-  Magri Matteo  -  06/11/2014

ADS - INTERDIZIONE: 1 a 0 - Trib. Vercelli, 31.10.2014 - Matteo MAGRI

Amministrazione di Sostegno e interdizione

Rapporti tra misure protettive

 

La recente sentenza del Tribunale di Vercelli del 31 ottobre 2014, n. 147 (Pres. Marozzo est. Bianconi) segna un altro  importante punto a favore dell'Amministrazione di Sostegno, e ciò sulla base di un principio, ad onor del vero, già espresso in numerosi interventi della giurisprudenza, di legittimità e di merito, ossia il fatto che l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilita di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore capacità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa.

Veniamo, brevemente, ai fatti.

La ricorrente, madre ed amministratore di sostegno in carica, presenta ricorso affinché venga pronunciata l'interdizione del proprio figlio e beneficiario, deducendo, in buona sostanza, il fatto che l'amministrazione di sostegno sia divenuta misura insufficiente in quanto, con il trascorrere degli anni, le condizioni del figlio tenderebbero a peggiorare, e che questi richiederebbe spazi di maggiore autonomia, con conseguente aumento proporzionale dei rischi per lo stesso.
All'esito dell'istruttoria, il Tribunale rigetta la richiesta della madre confermando la misura già disposta dell'amministrazione di sostegno, sulla base di un articolato provvedimento.

La pronuncia, in particolare, fonda le proprie motivazioni sulla base di quanto disposto dall'art. 410 c.c., commi 1 e 2, indicata come norma alla quale il Giudice deve fare riferimento laddove si trovi a dover scegliere quale, tra le misure dell'interdizione e dell'amministratore di sostegno, applicare al caso concreto.
Per completezza, tali disposizioni, da un lato, impongono all'amministratore di "tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario" e, dall'altro di "tempestivamente informare il beneficiario circa gli atti da compiere, nonché il giudice tutelare in caso di dissenso con il beneficiario stesso", demandando, infine, al Giudice Tutelare la verifica circa l'effettiva sussistenza e portata di una tale situazione di contrasto.

Senza alcun dubbio, il principio espresso dalla pronuncia in commento risulta in linea con il sistema posto in essere dalla legge 6/2004 (ossia, in sostanza ed in estrema sintesi, quello per cui la "gestione del beneficiario" deve essere con questi concordata constantemente).
A parer di chi scrive, tuttavia, l'enfasi attribuita al disposto di cui all'art. 410 c.c. appare forse eccessiva, sol che si consideri che tale norma si colloca, rectius deve essere collocata, all'interno del ben più ampio sistema previsto dal legislatore e costituisce (solo) uno tra i criteri che devono guidare il guidicante nella formazione di quel giudizio di meritevolezza ed adeguatezza della misura protettiva da adottare nel caso concreto.

La sentenza, infatti, afferma, sì, l'importanza indiscutibile di tale principio, ma poi, in concreto, compie un'analisi estremamente puntuale (ndr: e tradizionale) di tutti i vari aspetti del caso concreto (e tra questi, certamente, anche i bisogni e le aspirazioni del beneficiario), per giungere così ad affermare, ancora una volta, il carattere residuale della misura dell'interdizione.

Infine, mi sia consentita, una notazione circa l'operato del Pubblico Ministero.
Così come in numerossisimi altri procedimenti (ndr: è sufficiente fare una ricerca sua qualsiasi banca dati per rendersene conto), anche in questo caso, ancora una volta, il Pubblico Ministero, associandosi alle conclusioni di parte ricorrente chiede dichiararsi l'interdizione.
Viene da chiedersi quale sia l'effettiva utilità della presenza di una tale figura, se, in tutti i casi come questo, il suo intervento si limiti alla richiesta (del tutto a-critica e, forse, un poco distratta) della misura dell'interdizione, senza alcuna valutazione (almeno così parrebbe) circa la specificità del caso concreto.

(Si ringrazia il Dott. G. Morlini per la segnalazione di questa sentenza).




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