-  Mottola Maria Rita  -  01/08/2009

VACANZE: ESISTERE O NON ESISTERE - Maria Rita MOTTOLA

La parola latina vacatio significa assenza vuoto, oggi da noi conosciuta per il vuoto legislativo prima dell'entrata in vigore di una legge.
E la parola latina vacans, participio del verbo vacare significa essere vacuo, sgombro, libero, senza occupazioni.
In greco moderno vacanza si traduce vacation, in francese vacances, in spagnolo vacaciones. Anche nei paesi bassi si dice vakantie.
Tutte parole che richiamano la radice latina e la dolce speranza di essere sgombri "da pensieri", liberi "da pesi ed incombenze", senza impegni e in un certo qual senso vacui, quasi inutili. All'apparenza inutili, solo all'apparenza.
In tedesco la derivazione della parola vacanza, urlaub, ha origini storiche. Nel nono secolo, quando nelle terre germaniche prevaleva la servitù nelle campagne, i servi per avere una pausa nel lavoro dovevano chiedere il permesso al superiore che doveva "erlauben", autorizzare la sosta dalle fatiche.
Ma gli inglesi parlano di holiday, giorni santi, richiamando le festività religiose. Anche il termine ferie richiama l'elemento religioso, festus festivo e anum santuario.

Dio creo il mondo ma il settimo giorno si riposò. Era stanco? sicuramente no. Voleva contemplare il creato, la Sua opera, goderla. Grande insegnamento. Che senso hanno le cose che facciamo, che costruiamo, le persone che amiamo o semplicemente che ci circondano se non abbiamo il tempo di guardale, di contemplarle e di goderne?
Contemplare. E' il verbo dell'estate. E' il senso delle vacanze, vuote di impegni, piene di contemplazione. Guardare con ammirazione. Cum templum, con lo spazio celeste, come gli auguri che osservavano il volo degli uccelli, per vedere i segni e per trarre i loro auspici Mi trovo come una cosa sola con lo spazio celeste. Se non osservo, vacuo, vuoto di impegni, libero da preoccupazioni e pensieri fuorvianti, non posso riempire la mia anima di sensazioni e pensieri nuovi, non posso vedere "i segni" e trarne il significato. Non posso capire.

E' forse per questo che continuiamo a riempire le nostre vacanze di impegni, di viaggi estenuanti, di code in autostrada, di attese agli aeroporti, di frastuono e rumore nelle spiagge affollate, di lunghe notti immerse nelle musiche assordanti? Per non capire? Per non voler osservare il mondo fuori di noi, il cielo, il volo radente di un gabbiano, il crescere lento di un fiore che sboccia, il refolo di vento che scompiglia la cima di un abete, il procedere a balzi di un grillo, il volo arabescante di una farfalla, il gioco assorto e complesso del bimbo sconosciuto immerso nella sabbia calda e umidiccia, l'increspare al largo delle onde che preannuncia tempesta, il mistral che porta con sé odore di lavanda e grano maturo e scompiglia le nuvole trascinandole a velocità percettibile, quel drago nel cielo di soffice bambagia, la notte di luci brillanti, il mattino grigio striato di rosa e di fresco profumo di erba tagliata, gli occhi di Anna, color cacao, luccicanti di mille stelle .... 

Per non vedere dentro di noi quel profondo buio, che percepiamo, che ci angoscia. Quel vuoto creato dai mille impegni, dagli obblighi, dal far carriera, dal dover lottare in un mondo sempre più arido.
Riempiamo quel vuoto con un volo di farfalla, con uno sguardo di intesa, con un profumo di salsedine e di pesce appena pescato, con una carezza al morbido manto del cucciolo che ronfa ai nostri piedi. E il buoi non ci farà più paura. Anzi si illuminerà.




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