Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  05/03/2023

Amministrazione di sostegno - intervista a Paolo Cendon

LO SCOPO DELLA LEGGE È QUELLO DI CONFERIRE PRIORITÀ ASSOLUTA AI BISOGNI DELLA PERSONA BENEFICIARIA. NEI FATTI ACCADE DI FREQUENTE, PER FINI MOLTO SPESSO NON DICHIARABILI, CHE PRENDA IL SOPRAVVENTO IL CALCOLO ECONOMICO E LA LOGICA DELLA PRESERVAZIONE DEI BENI.

 

>>>>>>>    La ’qualità della vita’  - del beneficiario, come realtà operativa da preservare/recuperare - è il criterio base dell’Amministrazione di Sostegno (AdS).  Il legislatore del 2004 lo  sottolinea  in maniera quasi ossessiva:  agio, pulizia, ascolto, il meglio che si può,  igiene, confort,  tepore,  gradevolezza,   ogni articolo  - dal 404  c.c. in poi  - ripropone quel motivo in varie  salse. Ciò che conviene esistenzialmente  all’assistito è quanto occorrerà (a) apprestare giudizialmente,  (b) realizzare praticamente;  ciò  che frustra o delude la persona,  fisicamente o psichicamente, è sbagliato, illecito. Dominano   i ‘bisogni’ del fragile, come fatto oggettivo e uniforme (mangiare  bere dormire respirare), contano poi  le  ‘aspirazioni’, i desideri, come passaggio individuale, magari  strambo o  idiosincratico (dire fare baciare lettera testamento);  qua e là bisognerà  armonizzarli.  Fra  il livello dei sogni, irreali o esagerati,  e quello del patrimonio, non proprio da Rockfeller,  c’è un conflitto? In tal caso andranno  abbassate le ali:   antipsichiatria  e dissipazione  no grazie. Per l’Autorità la prima cosa da fare, entrando nella vita di un altro, rimane in ogni caso   l’inventario delle  necessità giornaliere, delle concrete esigenze; dopodiché  avranno  le mani legate sia il magistrato  sia il vicario.  Il  beneficiando è un anziano,  centenario, decrepito? Non cambia niente, sarà il suo ‘best interest’ comunque a  orientare,  a comandare.

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LA LEGGE CONFERISCE DI FATTO  ALL’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO UN POTERE SULLA VITA DEL BENEFICIARIO, ESSENDO UNICO RESPONSABILE  SIA DEI SUOI BENI CHE DELLA GESTIONE DELLA SUA SALUTE. RITIENI CHE L’APPROSSIMATIVO CONTROLLO EX POST  DEL GIUDICE TUTELARE SIA SUFFICIENTE A IMPEDIRE ABUSI O ANCHE PIÙ SEMPLICEMENTE FORME DI DISINTERESSE BUROCRATICO DEI BISOGNI PIÙ AUTENTICI  DEL BENEFICIARIO?

 

>>>>>>>>  Non è proprio così. Chi conferisce all’Amministratore i poteri   è non tanto la Legge, bensi il Giudice tutelare.  E anche il giudice non è   libero: dovrà  fare un decreto che tratteggi, sulla carta, la ricerca e il presidio della miglior qualità di  vita per  ‘quel’    beneficiario; oggi, subito, puntigliosamente, altrimenti  il provvedimento sarà  impugnabile. Il  soggetto fragile, se  è uno che ci sta con la testa, manterrrà  intatta la propria  sovranità; avrà semplicemente  per le cose che stenta a fare da solo (carrozzina, cecità)  qualcuno accanto,   in grado di  farle in sua vece: volendo se le farà lui  comunque,  da solo. Se invece è uno che  sbanda mentalmente, che rischia di  combinare guai   (droghe, alcol,  gioco, Alzheimer), allora il giudice gli toglierà un po’ di sovranità, momentaneamente.  Sempre un vestito su misura comunque;  tagliato  in funzione  della più ampia  ‘fragranza quotidiana’   per lui:   cyclette, tipo di badante, materasso, scuola, domotica,  bagno attrezzato,  sky, vacanze, tempo libero, ascensore. “Come stai, cosa ti serve, sei contento  così?”, ecco la chiave, sempre quella, fin che possibile.

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LA LEGGE RICONOSCE GIURIDICAMENTE   SOLO I PARENTI DEL BENEFICIARIO, ESCLUDENDO DA QUALSIASI POSSIBILITÀ DI PARTECIPAZIONE E CONTROLLO   PERSONE A VARIO TITOLO A LUI AFFETTIVAMENTE LEGATE. ESSENDO MOLTO SPESSO   IL PARENTE DEL BENEFICIARIO ANCHE SUO EREDE, SI  FINISCE IN QUESTO MODO PER FACILITARE, SOPRATTUTTO NEL CASO DI  UN CONSISTENTE  ASSE PATRIMONIALE, UNA GESTIONE DELL’ISTITUTO PROFONDAMENTE

 

>>>>>>>>>> Non sono poi essenziali  I familiari    nell’AdS.  ‘Fratelli coltelli’, ‘parenti serpenti’,  il legislatore lo sa bene, un po’ diffida.   E’  nel focolare   che andrà cercato, in prima battuta, l’amministratore;  ok, ma se ci sono  motivi  per fare diversamente    il giudice  pescherà altrove; e se  quei motivi  non ci sono, comunque il familiare-amministratore dovrà fare giorno per giorno  ‘the best’,  per il  congiunto. Altrimenti, se ragiona da futuro erede, con spirito taccagno,  in comprovato confitto d’interessi,   andrà  rimosso.

Vero, gli amici del beneficiario sono stati   un po’ trascurati da legislatore; ma i principi generali restano dalla loro parte. L’amico caro, se vede che le cose non funzionano, può avvertire il Giudice tutelare, oppure il Pubblico ministero, oppure i Servizi sociali: i quali dovranno controllare, intervenire. Spesso va così, l’amministratore trucido viene rimosso. Anche se questo è, in effetti,  un punto su cui occorrerà lavorare  nel territorio,  organizzando  meglio la vigilanza;  troppo spesso le cose vanno assurdamente per le lunghe …

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NEL CASO IN CUI SI ARRIVI ALL’ACCERTAMENTO DI ABUSI PER QUALE STRADA IL BENEFICIARIO PUÒ OTTENERE UN RISARCIMENTO PER  I DANNI SUBITI.

>>>>>>>>   Sostituito l’amministratore ‘sordo e cieco’, il nuovo amministratore potrà/dovrà  (autorizzato da giudice) citare  quello precedente per  danni.

In tutti i casi in cui  il beneficiario sia – ad ogni modo- persona cui non è stato tolto un grammo di sovranità (non comunque il potere di agire in giudizio)  potrà pensarci lui stesso; si rivolgerà all’avvocato, come e   quando vuole, non ha bisogno del permesso di nessuno.

Più complicato citare per danni il Giudice tutelare o il Pubblico ministero,  i quali siano restati, malgrado  denunce e segnalazioni, sordi e ciechi (una sorta di complici oggettivi). La cosa è in teoria possibile, anche se ad oggi non ci sono precedenti.  È vero però che   giudici e p.m. ogni tanto se ne infischiano, clamorosamente; e quindi sarà bene perseguirli civilmente, se ci sono gli estremi: dimostrando che entrambi avevano la possibilità, senza proprio spolmonarsi, di fare meglio.

Pure il Servizio sociale inefficiente/neghittoso sarà, se del caso,   “responsabilizzabile” ex post.

Danni poi - ricordiamolo -  significa sia danni patrimoniali sia non patrimoniali:  ‘biologici’ (per colpa vostra  mi sono ammalato, sono piombato nella depressione), ‘esistenziali’ (mi avete  fatto fare una vita da cani), ‘morali’ (umiliazioni, sofferenze,  lacrime).

 




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