Ambiente, Beni culturali  -  Redazione P&D  -  04/09/2023

Orsa Amarena, il direttore del Parco d'Abruzzo Sammarone: "I cuccioli si dimostrano indipendenti, non vogliamo tenerli in cattività"

A quattro giorni dall’uccisione dell’orsa Amarena, i suoi cuccioli continuano a non farsi catturare. Per le persone che ne seguono le tracce è una lotta contro il tempo: i due gemelli hanno solo otto mesi e avrebbero dovuto rimanere con la loro madre fino alla primavera prossima. Ma un colpo di fucile ha cambiato il loro destino.

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L’ultimo avvistamento è avvenuto sabato notte, non lontano dal centro marsicano teatro della tragedia: “Ormai abbiamo capito che si muovono da quest’area al Parco e viceversa. A dimostrazione che il corridoio lo conoscono molto bene: non sono rimasti fermi solo nella zona dove la loro madre è stata uccisa. Questo è un dato molto importante, dimostra che sono indipendenti, non sono sbandati” spiega Luciano Sammarone, direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (Pnalm), che nutre delle speranze sul futuro dei due: “Di certo non si nutrivano del solo latte materno: non ce l’avrebbero fatta tutti questi giorni senza mangiare e in questo periodo le montagne sono ricche di frutti. E poi nella precedente cucciolata Amarena aveva avuto quattro figli ed è inimmaginabile che possa averli allattati tutti e quattro per 18 mesi”.

C'è il precedente dell’orsetta Morena: nel maggio 2015 era stata trovata orfana a Villavallelonga. Di lei si era presa cura il Pnalm che dopo averle salvato la vita, averla svezzata, l’aveva rimessa in natura. Lei era riuscita a superare l’inverno e aveva dimostrato di sapersi nutrire da sola. È stata poi trovata morta nel luglio 2016, probabilmente uccisa da un predatore da cui non è stata in grado di difendersi. E probabilmente questo è il vero problema: "Ai due cuccioli - spiega il direttore - mancano le cosiddette "cure parentali", quegli insegnamenti che la madre dà ai suoi figli nei primi mesi di vita per imparare a difendersi e a muoversi in maniera sicura".

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A complicare le operazioni di cattura sono sia la presenza dei tanti curiosi che la tecnica da utilizzare: “L’ultimo avvistamento è stato fatto da persone che invece di avvertire le autorità hanno cercato di avvicinarli facendoli nuovamente scappare – sottolinea Sammarone -. Sembra che non si impari dagli errori, neanche da questa tragedia: lo diciamo sempre di non seguirli, di lasciarli stare, ma poi la curiosità umana rovina tutto. È successo anche la sera di giovedì: San Benedetto dei Marsi sembrava una sorta di giostra paesana con un sacco di persone che non c’entravano nulla. Così abbiamo chiesto al sindaco di fare un’ordinanza in cui veniva vietato di rincorrere gli orsi, di illuminarli con i fari e altri divieti per tutelarli. E complessivamente la situazione è andata migliorando”. Qualcuno in Rete è arrivato a chiedere un lockdown per gli abitanti del paese per non avere impedimenti nelle ricerche ma il direttore del Parco non lo crede possibile: "Non avrebbe senso: prima di tutto perché gli orsi non si trovano all’interno di quel centro e poi perché sarebbe una strada non percorribile".

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E poi c’è la tecnica da usare che non aiuta: “I protocolli standard per la cattura degli orsi prevedono tre tecniche: il laccio di Aldrich che cattura la zampa dell’animale, la trappola tubo e la narcotizzazione. Ma data la giovane età dei tre esemplari, nessuna delle tre opzioni può essere utilizzata – spiega il direttore del Pnalm -. Quindi si è deciso di utilizzare delle trappole con dentro i polli con batuffoli sporchi del sangue della loro madre, gli stessi che si trovavano nella casa dell’uomo che ha sparato ad Amarena. Ma per ora le hanno sempre eluse. L’alternativa è quella delle reti, ma questo richiede di essere molto vicini a loro quando li si vuole prendere”.

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La cattura serve per capire in che condizioni sono, e ciò che “non vogliamo è destinarli alla cattività” ci tiene a specificare Sammarone che delinea due scenari: “In base ai nostri protocolli, approvati dal Ministero dell’Ambiente con il parere dell’Ispra, se sono in buone condizioni di salute, pensiamo di traslocarli in una zona più interna al Parco, ovviamente una di quelle che loro hanno frequentato con la mamma e sicuramente più lontani da pericoli come il traffico di veicoli o incontri sbagliati. Se invece mostrano carenze fisiche, i cuccioli potrebbero andare incontro a un periodo di tenuta in un recinto completamente isolato per farli crescere e fargli mettere su peso per poi comunque liberarli prima dell’inverno. Ma questo lo decideranno gli esperti”.

 

 




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