Con la sentenza numero 5624 del 21 febbraio 2022, la Corte di Cassazione si è espressa, a Sezioni Unite, in relazione alla dibattuta questione relativa al termine ultimo per la contestazione della CTU, licenziata dal Giudice in presenza dei presupposti dell’articolo 61 c.p.c.
Nel vigente codice di procedura civile, come modificato nel 2009 con la legge n. 69, l’articolo 195 c.p.c., prevede tre momenti di espletamento e contestazione delle risultanze della CTU; un primo termine, entro il quale il CTU nominato deve trasmettere la propria relazione alle parti; il secondo entro cui le parti possono formulare osservazioni all’elaborato peritale e un ultimo termine entro il quale il nominato CTU provvede alla redazione finale della perizia e al successivo deposito della stessa mediante processo civile telematico, o in forma cartacea se la causa è pendente innanzi al Giudice di Pace.
Sul punto oggetto di disamina, da parte delle Sezioni Unite, si confrontano due tesi.
Secondo un primo orientamento, prevalente, le osservazioni di parte alla CTU devono essere effettuate nel termine fissato dal Giudice per tale adempimento e, comunque, al massimo entro la prima udienza successiva alla data di deposito della CTU, ai sensi dell’articolo 157 c.p.c.; dunque, devono essere considerate tardive, in questa prospettiva, le contestazioni contenute, per la prima volta, nella comparsa conclusionale. E ciò per consentire al Giudice di disporre eventuali integrazioni/chiarimenti del CTU, al fine di meglio chiarire quanto osservato e contestato dalle Parti.
Secondo una diversa prospettazione, (Cass. 12516/2019; Cass. 20829/2018), si deve distinguere tra contestazioni inerenti l’espletamento della consulenza d’ufficio limitatamente ai rilievi relativi al procedimento e osservazioni che attengono al merito della CTU; nel primo caso si ritiene si possa parlare di nullità relativa, nel secondo caso di tesi difensive che possono essere svolte nell’ultimo atto processuale del procedimento civile, vale a dire la comparsa conclusionale e nella successiva memoria di replica, nel pieno rispetto del contraddittorio.
Le Sezioni Unite chiariscono, anzitutto, quali siano le questioni da esaminare, e precisamente:
L'ordinanza interlocutoria ha pertanto enucleato tre profili su cui le Sezioni unite sono chiamate ad esprimersi:
- se le critiche alla consulenza tecnica possano essere sollevate per la prima volta in comparsa conclusionale;
- in caso di risposta positiva, se l'ammissibilità dei rilievi sia subordinata a una valutazione caso per caso del giudice, se la soluzione valga solo per i processi per cui non trovano applicazione i riformati artt 191 e 195 c.p.c., ovvero anche per i procedimenti instaurati dopo l'entrata in vigore della legge 69/2009 e, infine, se vi siano conseguenze per la parte, sotto il profilo dell'attribuzione delle spese del giudizio o sotto altri profili;
- in caso di risposta negativa, se ciò vada ricondotto all'applicazione del disposto di cui all'art. 157 c.p.c., comma 2, alla generalità dei vizi inerenti alla consulenza tecnica, quale categoria comprensiva anche dei vizi che attengono al contenuto dell'atto, ovvero quale conseguenza della mancata partecipazione della parte alla formazione della consulenza, così come stabilito dal giudice con la fissazione dei termini di cui all' art. 195 c.p.c., e, in quest'ultimo caso, se ciò valga solo per i procedimenti cui si applicano i riformati artt. 191 o 195 c.p.c., ovvero anche per i processi ove il giudice abbia fissato, in virtù dei suoi generali poteri di organizzazione e direzione del processo ex art. 175 c.p.c., un termine per il deposito di osservazioni.
Infine, se l'inammissibilità in primo grado comporti o meno l'inammissibilità nel giudizio di appello della (ri)proposizione dei rilievi formulati in comparsa conclusionale.
Successivamente, le Sezioni Unite, argomentano in relazione all’adesione alla tesi minoritaria, sopra riportata, esprimendosi come segue:
“Ritengono queste Sezioni Unite di dover affermare il principio secondo cui le nullità procedimentali della consulenza tecnica sono, in generale e quando non ridondano in nullità rilevabili anche d'ufficio soggette all'applicazione dell'art. 157 c.p.c., comma 2, essendo possibile ormai distinguere agevolmente tra i vizi d'attività processuale e procedimentale compiuti dal consulente, dal giudice o dalle parti, e i vizi "di contenuto", attinenti in ultima istanza a questioni scientifiche e/o comunque valutative e, quindi, connessi al tema della ricerca di una giusta soluzione della controversia.
In questa ottica, la preclusione a muovere contestazioni alla c.t.u. per la prima volta nella comparsa conclusionale non può farsi discendere dall'applicazione dell'art. 157 c.p.c., comma 2, a qualunque censura alla consulenza, trovando la disposizione appena menzionata applicazione alle sole nullità processuali (e procedimentali) da cui devono essere tenute distinte, a mezzo dell'interpretazione, ad opera del giudice, nell'esercizio dei suoi poteri, della doglianza mossa in concreto dalla parte, le critiche attinenti al "merito" delle indagini e conclusioni dell'ausiliare del giudice.
Una volta che si è ritenuto, per le ragioni sopra esplicitate, chel’art. 157 c.p.c., comma 2, e la relativa preclusione trovi applicazione alle sole censure inerenti al procedimento di formazione della consulenza tecnica, bisogna chiedersi se altre disposizioni del codice di rito fissino un limite temporale allo svolgimento delle critiche rivolte al "contenuto" della c.t.u..
Il riferimento è all'art. 195 c.p.c. u.c., così come riformulato dalla legge 69/2009., che ha "procedimentalizzato" l'espletamento della c.t.u., norma peraltro sicuramente non applicabile, ratione temporis, al caso di specie, ma a cui, ben consapevole di quanto si è appena detto, ha espressamente fatto riferimento il Collegio remittente nell'O.I. n. 1990/20.
Al riguardo va precisato se dalla procedimentalizzazione della consulenza tecnica d'ufficio possa derivare l'obbligo, per le parti, di contenere tutte le attività difensive di natura tecnica (e comunque di "merito") all'interno dei tempi fissati dal giudice all'udienza di nomina del consulente tecnico.
Deve ritenersi che i termini previsti dell'art. 195 c.p.c., u.c., abbiano natura meramente ordinatoria e funzione acceleratoria e svolgano ed esauriscano, la loro funzione nel sub-procedimento che si conclude con il deposito della relazione dell'ausiliare, sicchè, in difetto di esplicita previsione in tal senso, la mancata prospettazione al consulente tecnico di ufficio di rilievi critici esplica le sue conseguenze negative nell'ambito del solo subprocedimento - sicchè il C.T.U. non dovrà depositare nel termine a lui assegnato la sintetica valutazione delle osservazioni rese dalle parti tardivamente rispetto al termine alle stesse all'uopo fissato - ma non preclude alla parte di arricchire e meglio specificare le relative contestazioni difensive nel successivo corso del giudizio (Cass. Ord. 8/9/2020 n. 18657)
Reputa, infatti, il Collegio che la riforma del 2009 abbia procedimentalizzato, assoggettandola a precisi termini, la sola facoltà delle parti di interloquire con il perito, così da incidere già direttamente sul contenuto della consulenza e non, tout court, la possibilità di svolgere qualunque deduzione o osservazione nel corso del giudizio.
A conclusioni analoghe queste Sezioni Unite ritengono debba pervenirsi nel caso in cui, in procedimenti cui non si applica, ratione temporis, il novellato art. 195 c.p.c., tuttavia il G.I. si sia avvalso della facoltà, diffusa nella prassi, di fissare, sulla base dei suoi generali poteri di organizzazione e direzione del processo ex art. 175 c.p.c., un termine per il deposito di osservazioni.
Proprio dalla già ricordata possibilità di poter produrre una consulenza tecnica di parte, in quanto mero atto difensivo (Cass. Sez. Un. n. 13902/2013 già richiamata) anche per la prima volta in sede di appello, non si può ritenere che è precluso alle parti di svolgere deduzioni, osservazioni e critiche nuove alla consulenza tecnica oltre i termini fissati dal giudice ai sensi dell'art. 195 c.p.c., nel giudizio di primo grado”.
In conclusione, secondo le Sezioni Unite, “Deve ammettersi, anche per la prima volta in sede di comparsa conclusionale, la possibilità di svolgere critiche al contenuto della consulenza tecnica d'ufficio, poichè, trattandosi di mere difese, esse non incontrano alcuna particolare preclusione”.
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