Pubblica amministrazione  -  Alceste Santuari  -  13/12/2023

Le società miste non sono società in house providing – Tar Lazio, sez. II bis, 17846/23

Con la sentenza n. 17846 del 28 novembre 2023, il Tar per il Lazio (sez. II bis), ha ribadito la differenza “ontologica” tra le società miste pubblico-private e le società in house providing.

Si tratta di una pronuncia importante, anche se confrontata con un precedente del medesimo Tar Lazio (sezione II bis, sentenza del 17 giugno 2020, n. 6642), con il quale i giudici amministrativi avevano statuito che una società mista maggioritaria del comune che procede a bandire la procedura ad evidenza pubblica non può essere esclusa da quella procedura per conflitto di interessi.

Nel caso di specie, invece, un comune, ai sensi degli artt. 14 e ss. d. lgs. n. 201/22, ha affidato alla società in house s.p.a. il servizio d’igiene urbana per il periodo 2023-2027. La società ricorrente, una società mista che opera nel settore, ha contestato la scelta dell’ente locale, in quanto quest’ultimo avrebbe potuto individuare proprio la società mista quale “modello di gestione” dei servizi in oggetto. La ricorrente ha sottolineato che come società mista, essa “acquisisce la gestione di servizi pubblici anche partecipando alle apposite procedure d’appalto o di concessione indette dalle Amministrazioni competenti”.

I giudici amministrativi hanno ribadito la società mista “non possa partecipare alle gare di appalto e, quindi, non sia titolare dell’interesse che la legittima alla proposizione del gravame finalizzato all’affidamento del servizio d’igiene urbana attraverso l’esternalizzazione dello stesso.” Richiamando le previsioni contenute nel d. lgs. n. 175/2017 e nel d. lgs. n. 201/2022, il Tar laziale ha statuito che:

  1. lo statuto della società ricorrente non prevede la possibilità di partecipare alle gare indette da altre stazioni appaltanti, ma semplicemente “l’esercizio, diretto e/o indiretto, tramite partecipazione a Società di qualunque tipo, ad enti, a consorzi e ad imprese” dei servizi pubblici ivi indicati.
  2. Le società miste devono espletare, in via esclusiva, soltanto il servizio per non possa partecipare alle gare di appalto e, quindi, non sia titolare dell’interesse che la legittima alla proposizione del gravame finalizzato all’affidamento del servizio d’igiene urbana attraverso l’esternalizzazione dello stesso;
  3. Pertanto, le società miste non possono partecipare alle gare indette da altre amministrazioni anche se relative a servizi similari;
  4. l’affidamento del contratto di appalto di concessione costituisce l’“oggetto esclusivo della società mista”;
  5. la società mista è strumentale rispetto al servizio per il quale la società è stata costituita;
  6. la durata della società mista è indissolubilmente legata alla durata dell’appalto/concessione;
  7. se si ammettesse la possibilità delle società miste di partecipare a gare indette da altre amministrazioni si perverrebbe all’incongruo risultato per cui la legittimazione a tale partecipazione sarebbe, in fatto, condizionata dalla durata del contratto di servizio affidato in sede di costituzione della società;
  8. l’esecuzione degli appalti affidati all’esito delle gare indette da amministrazioni diverse da quelle socie finirebbe per essere risolutivamente condizionata allo scioglimento del rapporto societario della società mista conseguente alla risoluzione del contratto di servizio;
  9. i patti parasociali, pur potendo avere durata superiore a cinque anni, in deroga all'articolo 2341-bis comma 1 c.c., devono, comunque, essere contenuti “entro i limiti di durata del contratto per la cui esecuzione la società é stata costituita” e ciò proprio a confermare il nesso indissolubile tra durata del servizio e durata della partecipazione privata alla società mista;
  10. l’attribuzione al socio privato di particolari diritti e vantaggi non coerenti con l’effettiva entità della sua partecipazione potrebbe assegnare al socio privato medesimo requisiti e risorse da spendere ai fini della partecipazione ad ulteriori future gare indette da altre stazioni appaltanti, così alterando il fisiologico meccanismo della concorrenza;
  11. proprio gli indebiti vantaggi che potrebbe conseguire il socio privato hanno indotto il legislatore a differenziare la situazione delle società miste, in cui l’art. 17 d. lgs. n. 175/16 prevede un oggetto esclusivo, da quella delle società in house nelle quali l’assenza di soci privati giustifica l’astratta possibilità di tali enti di partecipare ad altre gare, fermo restando il limite massimo di fatturato riferibile a compiti espletati per conto di soggetti non soci, previsto dall’art. 16 comma 3 d. lgs. n. 175/16;
  12. la normativa comunitaria riconosce espressamente, in capo alla pubblica amministrazione, la discrezionalità in ordine alla scelta di esternalizzare o meno un servizio pubblico: nell’ambito delle opzioni praticabili dall’amministrazione, pertanto, deve ritenersi compresa anche la possibilità di esternalizzare tale servizio delimitando l’operatività esterna delle società miste al fine di preservarne la finalità per le quali le stesse sono state “specificamente”.

In ragione di quanto sopra espresso, il Tar ha dunque concluso che la società ricorrente non può partecipare a gare indette da amministrazioni diverse da quelle socie e, pertanto, non conseguirebbe alcun vantaggio da un’eventuale esternalizzazione del servizio pubblico di igiene urbana del comune.

La sentenza de qua, nell’affrontare questioni assai delicate e complesse nella gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, ha il pregio di confermare la diversità “ontologica” delle due forme di intervento societario che gli enti locali hanno a disposizione, tra le altre, per la gestione dei servizi in parola. Nonostante il modello dell’in house providing, a seguito delle previsioni contenute nelle note direttive UE del 2014, possa prevedere la presenza di una quota minoritaria di soggetti privati, rimane comunque lo strumento giuridico per eccellenza per realizzare quella delegazione interorganica, che rende il modello in parola “immanente” agli enti locali che lo gestiscono e controllano al 100%.

Per contro, la società mista si configura quale modello organizzativo e gestionale adatto per lo svolgimento e, quindi, l’affidamento di servizi pubblici, a condizione che essa risulti costituita, gestita e governata secondo i canoni normativi (e giurisprudenziali) che ne fanno uno strumento non “alternativo” (rectius: elusivo) del principio di concorrenza sancito a livello europeo e nazionale.

Nel caso delle società miste esiste una biunivoca corrispondenza tra i servizi pubblici oggetto della procedura ad evidenza pubblica indetta per la scelta del socio privato e i servizi pubblici da affidare in gestione alla società mista nella sua nuova composizione. In quest’ottica, come già la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di ribadire in passato, risulta irrilevante “l’ampiezza ed eterogeneità dei servizi indicati nell’oggetto sociale” della società mista, ma sarebbe comunque “lesivo dei citati principi, l’affidamento diretto alla società mista di quei servizi, inclusi nell’oggetto sociale della società mista, che non sono stati mai oggetto di una procedura ad evidenza pubblica.” (cfr. Tar Abruzzo, sez. I, sentenza 30 marzo 2017, n. 152).

La società mista, inizialmente progettata per rispondere a situazioni eccezionali, ha subito nel corso dei decenni una progressiva espansione del proprio perimetro di azione, tale da equiordinare questa specifica formula societaria alle altre soluzioni individuabili dalla P.A. per l’erogazione di servizi e prestazioni socio-sanitari.

è necessario, come già statuito dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea e dai tribunali amministrativi italiani, che il soggetto privato sia selezionato ad esito di una procedura di evidenza pubblica, c.d. “a doppio oggetto”.  La procedura, infatti, deve, contestualmente, sia individuare il soggetto privato sia identificare il servizio da erogare. In questo modo, con i necessari accorgimenti, la società mista non risulterebbe beneficiaria di un affidamento diretto ma realizzerebbe una modalità organizzativa con la quale la P.A. controlla l’affidamento, disposto con gara, al socio operativo.  In sostanza, si registra una concreta equiparazione tra la gara per l’affidamento del servizio da svolgere e quella per la scelta del socio, il quale si configura, conseguentemente, come “socio industriale od operativo” che materialmente svolge il servizio o alcune fasi dello stesso. 

Da quanto sopra espresso, si può inferire come le società miste pubblico-private siano considerate dall’ordinamento giuridico alla stregua di efficaci strumenti organizzativi di diritto privato. In quest’ottica, pertanto, una volta assicurata la selezione del socio privato attraverso idonea procedura di evidenza pubblica, conditio sine qua che consente l’espressione dei principi pro concorrenziali di derivazione comunitaria, la società mista pubblico-privata deve poter svolgere le proprie attività, dedotte nell’oggetto sociale dello statuto, secondo le modalità proprie del modello societario adottato. Che rimane diverso e “altero” rispetto al modello in house providing.




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