“Due storie ora a ricordarci che, inseguendo il successo, senza tener conto degli altri, si costruisce qualcosa che non regge”.
Con tristi cadute di ritorno.
E’ il caso di Fred Dobbs, nel Tesoro della Sierra Madre: coi suoi compagni, Howard e Bob, ha la fortuna di scoprire una vena d’oro su un collina selvaggia, e in poco tempo riempie vari sacchetti di polvere gialla; non durerà il momento magico però: ecco che il timore di essere derubato, la diffidenza, una specie di febbre rabbiosa s’impossessano del suo animo: commetterà vari gesti riprovevoli, mosso dal sospetto, alla fine s’imbatte coi muli carichi d’oro, nei pressi di Durango, in alcuni desperados messicani, i quali per rubargli gli stivali lo uccidono; i sacchetti d’oro non verranno riconosciuti come tali, finiscono sventrati, il prezioso metallo si disperderà per terra, un gran vento lo riporterà là dove l’oro era stato estratto.
Così pure Chuck Tatum, nell’Asso nella manica: giornalista privo di scrupoli, gli capita di scoprire non lontano da Albuquerque, Nuovo Messico, un pover’uomo immobilizzato dal crollo di una miniera: è il colpo che aveva sempre sognato, professionalmente, si accorda subito con lo sceriffo, incoraggia la nascita di un Luna Park nella spianata, si mobilita col New York Times per vendere i suoi pezzi; fa in modo che la vittima non venga salvata immediatamente, come sarebbe possibile, e finisce così per perdere il controllo della situazione, nonché la stima per se stesso, altro che riscossa, si farà trapassare a morte con delle forbici, stramazzerà in un ufficetto senza niente di buono fra le mani.