L'amministrazione di sostegno rappresenta un avamposto essenziale per la protezione delle persone fragili, che attua la sua opera anche con limitazioni di sovranità, in capo alla cerchia di familiari, che ruotano intorno alla figura dell'amministrato, la contestazione (che attinge anche a dottrine antipsichiatriche) verso tale l'istituto di protezione civilistica trova fondamento, in particolare sull'assunto che sia usato come uno strumento istituto limitativo della libertà personale, ancorchè bisogna intendersi sul significato di "libertà personale", oltre l'art. 13 Cost.: un tossicodipendente che vuole continuare a drogarsi è una persona libera? Una persona che, in un contesto domestico dorme abitualmente in una porcilaia, è una persona libera? Una persona che dilapida il suo patrimonio in nome di fare ciò che vuole rappresenta un sano esercizio di una libertà?
Altra contestazione è rivolta alla non gratuità dell'esercizio dell'ufficio tutelare come da disciplina contenuta nell' art. 379 Cod. Civ., rappresentata come violazione dello spirito caritatevole dell'amministrazione di sostegno, spirito che, in diritto, non è ne caritatevole ne assistenzialistico.
In taluni ambienti, si pensa che il volontariato possa aiutare l'amministrazione di sostegno nella gestione di importanti sacche di degrado e fragilità. Orbene, è opportuno chiedersi che cosa si voglia intendere con la parola: "volontariato", applicato all'amministrazione di sostegno, se volessimo parlare di << volontariato puro >> avremmo un amministratore di sostegno che sottrae tempo al proprio lavoro, ed alla propria vita privata, senza ricevere nulla in cambio. su questo solco, si presuppone che l'amministrazione di sostegno non debba essere un lavoro, e pertanto la percezione di un'indennità secondo le regole dell'art. 379 c.c. va rappresentata come attività connotata da illiceità-
Orbene, nella realtà, se noi intendessimo l'amministrazione di sostegno come attività di volontariato, vorrà dire che tutte le persone povere ed incapienti verranno abbandonate al loro destino.
La retorica della gratuità, e dell'assunto che l'attività di A.d.S. non possa rappresentare una prestazione professionale, porta ad interpretazioni oramai distorte dell'art. 379 c.c. che pretendono che l'indennità sia esente da imposizione fiscale, circostanza oggi smentita anche da recente Cassazione tributaria. Se c'è qualcosa da criticare sulle liquidazioni delle indennità sono le prassi elusive volte a ritenere che tali emolumenti siano esenti dalle imposizioni fiscali, sulla base che l'art. 379, co 2, non parla espressamente di "compenso".
Quando venne redatto l'art. 379 c.c. (nel 1942) il tutore dell'infermo di mente non doveva occuparsi di quest'ultimo, in quanto ci pensava l'istituzione manicomiale; tutto cambia con l'abolizione di quest'ultima, pertanto, tutte le vetuste disposizioni legislative richiamate nel primo comma dell'art. 411 c. c, andrebbero riviste.
Se intendessimo l'attività di A.d.S come volontariato non si comprende perchè al fine di ottenere il definitivo esonero dall'incarico, lo stesso A.d.S debba essere costretto a cercare un volentoroso disposto a sostituirlo (art. 383 Cod. Civ., in rel. all'art. 411 co 1, Cod. Civ) nel caso di un'amministrazione di sostegno incapiente chi vorrà rimetterci di tasca propria?