Resto sempre meravigliata dall'impossibilità di cogliere una diversità nel "diverso". Mi spiego. Capita di partecipare ai preparativi per manifestazioni finalizzate all'integrazione sociale dei disabili. Capita che devo spesso riaffermare, anche nei confronti dei benintenzionati, che la libertà del disabile non è solo una libertà motoria ma una libertà di espressione, di dialogo, di partecipazione alla vita quotidiana nei suoi più svariati aspetti non solo materiali (raggiungere una gelateria o un parco ma chiedere un gelato secondo il gusto che più piace o attendere il turno per un'altalena come tutti gli altri).
Io stesso mi rimprovero perché, nelle varie occasioni in cui –ripeto- vengo coinvolta in tali manifestazioni, mi pongo sempre dal punto di vista dell'osservatore, di chi intende cogliere la "particolarità" per poterla approfondire e/o comunque valutare.
In realtà non c'è nulla da osservare nella partecipazione di questi ragazzi con varie difficoltà a spettacoli teatrali o a gare sportive o a contest fotografici che siano.
Questa è la storia di uno di loro ma potrebbe essere la mia o quella di qualsiasi altra persona.
R.A. è un ragazzo di venticinque anni con ritardo cognitivo per trauma da parto. In conseguenza di tale difficoltà R.A. non è in grado di autogestirsi né ha acquisito, nonostante le terapie che segue, un linguaggio compiuto.
E' un ragazzo timido, silenzioso e un attento osservatore. E' un ragazzo disponibile e pronto ad aiutare il compagno. Dalla separazione dei genitori è affidato alla mamma che lotta tra un atteggiamento iperprotettivo ed un comportamento di stimolo e sprono ad affrontare le varie difficoltà quotidiane (come non comprenderla).
R.A. si è trovato, credo suo malgrado, coinvolto dall'entusiasmo dei compagni nell'apprendere che un attore – regista di fama nazionale li avrebbe seguiti in una breve azione teatrale finalizzata alla presentazione di una manifestazione sportiva che li vedeva coinvolti con gli atleti professionisti della marcia.
R.A. era in un angolo, in disparte, osservava i suoi compagni muoversi sul palco con l'attore di cui ho detto il quale, a sua volta, improvvisava dialoghi fra loro per conoscerli e per familiarizzare.
Il suo atteggiamento non era "diverso" da quello che, ad esempio, avrebbe avuto un qualsiasi altro ragazzo: chi non si sarebbe trovato nella difficoltà di affrontare un palco con un attore famoso interloquendo con lo stesso e poi con il pubblico?
Nulla di significativo dunque, e parimenti non "diverso" rispetto a quello dei suoi compagni o a quello di qualunque altro ragazzo è stato il suo successivo coinvolgimento: timidamente interessato, poi lentamente coinvolto, infine entusiasticamente partecipe.
Ed il giorno della rappresentazione di quella breve azione teatrale, che per l'occasione fu intitolata "traguardi", R.A. non si è "nascosto" ma ha affrontato il pubblico con tutto il suo coraggio e la sua personalità.
R.A., il giorno successivo, ha vinto la competizione sportiva. R.A. è salito sul podio e si è fatto riprendere dalle televisioni alzando la coppa che gli era stata consegnata fiero del risultato e del traguardo raggiunto prima di tutto con se stesso.
R.A. ha un ritardo cognitivo per trauma da parto con difficoltà di linguaggio ma R.A. ha una personalità, un carattere, una volontà che non è diversa da quella di qualsiasi altro ragazzo.
La sua storia, dunque, è una storia fra tante.