La prima è legata alla durata del “momentum”: è chiaro che sulle tendenze recenti dell’opinione pubblica hanno inciso sia l’effetto novità della candidatura, sia la parata mediatica della convention che ha monopolizzato l’agenda pubblica. Dobbiamo attendere che i dati si “normalizzino” per capire la reale eredità e la portata di questa inversione di tendenza.
La seconda è il confronto TV del 10 settembre. Sarà quella la prima occasione in cui Harris uscirà da questa bolla confortevole e rassicurante di entusiasmo e di sostegno e si confronterà con un Trump che, nel mentre, avrà fissato i punti chiave della sua nuova strategia. È probabile che, da domani, le war room di Harris e Trump si concentreranno su due attività: individuazione degli elettori “mobili” negli stati decisivi, analisi dei bisogni e delle motivazioni per convincerli ad andare a votare; simulazioni del confronto TV, perfezionando comunicazione verbale e non verbale fino al minimo dettaglio. Ogni parola, ogni gesto, ogni smorfia sarà guidata dai target, qualche migliaio di elettori “scongelati”, in un’America iper polarizzata, che può cambiare l’esito di queste elezioni.