Un uomo è stato condannato per il reato di maltrattamento di animali, per aver omesso ogni cura e cagionato lesioni a un gatto, rendendolo in condizione di disidratazione, perdita di memoria e amputazione di un arto.
Grazie all’intervento delle guardie zoofile e agli accertamenti sanitari compiuti dal veterinario, il gatto veniva sequestrato in via preventiva.
Privato delle elementari necessità di spazio e movimento, con carenze di cibo e acqua, il gatto appariva visibilmente denutrito e disidratato. Tale condizione è sintomatica di una prolungata, consapevole e volontaria protrazione da parte dell’imputato di una situazione di custodia caratterizzata da incuria tale realizzare condizioni incompatibili con la natura di esseri senzienti e con le loro caratteristiche etologiche, sia sotto il profilo dell’igiene, sia sotto quello della alimentazione e omettendo le cure necessarie.
Le condizioni di detenzione erano definite vessatorie e qualificabili come sevizie, avevano inoltre prodotto condizioni patologiche rapportabili al concetto di lesione.
Dal punto di vista soggettivo, l’imputato confessava di aver omesso di sottoporre l’animale alle cure mediche.
Pronunciata la condanna per il reato di maltrattamento ai sensi dell’art. 544 ter c.p., il gatto è stato confiscato.
Avv. Annalisa Gasparre – www.avvocatoannalisagasparre.it
Sul tema, volendo, Gasparre, Diritti degli animali. Antologia di casi giudiziari oltre la lente dei mass media, Key editore.
Tribunale Frosinone, Sent., 05/05/2021
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI FROSINONE
In composizione monocratica, in persona della Dott. ssa Silvia Fonte - Basso,
all'udienza del 7/4/2021 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
pubblicata mediante lettura del dispositivo nei confronti di
T.A., nato ad A., il (...), agli arresti domiciliari per altra causa, assistito e difeso dal difensore nominato di Antonio CECCANI del foro di Frosinone
IMPUTATO
Come da foglio allegato
TRIBUNALE DI FROSINONE
ALLEGATO ALLA SENTENZA N. 703/2021
IMPUTATO
A) Dagli artt. 544 ter c.p. e 727 c. 2 c.p. per aver omesso ogni cura, maltrattato e cagionato lesioni ad un gatto maschio di razza Europea di colore nero di circa tre anni, rendendolo in condizione di disidratazione, perdita di memoria e amputazione di un arto;
Fatti accertati in F., Via C. M. in data 08.11.2016 dagli operatori della L.A.C. Servizio Vigilanza Zoofila - Sezione di Frosinone
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con decreto ritualmente notificato, T.A. veniva tratto a giudizio per rispondere del reato a lui addebitato in rubrica.
In sede dibattimentale, superata la fase preliminare, venivano ammessi i mezzi di prova richiesti dalle parti come da ordinanza a verbale; nel corso dell'istruzione dibattimentale, veniva escusso il teste del PM, l'ufficiale della vigilanza zoofila - sezione polizia giudiziaria, e il medico veterinario M.B.. Indi, dichiarata chiusa l'istruttoria, le parti venivano invitate alla discussione ed il giudice, sulle conclusioni riportate in epigrafe, decideva come da separato dispositivo.
Va affermata la penale responsabilità dell'imputato.
Va affermata la penale responsabilità dell'imputato.
Il teste F. ha riferito che, il 8 novembre 2018, a seguito di chiamata dell'Ufficio tutela animali, si portava presso l'abitazione di T., ove era stata segnalata la presenza di molti animali tenuti in pessime condizioni. In effetti sul posto verificava unitamente ai carabinieri la presenza di un gatto in pessime condizioni. L'animale, dopo essere stato visitato dal medico veterinario B. veniva sottoposto a sequestro preventivo. Il teste B., medico veterinario ha riferito che il gatto era disidratato, gravemente disabilitato e deperito e presentava una ferita lacero contusa, che ha richiesto, in seguito all'affidamento dell'animale all'A. veterinaria ha richiesto l'amputazione dell'alto.
Ciò posto, la condotta del prevenuto deve sicuramente qualificarsi come maltrattamenti di animali ex art. 544 ter c.p., nei termini oggetto di contestazione.
Tale disposizione, come noto, punisce chi "per crudeltà o senza necessità cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili". Si tratta di un reato a forma libera, sostanzialmente plasmato sul modello dell'art. 582 c.p., sì che è sufficiente che la azione sia causale rispetto all'evento tipico, potendo così assumere rilevanza qualsiasi comportamento umano, sia attivo che omissivo; in tale secondo caso, peraltro, è necessario accertare, alla stregua di quanto previsto dall'art. 40 cpv. c.p., che sull'agente incomba l'obbligo giuridico di impedire, in particolare per quanto concerne le fattispecie in oggetto, l'evento costituito dalle lesioni. Secondo l'insegnamento della Suprema Corte, tuttavia (cfr. Cassazione penale sez. III, 13/12/2012 -dep.07/02/2013- n. 5979), non è necessaria l'insorgenza di uno stato di vera e propria alterazione psicofisica dell'animale qualificabile come "malattia" posto che, a differenza di quanto specificato dall'art. 582 c.p., non è significativamente richiesta l'insorgenza di una "malattia nel corpo o nella mente". Del resto, una tale insorgenza, specie con riguardo alle condizioni psichiche, sarebbe anche di non facile verificabilità in un animale pur facendosi ricorso alle nozioni di scienza veterinaria.
Nella specie, in modo del tutto analogo al caso esaminato dalla suddetta pronuncia della Cassazione, la scelta del T. di custodire l'animale con carenze di acqua e cibo, privato delle elementari necessità di spazio e movimento, visibilmente denutrito e disidratato è pienamente sintomatica di una prolungata, consapevole e volontaria protrazione da parte dell'imputato di una situazione di custodia non caratterizzata soltanto da incuria qualificabile come comportamento colposo, ma dall'avere detenuto per un arco temporale sicuramente protratto l' animale in pessime condizioni, incompatibili con la natura di esseri senzienti e con le loro caratteristiche etologiche, sia sotto il profilo dell'igiene, che dell'alimentazione, oltreché in assenza delle cure necessarie.
In sostanza, le condizioni in cui gli animali venivano tenuti erano sicuramente vessatorie e qualificabili come sevizie, inflitte senza alcuna necessità, e avevano sicuramente prodotto sugli stessi condizioni patologiche rapportabili al concetto di lesioni, nella nozione ampia evocata dalla Cassazione.
Poco convincenti, per non dire contraddittorie le affermazioni dell'imputato che in un primo momento dichiarava che l'animale si era inserito in casa a sua insaputa trovando una finestra aperta per poi, dire che era stato affidato alle cure della sorella, in sua assenza, tentando quindi di spostare sulla suddetta la responsabilità.
Altrettanto dicasi per le dichiarazioni della teste della difesa Z.M., coniuge dell'imputato.
Sempre in linea con gli insegnamenti della Suprema Corte, è nella specie ravvisabile il dolo generico, che è sufficiente quando la condotta sia tenuta, come nel caso in esame, senza necessità (cfr. Sez. 3, n. 26368 del 09/06/2011).
Quanto all'elemento oggettivo sono provate le lesioni fisiche cagionate agli animali, infatti in data 8.11.2016, il dott. M.B., medico veterinario, dichiara di aver riscontrato nel felino, portato in visita dalle guardie zoofile volontarie della "lega abolizione caccia" (sezione di Fiuggi), uno stato di disidratazione medio grave, emaciazione e una serie di lesioni all'arto posteriore destro con relativa necrosi e perdita di sensibilità tale da consigliare l'amputazione dell'arto.
Mentre quanto all'elemento soggettivo l'imputato dichiarava alle guardie zoofile che da tempo sfamava il felino e che aveva omesso di non sottoporlo a cure veterinarie urgenti (ciò si evince delle annotazioni di Polizia Giudiziaria del 18.10.19).
Per cui appaiono configurati sia l'elemento soggettivo del reato, in quanto volontariamente T., a conoscenza delle sofferenze di cui era oggetto il felino, ha omesso di sottoporlo a cure e quindi configurandosi il dolo, come coscienza e volontà di porre in essere l'azione o omissione. Come abbiamo infatti precedentemente delineato, l'ipotesi delittuosa può configurarsi anche in maniera omissiva.
Deve escludersi la riqualificabilità del reato nella solo meno grave contravvenzione di cui all'art. 727 c.p. (già contestata), atteso che, per quanto detto, sono nella specie sussistenti le lesioni e sevizie che caratterizzano il reato contestato ex art. 544 ter c.p.
Appaiono perciò integrati tutti gli elementi costitutivi del reato contestato. Per la determinazione della pena appare possibile concedere le attenuanti generiche, in considerazione delle condizioni socio economiche del prevenuto e in applicazione dei parametri di cui all'art. 133 c.p., si ritiene congrua la pena della reclusione a mesi 4 ed Euro 4.000,00 di multa.
Consegue di diritto la condanna del prevenuto al pagamento delle spese processuali.
Va disposta ope legis, ex art. 544 sexies c.p., la confisca del gatto in sequestro e affidamento a un ente o associazione che ne faccia richieste.
Quanto al reato di cui all'art. 727, comma II, c.p. sulle conclusioni delle parti, rileva il giudicante che, alla luce del tempus commissi delicti come cristallizzato nel capo di imputazione, appare ormai decorso il periodo massimo di prescrizione, 5 anni versandosi in ipotesi di reato contravvenzionale. Si consideri, al riguardo, che le condotte contestate all'imputato si sono consumate per come contestato nel capo di imputazione e per come risulta dagli atti il giorno 8.11.2016. Ne consegue che il termine prescrizionale è ormai abbondantemente decorso. In assenza di periodi di sospensione della prescrizione (art. 157 c.p. e ss.)
P.Q.M.
Visti gli artt. 533, 535 c.p.p.
dichiara T.A. colpevole del reato a lui ascritto e riconosciute le attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p. lo condanna alla pena di 4 di reclusione ed Euro 4000 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Pena sospesa e non menzione.
Visto l'art. 544 sexies c.p. dispone la confisca dell'animale in sequestro e la destinazione ad ente o associazione che ne faccia richiesta.
Visti gli artt. 129 e 531 c.p. dichiara non doversi procedere nei confronti di T.A. per il reato di cui all'art. 727 c.p. essendosi il reato estinto per intervenuta prescrizione.
Giorni 30 per il deposito delle motivazioni.
Così deciso in Frosinone, il 7 aprile 2021.
Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2021.