Quando si perde un confronto, bisognerebbe avere l’umiltà di ammetterlo o, quantomeno, di tacere.
Ma forse è chiedere troppo a Gazzoni.
E così mi vedo costretto nuovamente a dare qualche suggerimento su come applicare i principi scientifici e di teoria dell’argomentazione all’ accademico.
Anche stavolta esaminerò ogni singola opinione espressa dal professore, passandola poi sotto la lente di ingrandimento.
Riporterò dunque ancora una volta i passaggi del suo ultimo intervento (in virgolettato), per commentarli successivamente.
Ma non temete.
Non utilizzerò nei suoi confronti quelle espressioni denigratorie che invece mi sono state riservate (presuntuosetto, narcisista,etc). Ho troppo rispetto per me stesso, per i miei colleghi e per l’Ordine a cui appartengo.
E voi che leggete, non giudicate troppo severamente questo comportamento del professore.
Si sa, quando si è corto di argomenti, una strategia molto comune è quella di insultare il proprio interlocutore (L'arte di ottenere ragione — Arthur Schopenhauer).
Iniziamo.
1) “Al mio richiamo allo scritto del giudice Mario Garavelli, fonte del giudizio sui giudici non di rado "psicolabili", si è obiettato che costui non sarebbe stato in grado di giudicare i colleghi magistrati. E' facile osservare che chi pretende statistiche al termine di accertamenti diagnostici oggettivi sull'intero corpo della magistratura, ignora evidentemente il significato della ricerca "a campione", che ha una sua base scientifica, quando il "campione" è indicativo. Ciò premesso, chi era costui? Ma don Abbondio non aveva sottomano un testo da compulsare per sapere chi era Carneade, mentre io avevo indicato il sito dell'Università di Basilea per sapere chi era Garavelli. Trascrivo dunque il suo curriculum, ad uso dei lettori pigri: "Pretore e magistrato di tribunale a Casale Monferrato e ad Alessandria, vice capo dell'ufficio istruzione del Tribunale di Torino, consigliere e presidente di sezione della Corte d'Appello di Torino, consigliere della Corte di Cassazione a Roma, presidente del Tribunale di Torino, presidente della Corte d'Appello di Genova".
Accertamenti diagnostici e ricerca "a campione".
Bravo, professore.
Ben detto!
Dunque l’ex collega Garavelli, oltre che magistrato, era anche uno psicologo? O forse uno psichiatria? O forse uno psicanalista?
Perché solo tali professionisti sono in grado di stabilire scientificamente se un soggetto è o meno psicolabile.
Ma la risposta l’abbiamo già.
Nel curriculum di Garavelli (che Gazzoni ha puntualmente riportato) tali titoli non figurano.
Uhm.
Il mistero si infittisce di nuovo.
Vediamo se il professore ci illumina con le sue parole “ Avrà o non avrà acquisito il magistrato Garavelli conoscenza del mondo della magistratura, al termine di una lunga carriera, dopo aver esercitato le funzioni in diverse sedi importanti, anche con responsabilità dirigenziali, onde la sussistenza di "campioni" formativi di un valido giudizio?”.
Che domanda difficile.
Datemi un secondo per ragionarci.
Ecco! Ci sono!
No.
Perché?
Per il motivo già esposto: non aveva competenze mediche.
Ma forse Gazzoni assume che la psicolabilità possa essere diagnosticata anche senza queste ultime.
Sento già le voci di tutti gli psicologi, psichiatri e psicoanalisti d’Italia levare un grido di protesta.
Ebbene sì, miei cari professionisti, per Gazzoni avete studiato invano.
L’affidabilissima “fonte Garavelli” frana insieme al ragionamento di Gazzoni.
2) Ma torniamo alle parole di quest’ultimo “Potrebbe pretendere di paragonarsi a lui un qualsivoglia giudice presuntuosetto alle prime armi in un tribunale di una piccola sede, quale, prendendo un possibile esempio a caso, quella di Tivoli, una piccola cittadina, nota solo per le sue Terme?”.
Tranquillizzo il professore sul punto.
Sarò anche un presuntuosetto, ma non sono proprio alle prime armi.
Sono entrato in magistratura nel 2007. Ho 14 anni di servizio e tre Tribunali alle spalle. Quindi di colleghi ne ho conosciuti anche io.
E non sono un “qualsivoglia giudice”.
Per il semplice fatto che nessun giudice lo è.
Come non lo è nessun avvocato o professore universitario.
Ma lasciamo andare.
Torniamo al ragionamento. E’ solo quello che conta.
“Tivoli, una piccola cittadina, nota solo per le sue Terme?”.
Ben fatto. Per offendere me, ha insultato un intero Comune.
Complimenti. Sono certo che i cittadini di Tivoli gradiranno moltissimo.
Ora ammettiamo ( senza concederlo) che io non possa paragonarmi a Garavelli quanto a conoscenza della psiche dei miei colleghi.
Ed ammettiamo pure (sempre senza concederlo) che questa psiche possa essere valutata da un ottimo magistrato, privo però di competenze mediche (qual è Garavelli).
Ed il Primo Presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano? Possono la sua esperienza e competenza paragonarsi a quelle di Garavelli?
L’avevo già citata nel mio precedente intervento come fonte autorevolissima da contrapporre a quest’ultimo, ma noto che sul punto Gazzoni ha glissato.
Chissà perché…
Ed il Presidente dell’A.N.M. Cons. Giuseppe Santalucia? Ed il collega Giovanni Zaccaro (V Valutazione di professionalità)? E tutta l’Associazione Donne Magistrato Italiane in coro?
Immagino che non vadano bene.
Insomma, Garavelli è psicologo/psichiatria/ psicanalista ed è anche l’unico magistrato italiano attendibile.
Perché lo ha deciso Gazzoni.
E questa sarebbe una prova scientifica? "Ma mi faccia il piacere!", “esclamerebbe Totò” (cit.Gazzoni).
D’altronde l’approccio del professore è stato criticato anche dai suoi colleghi, che parlano di “Affermazioni apodittiche, non adeguatamente supportate, cui si potrebbe aderire solo fideisticamente. Ma le proprie convinzioni e i propri pregiudizi non possono essere trasformati in assiomi specie in un manuale vista la sua funzione didattica e da un docente universitario” (Prof. Sergio Lorusso, ordinario di Diritto processuale penale, pubblicato su https://www.ildubbio.news/commenti/con-le-frasi-sul-suo-manuale-gazzoni-ha-tradito-se-stesso-e-i-suoi-studenti-x6jpe06t).
3) Ma torniamo alle parole dell’accademico “Ho scritto che si diventa magistrati superando un mero concorso per laureati in giurisprudenza. Un giudice narcisista potrebbe rimirarsi sostenendo che, viceversa, si tratterebbe di uno dei concorsi più difficili, che presupporrebbe, per il superamento, la preparazione necessaria per scrivere non un tema, ma un saggio scientifico, a base di studio di trattati, monografie, articoli di dottrina, note a sentenza ed altre mirabilie. I candidati sarebbero piccoli, potenziali Windsheid (professore, si scrive Windscheid).
Peccato che io sia stato, guarda caso, Commissario di un concorso in magistratura e sia quindi in grado di smentire, questa volta per mia scienza diretta”.
Uno.
Ma le dimostrazioni scientifiche di Gazzoni si basano sempre sull’osservazione di un singolo fenomeno?
Una sentenza in materia di famiglia, un concorso in magistratura, un libro di un magistrato (che però è anche psicologo, sebbene nemmeno lui sappia di esserlo).
Sempre uno.
Galileo Galilei ormai si sarà dato per vinto.
Andiamo avanti.
Torniamo alle parole di Gazzoni “ L'imperativo categorico è quello di coprire i posti messi a concorso, raschiando, se necessario, il fondo del barile e il barile è davvero di qualità modesta, come modesti sono, in media, i laureati in giurisprudenza. La magistratura italiana è dunque piena di ex "stampellati", i quali magari avranno migliorato la preparazione con il tempo e l'esperienza. L'orale ruota in primis intorno alle stesse materie, mentre le altre, salvo la rilevanza di quelle processualistiche, sono di contorno e valgono ai fini di stabilire la graduatoria, con esclusione della bocciatura. Quel che si pretende sono comunque risposte che, in sede di esame universitario, meriterebbero almeno il fatidico 18”.
Ok. Va bene.
Ancora le sue parole “Quanto poi al mio giudizio sulle donne giudici, il mio pensiero è stato di nuovo censurato e quindi distorto. Io non sono misogino, né loro ostile. Ho infatti scritto che esse giudicano non di rado in modo eccellente…. essendo più preparate e vincendo quindi in maggioranza il concorso in magistratura, ora la percentuale femminile è del 56%”.
Uhm, non va più bene.
Prima dice che diventano magistrati prevalentemente giuristi di qualità davvero modesta.
Poi però afferma che il 56% dei magistrati (le donne) giudicano non di rado in modo eccellente.
Noto una leggera contraddizione.
Vabbè.
Torniamo di nuovo alle parole di Gazzoni “L'imperativo categorico è quello di coprire i posti messi a concorso, raschiando, se necessario, il fondo del barile”.
Ok, forse stavolta il professore ha ragione.
Nel concorso in magistratura bandito nel 2019 sono rimasti scoperti 90 posti ed in quello bandito nel 2008 la metà (estratto da https://www.mgiudiziario.it/mgiudiziario/perche-cosi-pochi-ammessi-agli-orali-nel-recente-concorso-in-magistratura/).
“Anche se la commissione che giudica i candidati varia nella sua composizione per ciascuno dei concorsi che periodicamente si succedono, il criterio di selezione improntato a massima severità sembra una costante, frutto consapevole di una scelta di non derogare al criterio della qualità, anche a costo di contribuire a non sanare i vuoti di organico che notoriamente affliggono i ranghi della magistratura” (estratto da I corsi di preparazione al concorso e il futuro ruolo della Scuola Superiore della Magistratura di Costantino De Robbio* - www.giustiziainsieme.it).
Come non detto. Ha di nuovo torto.
Ed anche questa tesi del professore frana.
4) Torniamo alle parole di Gazzoni “Il medesimo ipotetico giudice narcisista Incautamente potrebbe ammonirmi a guardare in casa mia, cioè ai concorsi a cattedra universitaria. Oltre che narcisista costui dimostrerebbe la propria disinformazione, perchè una piccola ricerca l'avrebbe condotto a leggere il mio articolo "Concorsi a cattedra e arbitrium merum" pubblicato nella Rassegna di diritto civile del 1995. O magari avrebbe potuto consultare le Introduzioni al famigerato Manuale , ove alla p. XLIII mi pronunciavo per "l'abolizione di tutti i concorsi notoriamente truccati" e alla p. LXIX scrivevo quanto segue: "La droga dei professori sono infatti i concorsi e la spartizione di posti e ruoli, con conseguente godimento orgiastico, alquanto tribale e cavernicolo. La sparuta categoria dei professori allergici (alla quale io appartenevo) prova un senso di nausea al solo sentire il fetore del c.d. potere accademico, simile a quello dei rifiuti marci in decomposizione".
Prima presuntuosetto ed ora narcisista. A quanto pare l’insulto gratuito è l’unico strumento efficace di cui il professore è munito per difendere le proprie tesi.
Ma torniamo alla sostanza.
Qui Gazzoni replica inutilmente ad un passaggio non essenziale (“una nota di colore”,come direbbe lui) del mio ragionamento ,quello relativo alle voci sulla scarsa trasparenza dei concorsi per docente universitario.
Sorvola invece (ancora una volta) su un argomento decisivo, che ho espresso replicando alla seguente asserzione “I magistrati entrano in ruolo in base ad un mero concorso per laureati in giurisprudenza”.
Per semplicità di lettura riporto le mie parole:
“Eh?
Un mero concorso per laureati in giurisprudenza?
Forse è il caso di rammentare al professore come fino a poco tempo fa il reclutamento del corpo docente universitario avveniva per mezzo di un concorso pubblico per titoli e prove (una scritta ed una orale, se non erro), vertenti su un numero di materie giuridiche così ristretto da rendere il confronto con quello proprio del concorso in magistratura imbarazzante.”
In sintesi, poiché il professore qualificava quello in magistratura come un mero concorso per laureati in giurisprudenza, ho rilevato come esso sia strutturalmente più impegnativo di quello per accedere alla carriera universitaria (per numero di materie e vastità del programma), oltre che caratterizzato da un alto tasso di complessità e selettività.
Se poi lui vuole affermare (come sembra) che i concorsi per accedere alla carriera accademica sono tutti (o in gran parte) fittizi, buon per lui.
Ma non vedo come questo possa avvalorare la sua asserzione.
Semmai mortifica solo la sua categoria, i cui componenti immagino non abbiano gradito il suo commento perentorio.
Tuttavia la prospettazione del professore apre il campo a nuovi scenari ipotetici.
Ammettiamo che nei concorsi per accedere alla carriera universitaria la selezione avvenga per arbitrium merum, come pare affermare Gazzoni.
Ora, come noto, una funzione pubblica viene conferita selezionando i candidati o tramite il criterio della competenza o tramite quello della rappresentanza.
Il primo è tipico del pubblico impiego, ove la competenza viene accertata e garantita attraverso il concorso pubblico (art.97 Cost). Il secondo è proprio delle cariche politiche, ove la rappresentanza viene stabilita attraverso l’elezione.
Ebbene, vi sarebbe da chiedersi che competenza possa mai avere un professore universitario che sia stato nominato tramite un concorso pubblico ove la selezione sia avvenuta per arbitrium merum.
Potrebbe egli essere in grado di sindacare la correttezza giuridica delle decisioni assunte da magistrati che hanno svolto un concorso pubblico ove la selezione è avvenuta secundum legem? O di esprimere una valutazione sul grado di selettività e serietà del concorso in magistratura?
Un ipotetico giurista rigoroso nel ragionamento risponderebbe “No, non potrebbe. Perché una selezione effettuata per arbitrium merum (oltre che contra legem) non garantisce l’accertamento della competenza in ambito giuridico di quel professore”.
Ed allora forse Gazzoni replicherebbe “Potrebbe invece, se ha dimostrato di essere un eccellente accademico tramite pubblicazioni riconosciute come molto valide (tra le quali, magari, un manuale di diritto privato)”.
Ma riconosciute molto valide da chi?
Non certo dai suoi colleghi, perché il loro giudizio nulla vale, essendo diventati tali anch’essi tramite una selezione effettuata per arbitrium merum.
E non certo dai magistrati, giuristi di infimo livello (ex "stampellati") e spesso psicolabili.
Dagli avvocati? Giammai! Non conosco il pensiero di Gazzoni sull’esame di abilitazione alla professione forense, ma non faccio fatica ad immaginarlo.
Dagli studenti? Impossibile. Non hanno ancora la maturità giuridica e le competenze per esprimere un tale giudizio.
E così non rimarrebbe che l’opinione che ha di sé stesso quel professore (che lancia strali contro la magistratura) per attestare la propria competenza e giustificare l’autorevolezza del suo pensiero.
Ma io non sono Gazzoni, sono Lupia.
E dunque parto da una premessa diversa.
Ritengo infatti che, fino a prova contraria, ogni docente universitario abbia conseguito legittimamente il proprio ruolo.
E ritengo anche che, nella diversità di funzioni, tra magistrati ed accademici debba esserci reciproco rispetto.
5) Torniamo alle parole del professore “La terza obiezione è la meno insensata e si risolve in ciò, che non può essere materia di insegnamento, trattata quindi in un Manuale, l'equilibrio dei giudici, a proposito dell'interpretazione della legge. Si sottovaluta però il fatto che oggigiorno viviamo in balia del c.d. "diritto vivente", di cui non si può non parlare, onde è necessario chiarire non solo in che cosa esso consista, ma anche di quali pericoli sia fonte. In questo contesto si situa il colloquio psico-attitudinale di cui al Decreto Legislativo 24/44 che, in quanto legge dello Stato, si presume conosciuto da tutti i cittadini, sicchè, essendo tale presunzione una fictio iuris, è compito del docente illustrarne ai discenti il contenuto e la ratio legis, che è quella di verificare, in chiave prognostica, l'equilibrio mentale dei futuri magistrati, come auspicava la proposta di legge Cossiga, da me richiamata.”
In sintesi Gazzoni ritiene di dover parlare nel manuale del "diritto vivente",cioè dell’interpretazione giurisprudenziale.
E fino a qui non ci sono problemi.
Ma ritiene anche di dover spiegare allo studente “di quali pericoli sia fonte”.
In parole povere a suo avviso il potere di interpretazione del giudice rende folli.
E Gazzoni, da buon docente, deve mettere in guardia gli studenti.
Avvertili dunque che, se scelgono di diventare magistrati, ove riuscissero nell’impresa, ci sarà il serio pericolo che vadano fuori di testa.
Insomma, con il suo manuale Gazzoni spiega il diritto, ma fa anche antinfortunistica.
Ed ovviamente la fa perché sa che, una volta entrati in magistratura, si diventa (probabilmente) psicolabili, in quanto glielo ha spiegato in un libro Garavelli.
Una volta ho sentito dire da un mio amico diplomatico che, a causa delle lunghe permanenze all’estero, all’interno della loro categoria è molto diffusa l’infedeltà.
Tuttavia in nessun manuale di scienza politica ho trovato un capitolo dedicato all’argomento.
Strano.
Sarà forse perché manca il nesso di strumentalità tra gli asseriti pericoli legati allo svolgimento di una funzione alla quale si può accedere tramite il completamento di un corso di studi e l’illustrazione degli istituti fondamentali relativi a quel corso?
O forse perché l’opinione di un appartenente ad una categoria su quest’ultima non può essere qualificato come prova scientifica di un fenomeno ad essa relativo?
6) Ritorniamo alle sue parole “Ammesso e non concesso che io sia uscito dal seminato, perchè un Manuale non potrebbe contenerne, tanto più in quanto strettamente strumentali al discorso di fondo?”
Strettamente strumentali al discorso di fondo…
Ma certo.
E’ evidente quanto sia importante avvisare gli studenti della possibilità di diventare pazzi affinchè essi apprendano appieno i criteri di interpretazione della legge.
Senza la prima nozione non si possono assolutamente comprendere i secondi.
Anch’io, tuttavia, voglio venire incontro a Gazzoni ed immaginare che egli volesse intendere che, per spiegare agli studenti quelli che (a suo avviso) sono gli errori di diritto in cui cade la magistratura nell’esercizio del suo potere interpretativo, sia necessario specificare la causa di tali errori.
E tale causa per Gazzoni è rappresentata dalla psicolabilità di fondo dei magistrati.
Temo tuttavia che anche tale difesa non avrebbe valore.
Al fine di sottoporre a vaglio critico la giurisprudenza, anche quella creativa, è necessario e sufficiente evidenziare l’illogicità delle decisioni e la loro erroneità in punto di diritto (ammesso che ci si riesca).
Tutto ciò che eccede tali strumenti argomentativi (come l’asserita e non provata psicolabilità dei magistrati) non è né necessario né utile alla critica ed ancor di più non lo è all’insegnamento.
Seguendo l’approccio didattico e le idee di Gazzoni sulla sua stessa categoria, la sezione relativa all’interpretazione dottrinale del diritto dovrebbe contenere una lunga premessa sull’accesso per arbitrium merum alla carriera accademica. Quella dedicata alla spiegazione del criterio sussidiario dell'interpretazione storica,poi, dovrebbe soffermarsi sulle patologie e distorsioni che talvolta si sono riscontrate nel mondo politico.
Non mi pare che nelle relative sezioni del manuale l’autore indulga su tali aspetti.
Potrei andare avanti con gli esempi, ma credo di aver chiarito il concetto.
Il passaggio sull’asserita psicolabilità dei magistrati,dunque, non solo eccede il fine didattico dichiarato (e dunque ne persegue un altro), ma si palesa come incoerente con l’approccio metodologico utilizzato dallo stesso autore per illustrare gli altri istituti.
7) Torniamo alle parole di Gazzoni “In questo contesto si situa il colloquio psico-attitudinale di cui al Decreto Legislativo 24/44 che, in quanto legge dello Stato, si presume conosciuto da tutti i cittadini, sicchè, essendo tale presunzione una fictio iuris, è compito del docente illustrarne ai discenti il contenuto e la ratio legis, che è quella di verificare, in chiave prognostica, l'equilibrio mentale dei futuri magistrati”.
E’ compito del docente che sta affrontando il tema dell’interpretazione giurisprudenziale della legge?
Non direi.
Continua a difettare il nesso di strumentalità, come già chiarito.
Il professore sembra poi assumere che la normativa introdotta costituisca (insieme alla “fonte Garavelli”) la prova che il potere di interpretazione rende il magistrato folle.
Tuttavia, come afferma lo stesso Gazzoni, i test sono stati introdotti sull’assunto che fosse necessario accertare preventivamente la dote dell'equilibrio in capo al candidato, al pari di quanto avviene per altri concorsi per l’accesso a settori pubblici delicati (forze dell'ordine) ed al pari di quanto avviene in altri stati europei proprio per l’accesso in magistratura.
Pertanto la legge dimostra l’esatto contrario di quello che Gazzoni teorizza.
E cioè che il potere di interpretazione del magistrato possa condurlo alla follia.
Se così infatti fosse il test preventivo sarebbe inutile, intervenendo troppo presto.
Laddove la finalità perseguita dal legislatore fosse stata quella di contrastare una psicolabilità figlia del potere interpretativo, ne avrebbe previsto la somministrazione a chi già esercita la funzione e non a chi deve ancora iniziare ad esercitarla.
D’altronde non mi risulta che nella relazione di accompagnamento si indichi che la disposizione viene introdotta per far fronte alla diffusa psicopatia dei magistrati.
Né potrebbe essere altrimenti, visto che non sono mai stati effettuati test (nemmeno a campione) per accertarla.
8) Torniamo alle parole di Gazzoni (per l’ultima volta) “Comunque sia, voglio andare incontro ai miei critici e ricordare che i giudici infiocchettano le loro sentenze con gli obiter dicta, irrilevanti ai fini del decidere, con appesantimento inutile della motivazione”.
Ultima fallacia logica dell’ex professore: una falsa analogia in piena regola.
Gazzoni mischia pere e carote.
L’obiter dictum è contenuto in un provvedimento giurisdizionale, che ovviamente non ha finalità didattiche. Non è cioè destinato a formare gli studenti. Esso inoltre contiene principi di diritto incidentali, non opinioni denigratorie su una categoria di professionisti.
Il manuale universitario ha finalità didattiche.
Ed allora non mi resta che concludere citando me stesso:
“E così lo studente di giurisprudenza si siederà davanti al professore e, interrogato sull’interpretazione della legge, riferirà (come da manuale) che i magistrati sono per la quasi totalità psicolabili.Bravo. Complimenti. Trenta e lode.”
Sugli altri punti che ho evidenziato nel mio precedente scritto l’ accademico non ha ribattuto. Lo intendo come un silenzio-assenso.
Come promesso al Direttore di questa rivista, a questa mia replica non ne seguiranno altre. E ciò anche laddove Gazzoni dovesse controreplicare.
Anch’io amo gli scambi ironici e pungenti, ma solo quando il mio interlocutore rispetta la continenza espressiva e solo finché trovo la partita intellettualmente stimolante.
Ed ora mi pare venuto meno il primo requisito e certamente il secondo.
Dott. Francesco Lupia
Magistrato Ordinario