quali tra i soggetti coinvolti possano legittimamente esperire l"azione individuale.


In ogni caso, la legittimazione del socio all"esperimento dell"azione in esame sussiste, anche dopo il fallimento della società per ottenere il risarcimento dei danni subiti nella propria sfera individuale, in conseguenza di atti dolosi o colposi compiuti dall'amministratore, solo se questi siano conseguenza immediata e diretta del comportamento denunciato. Diversamente, qualora tali danni sia il mero riflesso del pregiudizio che abbia colpito l'ente, ovvero il ceto creditorio per effetto della cattiva gestione, ai sensi dell'art. 146 della legge fall., al curatore spetterà l'azione, contrattuale, di cui all'art. 2394 cod. civ.




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