Il flebile limite tra dovere di vigilanza dei genitori ed diritto alla privacy del minore
Nel nostro ordinamento il minore d"età non dispone della capacità di agire ed è sottoposto alla responsabilità genitoriale, quella che, con un"espressione anacronistica, un tempo era definita patria potestà. L"idoneità a porre in essere atti giuridici, infatti, si acquista solo al momento del compimento del diciottesimo anno d"età (art. 2 c.c.). Eventuali negozi giuridici posti in essere dal minore si considerano inesistenti o annullabili a seconda dell"affidamento che abbiano ingenerato nei terzi. Tuttavia esiste una serie di attività, di scarso rilievo, che sono comunemente ritenute valide a prescindere dall"età. In buona sostanza, si tratta di aspetti che riguardano la vita quotidiana, come salire su un autobus (contratto di trasporto) o acquistare una rivista (compravendita).
Orbene, nel quadro così delineato, come si pone la condotta del genitore che controlli, ad insaputa del figlio, il suo cellulare?
Il diritto alla privacy, all"interno di una famiglia, si considera affievolito, il problema consiste nel valutare se lo sia al punto da tollerare la violazione della segretezza della corrispondenza[1], come accade nel caso della lettura delle email o dei messaggi di Whatsapp, Telegram o delle chat di Facebook. Inoltre, il diritto alla segretezza ed alla tutela della vita privata del minore si scontra con il diritto/dovere di vigilanza dei genitori. Nel caso di più interessi confliggenti e di pari livello occorre realizzare un contemperamento tra gli stessi per individuare quello prevalente.
Innanzitutto, preme segnalare come i contratti di telefonia siano conclusi a nome dei genitori, stante la minore età dei figli. Pertanto, benché l"utenza telefonica sostanzialmente sia fruita dalla prole, formalmente resta "intestata" ad uno dei genitori. Inoltre, l"uso di chat, quali Whatsapp, Telegram o Facebook è ammessa con limiti d"età[2].
Il diritto/dovere di vigilanza è tanto più forte quanto si considerano i pericoli che si trovano in rete e a cui è esposto il giovane fruitore. Si pensi al grooming, vale a dire all"adescamento del minore su Internet; al sexting ossia la diffusione di immagini o video a sfondo sessuale; o ancora al cyberbullismo di cui i giovanissimi sono spesso incolpevoli vittime. Stante i suddetti pericoli, può il diritto alla vigilanza del genitore considerarsi preminente su quello alla riservatezza del figlio?
Si consideri, inoltre, il caso in cui il minore non sia vittima ma soggetto attivo della condotta illecita (per la quale rispondono i genitori). Recentemente, la Suprema Corte[3] ha condannato proprio i genitori di un minore ad un risarcimento di oltre duecentomila euro, ex art. 2048 c.c.[4], per non aver fornito la prova di aver impartito al figlio una buona educazione (culpa in educando) e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata[5].
Alla luce della responsabilità dei genitori per il fatto dei figli e considerato il dovere di educazione e di vigilanza gravante su di essi, è lecito un controllo così invasivo della vita del figlio?
La Convenzione dei diritti sul Fanciullo[6], siglata a New York nel 1989, statuisce che «nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione». Secondo la convenzione, per fanciullo si intende il minore d"età (art. 1) e nelle decisioni che lo riguardano occorre sempre avere riguardo al suo superiore interesse (art. 3). La Suprema Corte[7], interrogata in materia di illecita captazione di comunicazioni telefoniche, ha sostenuto che il dovere di vigilanza non può giustificare qualsiasi intromissione indebita nella sfera del minore. La valutazione, quindi, va effettuata caso per caso, avendo riguardo all"età del ragazzo, al contesto ed all"effettiva necessità del controllo eseguito al fine di tutelare il minore. In particolare, gli Ermellini hanno precisato che: «il diritto/dovere di vigilare sulle comunicazioni del minore da parte del genitore non giustifichi indiscriminatamente qualsiasi altrimenti illecita intrusione nella sfera di riservatezza del primo […] ma solo quelle interferenze che siano determinate da una effettiva necessità, da valutare secondo le concrete circostanze del caso e comunque nell"ottica della tutela dell"interesse preminente del minore e non già di quello del genitore».[8]
In conclusione, al genitore è consentito vigilare sulle comunicazioni del minore a fini educativi o di protezione, ma esclusivamente per il perseguimento delle finalità per cui il potere (di vigilanza) è conferito.
Avv. Marcella Ferrari – Avvocato del Foro di Savona
[1] Art. 15 Cost. – Artt. 616 e ss. c.p.
[2] Per creare un account su Facebook è sufficiente avere 13 anni, mentre per Whatsapp è prevista l"età di 16 anni.
[3] Corte Cass., Sez. III, sent. 18 novembre 2014, n. 24475. Nel caso di specie, il minore aveva aggredito la vittima cagionandole una gravissima lesione all"occhio.
[4] Art. 2048 c.c. Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte
[1]Il padre e la madre, o il tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi. La stessa disposizione si applica all'affiliante.
[2]I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.
[3]Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto
[5] Secondo la Corte di Cassazione «l'inadeguatezza dell'educazione impartita e della vigilanza esercitata su un minore, fondamento della responsabilità dei genitori per il fatto illecito dal suddetto commesso, può essere desunta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui genitori, ai sensi dell'art. 147 cod. civ. Non è conforme a diritto, invece, per evidente incompatibilità logica, la valutazione reciproca, e cioè che dalle modalità del fatto illecito possa desumersi l'adeguatezza dell'educazione impartita e della vigilanza esercitata».
[6] Convenzione ratificata con la legge 27 maggio 1991, n. 176
[7] Corte Cass., Penale, sent. 17 luglio 2014, n. 41192
[8] Nel caso di specie, il genitore era stato condannato ex art. 617 c.p. per aver registrato le telefonate del figlio; secondo il percorso argomentativo della Corte non era ravvisabile la scriminante di cui all"art. 51 c.p. (esercizio del diritto o adempimento del dovere) giacché essa non ricorre allorché l"attività dell"agente abbia oltrepassato i limiti della situazione soggettiva che invoca a giustificazione della propria condotta.