L’ORDINANZA DELLA CASSAZIONE
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Un recente provvedimento della Cassazione ha negato a una donna la custodia condivisa del cane acquistato insieme all’ex fidanzato. Questo perché la donna non avrebbe fornito prova di uno stabile rapporto affettivo con l’animale.
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Una recentissima ordinanza della Cassazione ha confermato l’importanza decisiva del legame affettivo tra il cane e i coniugi, conviventi e anche compagni non conviventi ai fini della decisione sull’affido del primo o di altro animale domestico in caso di separazione. La Corte ha infatti negato la custodia condivisa dell’animale ad una donna, proprio perché non è stata in grado di dimostrare di aver creato, durante una breve relazione, un reale legame con il cane.
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Il caso concreto oggetto di una recentissima pronuncia della Suprema Corte (l’ordinanza n. 8459 del 2023) ha visto una donna agire in giudizio davanti al Tribunale di Padova per veder riconosciuto il proprio diritto di proprietà (o meglio, comproprietà) su un cane acquistato unitamente all’ex fidanzato nel corso di una relazione affettiva ormai terminata e, di conseguenza, per ottenere la custodia condivisa dello stesso. L’ex compagno si è opposto alla richiesta.
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Il Tribunale, sebbene non abbia ritenuto dimostrata la sussistenza di una comproprietà, ha comunque – nell’interesse dell’animale – riconosciuto il diritto della donna alla frequentazione del cane. L’uomo ha impugnato la sentenza e la Corte d’Appello gli ha riconosciuto piena ragione, stabilendo dunque un affido esclusivo a suo favore. Questo poiché la donna non avrebbe fornito prova dell’esistenza di uno stabile rapporto affettivo con l’animale.
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La Cassazione ha confermato la decisione di secondo grado proprio per “la carenza di prova dell'instaurazione di un rapporto significativo tra la ricorrente e il cane, vista la breve relazione sentimentale che l'aveva legata al suo padrone”. Per la Corte non si può, infatti, senza prove, presumere che in una relazione dalla breve durata (quattro mesi) – e senza che vi fosse neppure una convivenza – si possa essere creato un particolare legame affettivo con il cane, tale da determinare il diritto a una condivisione futura della custodia del medesimo.
Quella in esame è una pronuncia di grande rilevanza che conferma l’importanza del legame affettivo tra il cane (o altro animale domestico) e i due coniugi, conviventi o anche semplici fidanzati in ordine alla decisione sull’affidamento del primo in caso di separazione. Un legame che prevale persino sul freddo diritto di proprietà o comproprietà.
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Prima l’interesse del cane e poi quello dei suoi custodi è il principio rivoluzionario che viene ulteriormente affermato dalla giurisprudenza, anche di Cassazione (in tal senso si era espressa la sentenza numero 5322 del 2016 del Tribunale di Roma). Diritto del cane è quello di continuare a vivere con colui o coloro a cui si è seriamente affezionato, a prescindere dall’esistenza di rapporti di coniugio o di convivenza more uxorio (come già dichiarato dal Tribunale di Roma: al cane di questi rapporti umani nulla importa).
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Nel caso sopra analizzato quanto appena detto emerge – seppur con gli esiti differenti descritti – da tutte le sentenze. In primo grado il Tribunale aveva stabilito il diritto della donna alla prosecuzione della custodia del cane nonostante la stessa non fosse risultata proprietaria. Nei gradi successivi sia la Corte d’Appello che la Cassazione le hanno dato torto, sempre prescindendo dalla proprietà, in quanto non avrebbe fornito idonea prova in giudizio dell’esistenza di un reale legame affettivo con il cane, non essendo sufficienti pochi mesi di semplici incontri, e in assenza di una convivenza, per presumerla. Ebbene, se avesse dato tale dimostrazione le cose sarebbero andate diversamente.
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Riassumendo, la pronuncia esaminata conferma come la giurisprudenza, nei casi riguardanti la gestione e la custodia dei cani e di altri animali domestici in caso di separazione, stia applicando i principi utilizzati per l’affido dei figli minori. Ai fini della scelta risulta determinante il rapporto d’affetto venutosi a creare tra persone ed animale, a prescindere dal rapporto giuridico o di fatto intercorrente tra le prime e dunque a prescindere dal fatto che fossero unite in matrimonio o che convivessero. Ovviamente, il rapporto tra persona e animale deve essere adeguatamente dimostrato davanti al giudice.