Amministrazione di sostegno  -  Giuseppe Piccardo  -  27/10/2023

Ads e disabilità del figlio dell’amministrando: una interessante pronuncia di legittimità

Con la sentenza 8 agosto 2023 n. 24004, la Corte di Cassazione si è pronunciata con riferimento ad una questione in tema di amministrazione di sostegno, esprimendosi, in particolare, con riferimento ad un caso in cui il procedimento di nomina sia promosso dal figlio interdetto dell'amministrando, il cui patrimonio costituisce l'unica fonte di sostentamento del primo. In tal caso, precisa la Cassazione, il tutore dell'incapace è legittimato a proporre ricorso per amministrazione di sostegno, tanto da poter procedere, senza autorizzazione del giudice tutelare, ex art. 374, n. 5 (ora 9), c. c. in quanto il ricorso persegue, oltre che la finalità di assistenza e di protezione del beneficiando in misura proporzionata e commisurata alle esigenze di questi, anche la funzione conservativa del patrimonio del genitore, onerato di provvedere alla cura e all'assistenza morale e materiale del figlio interdetto, e quindi risulta preordinata al mantenimento della consistenza delle risorse economiche dell'incapace, in linea con la previsione di cui all'art. 374 c.c.

La sentenza trae origine dal ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di appello di Perugia che ha confermato l'apertura della amministrazione di sostegno in favore dello stesso odierno ricorrente, che aveva visto nominata quale  ADS una professionista.

La Corte d'appello, innanzi tutto, avendo ravvisato la legittimazione attiva del tutore del figlio dell’amministrando,  a promuovere la procedura a tutela degli interessi patrimoniali dell'interdetto,,  ha ritenuto che la chiusura, in senso negativo, di una precedente procedura, non ostacolasse un nuovo esame della situazione, non essendosi formato sul punto alcun giudicato e dovendo essere presi in considerazione i fatti accaduti successivamente. Quindi, ha ritenuto sussistenti le esigenze richieste per l'applicazione di detta misura.

All'esito dell'istruttoria, era emersa la donazione di una cospicua donazione, che appariva sproporzionata rispetto all'obbligo morale di occuparsi di lui che questa si era assunta e che era considerato pregiudizievole sia per il beneficiando, sia per il figlio interdetto, privo di redditi propri e necessitante di cure per sopperire alle quali faceva conto sul patrimonio paterno. A ciò si aggiungeva che la CTU aveva fatto emergere una situazione di fragilità psichica, tale da ridurre la capacità di autodeterminazione e da renderlo assoggettabile alle pressioni di soggetti terzi, oltre la fragilità fisica derivante dalle molteplici patologie sofferte, e per l'età avanzata cui si collegava un evidente, continuo ed inarrestabile declino cognitivo.

La Corte di Cassazione, quindi, confermava, anzitutto, il principio secondo il quale il tutore  ha legittimazione a  compiere, in nome e per conto dell'interdetto, anche un atto personalissimo (sempre che ne sia accertata la conformità alle esigenze di protezione), mentre la designazione di un curatore speciale è necessaria solo nel caso di conflitto di interessi tra il tutore ed il rappresentato, non evincendosi dal sistema una generale e tassativa preclusione al compimento di atti di straordinaria amministrazione da parte del rappresentante legale dell'incapace.

Successivamente, la Suprema Corte, sul presupposto che a’sensi di legge, ed in particolare degli articoli 406 c.c.,  417 c.c. e 712 c.p.c., il ricorso per l'istituzione dell'amministratore di sostegno può essere promosso - tra gli altri soggetti - dai parenti entro il quarto grado e, quindi, anche dal figlio dell’amministrando, interdetto giudiziale, che ha agito tramite il tutore per l'apertura dell'amministrazione di sostegno.

Peraltro, secondo i giudici, poiché l’amministrazione di sostegno è un procedimento di volontaria giurisdizione, stante l'insussistenza del passaggio in giudicato e  la revocabilità del provvedimento, l'inapplicabilità del principio del ne bis in idem, la mancanza di una pubblica udienza di istruzione e la forma del provvedimento finale che persegue la finalità di assistenza e di protezione del beneficiando in misura proporzionata e commisurata alle esigenze di questi, non è sussumibile nella fattispecie di "giudizio" come emergente dalla complessiva lettura dell’articolo  374 c.c., che circoscrive con puntualità le attività del tutore soggette ad autorizzazione, tra le quali rientrano quelle a contenuto economico patrimoniale.

  Tuttavia, nel caso specifico secondo i giudici, valutato che il ricorso persegue, oltre che lo scopo di assistenza e di protezione del beneficiando in misura proporzionata e commisurata alle esigenze di questi, anche la funzione conservativa del patrimonio del genitore, onerato di provvedere alla cura e all'assistenza morale e materiale del figlio interdetto, con la finalità del mantenimento della consistenza delle risorse economiche dell'incapace,  in conformità a quanto previsto dall'art. 374 c.c., esso è stato ritenuto ammissibile e utile, nell’ottica della tutela del patrimonio dell’amministrando, anche nell’ottica di garantire al figlio interdetto quanto necessario per poter vivere.

L’amministrazione di sostegno, nel caso oggetto di giudizio diviene, quindi, uno strumento di tutela non solo della posizione dell’amministrando, ma anche del figlio disabile, in ottica solidale e di sostegno reciproco tra persone alla quale la vita ha riservato meno fortuna di altri.




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