Fragilita, storie, diritti  -  Michela del Vecchio  -  12/05/2017

Quando si parla di danno ingiusto – Michela del Vecchio

L'art. 2043 c.c. recita, come noto, che qualunque fatto doloso o colposo cagioni ad altri un danno ingiusto obbliga colui che lo ha commesso a risarcire il conseguente danno provocato.

Sull'interpretazione di danno ingiusto si sono scritte note, sentenze, articolati testi giuridici. Nella propria vita, professionale e non, ognuno di noi ha avuto occasione di affrontare il tema dell'ingiustizia del danno trovandosi a confrontare la situazione rappresentata nel proprio studio con i criteri ed i parametri che dottrina e giurisprudenza hanno delineato per la qualificazione del termine ingiustizia.

La fattispecie di cui invece io mi sono dovuta professionalmente occupare è certamente singolare perché nasce dall'accertamento di un'ingiustizia e si risolve con un atto in sé giusto ma che reca ulteriore ingiustizia. L'ambiente in cui si concretizza quanto detto è l'ambiente scolastico ed interessata della vicenda è una docente, madre di due bambini piccoli di cui si occupa prevalentemente da sola stante gli impegni lavorativi del coniuge.

La docente – madre ogni giorno per recarsi a scuola affronta due ore di viaggio e prendendo servizio alle 8,20 del mattino è costretta a occuparsi dei figli sin dalle ore 5 del mattino, svegliandoli e preparandoli per andare a casa di un'amica che li accompagnerà a scuola o dai nonni che a loro volta li accompagneranno a scuola.

Chiesto un avvicinamento alla propria dimora, alla docente è stata negata ogni tutela ed il diniego si è concretizzato anche in sede di ottemperanza dell'ordine giudiziario. L'Amministrazione cui la docente dipende infatti ha sì provveduto senza eludere il dettato del Giudice ma comunque negando il trasferimento con un provvedimento che risponde ai criteri normativi ma non tutela la docente nei termini indicati nella decisione giurisdizionale. Dove il danno ingiusto? La docente è ancora oggi in continua ricerca della giustizia posto che ha un provvedimento giudiziale che accoglie la sua domanda ed un'amministrazione che pur di dimostrare la coerenza del suo operato (riconosciuto, si ripete, illegittimo da un Giudice) continua a disattendere la tutela del diritto della dipendente.

Ho ritenuto di raccontare questa storia in quanto mi pongo un interrogativo: il fatto doloso o colposo e l'ingiustizia del danno sono realmente correlati? Preciso.

E' evidente che nella situazione di cui ho appena seppur in linea di massima trattato non è stato posto dall'Amministrazione, nell'attuazione dell'ordine del Giudice, un "fatto (inteso anche come comportamento) colposo" (anche se è sospettabile la dolosità del deciso amministrativo) eppure è indiscutibile che la docente sta continuando a subire un danno ingiusto.

Sicuramente l'evoluzione del diritto ha portato a qualificare l'art. 2043 c.c. come "clausola generale" del sistema risarcitorio tanto da parlarsi, soprattutto nell'ultimo decennio, di aticipità dell'illecito civile tentando di selezionare le lesioni delle situazioni giuridiche che devono essere protetto ma anche, in tal caso, sempre confinando l'ambito di applicazione in limiti precisi.

Eppure le situazioni umane e giuridiche sono caratterizzate da una serie di variabili che non sono assolutamente "catalogabili". L'incognita "x" è sovente presente nei rapporti giuridici e, del resto, il concetto di "aticipicità" racchiude proprio tutte le ipotesi non "catalogabili".

Un ruolo importante riveste certamente l'interpretazione giudiziale che comunque dovrebbe essere più flessibile nella valutazione delle situazioni meritevoli di tutela.

Nella situazione descritta, è certamente meritevole di tutela la posizione della docente che però, a sua volta, subisce un danno dal dover accedere nuovamente nelle sedi giudiziali per dimostrare l'ulteriore pregiudizio subito.

Non meno meritevole di tutela è la posizione dei minori che sono costretti ad uno stress quotidiano per l'organizzazione familiare, l'assenza della madre e la lesione stessa di una fanciullezza serena e spensierata.

Altrettanto meritevole di tutela è la situazione dell'amica di famiglia che, certamente per cortesia ed affetto, si è mostrata disponibile a collaborare con l'amica ma quanto questo incide nel tempo sulla sua stessa vita personale?

E la serenità dei nonni, dei familiari, degli studenti nell'incertezza della permanenza o meno della loro insegnante e di tutti coloro che direttamente o indirettamente sono interessati dalla situazione professionale e persona della docente, sono o meno meritevole di tutela?

Ed allora, quale/i danno/i ingiusto/i si rinviene nella descritta situazione?

Nelle aule giudiziarie si tornerà sicuramente a trattare della vicenda ed anche questo, in uno Stato di diritto, è ingiusto




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