Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  27/03/2023

AdS, presupposti: anzianità e disagio sociale - Francesco Viglino

L'estratto che si pubblica fa parte dell'opera "L'amministrazione di sostegno nel sistema: per un superamento delle tradizionali misure di protezione".

L’art. 404 c.c. non menziona l’età avanzata quale presupposto dell’amministrazione di sostegno21. La scelta del legislatore è da condividere: non si vede perché il mero fatto di essere anziani dovrebbe comportare l’essere beneficiari di una misura di protezione22. Se è certamente vero che le persone longeve sono più soggette a problemi fisici e cognitivi (ad esempio, leggere forme di demenza), questo non comporta che ogni anziano sia incapace di provvedere ai propri interessi. Tuttavia, va anche segnalato come spesso l’anzianità comporti concrete difficoltà nell’espletamento delle incombenze della vita quotidiana, vuoi per una debilitazione fisica della persona, vuoi per un disagio psichico, che comprometta l’autosufficienza dell’anziano – anche in assenza di una specifica patologia23: è innegabile che ciò conduca ad un bisogno di assistenza. L’amministrazione di sostegno è senza dubbio la risposta più confacente a tale necessità24: è possibile, come già detto, affiancare una figura che assista l’anziano in difficoltà, senza però sostituirlo o tagliarlo fuori dalla cura dei suoi interessi.

La giurisprudenza di merito ha aderito a questa interpretazione: nel caso di un’anziana signora, che, seppur lucida e contraria alla nomina di un amministratore, a causa del decadimento della memoria dimenticava di effettuare alcuni pagamenti, il giudice ha optato per la misura di protezione25. Pronunce come questa mostrano una auspicata presa di coscienza, da parte dei magistrati, delle concrete difficoltà che in innumerevoli casi colpiscono gli anziani, soprattutto coloro che non sono seguiti regolarmente da familiari o servizi assistenziali. La volontà di ricondurre tutti i casi di applicazione dell’amministrazione di sostegno ad una infermità di mente o, comunque, ad una limitazione della capacità di intendere e di volere, produce inevitabilmente un vuoto di tutela.

Una recente sentenza della Cassazione ha riconosciuto espressamente che la sola menomazione fisica può consentire la nomina di un amministratore, se priva la persona che ne è colpita dell’autonomia necessaria ad occuparsi dei propri interessi26. Queste considerazioni possono essere ampliate a diverse categorie di individui, bisognosi di sostegno in quanto alcolisti, lungodegenti, tossicodipendenti, carcerati... Già Cendon aveva molto insistito sull’utilizzo dell’amministrazione per tutelare questi soggetti: proposta del tutto comprensibile, se si tiene a mente che queste persone si trovano in una impossibilità di provvedere ai propri interessi ben più grave, ad esempio, di quella di un individuo che presenta una leggera menomazione psichica, che comprometta la sua capacità in modo limitato27. Non si possono che ricapitolare le considerazioni esposte poc’anzi: le varie categorie ora indicate sono sicuramente in una condizione di difficoltà, che suggerisce l’opportunità della loro assistenza da parte di un amministratore, visto che, in particolare, i soggetti ricoverati in ospedale, in luoghi di cura, o reclusi non possono provvedere alla gestione dei propri beni e diritti. E ciò a prescindere da una loro menomazione psichica28. La mia conclusione ricalca quella di cui supra: è senz’altroappropriato allargare l’ambito di applicazione dell’istituto in esame anche a queste situazioni, lasciando, però, all’attenzione del giudice tutelare valutare l’opportunità di nominare l’amministratore, a seconda del caso concreto, e tenendo sempre in considerazione la possibilità di un’amministrazione non incapacitante29. Il magistrato dovrebbe anche valutare con particolare attenzione l’eventuale volontà dell’interessato, che si opponga alla misura.

Identiche considerazioni possono essere fatte anche a proposito di un concetto difficile da inquadrare: il disagio sociale. Definibile come “forma di conflitto interpersonale, che

provoca nel soggetto sentimenti di inadeguatezza e sofferenza tali da inficiare pesantemente la relazione con l'ambiente circostante”, questo genere di disturbo crea certamente non pochi problemi anche dal punto di vista dei rapporti giuridici, impedendo a chi ne è colpito di compiere financo i più semplici atti della vita quotidiana. Anche in presenza di tale disagio, quindi, la nomina di un amministratore può sicuramente essere di grande aiuto per il soggetto in difficoltà di nuovo, senza che sussista una patologia psichica accertata, come può ben capitare nel caso di un disagio sociale poco accentuato, ma che impedisca comunque alla persona interessata di compiere attività e prendere decisioni a lei necessarie (si pensi alla difficoltà a rapportarsi con le amministrazioni pubbliche, o a prendere decisioni di carattere sanitario).

In tutte queste ipotesi, caratterizzate da un bisogno di tutela non sempre accentuato né troppo palese, oltre agli innegabili benefici che l’amministrazione di sostegno può fornire al soggetto debole, va segnalato un rischio: è possibile che l’istituto venga usato per disporre, in qualche modo, della propria capacità30. È possibile che, in casi particolari, ma nemmeno inimmaginabili31, certe persone particolarmente deboli siano convinte a proporre l’istanza di amministrazione di sostegno, richiedendo di essere assistite da propri famigliari, i quali così acquistano un controllo anche molto forte su di esse. Ancora una volta, non ci si può che affidare alla diligenza del giudice tutelare, che dovrà stare attento a non concedere misure che non rimedino ad un effettivo bisogno di protezione, tanto più nelle casistiche più delicate, ove si potrebbe abusare dell’amministrazione. Si noti che la possibilità di costruire un regime di amministrazione non incapacitante risolve il problema dell’impossibilità di rinunciare alla capacità d’agire, in quanto essere non verrebbe intaccata in alcun modo dalla misura.

In allegato il saggio integrale con note


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