Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  04/07/2023

L’assistenza congiunta e complementare mantenuta anche dopo la separazione e il divorzio a favore del figlio motiva la nomina dei genitori a co-amministratori di sostegno - Trib. Roma, Decreto 07/04/2022 – Laura Provenzali 

Un recente decreto del Giudice Tutelare romano torna sul tema della scelta dell’amministratore di sostegno a beneficio del figlio in condizioni di grave infermità e nell’impossibilità assoluta di provvedere autonomamente ai propri interessi.

Come noto, l’art. 408 c.c. sancisce che la scelta deve avvenire “con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario”, con ciò innovando rispetto alla misura dell’interdizione, finalizzata agli aspetti prevalentemente economici.

Il medesimo articolo, nell’ultima parte del primo comma, prevede espressamente che il giudice tutelare preferisca, “ove possibile”, una serie di persone fra i quali il padre o la madre dell’interessato. 

L’impianto normativo, nel suo complesso, assicura al giudice ampi margini e facoltà di valutazione del soggetto da nominare, tenuto conto che l’obiettivo da perseguire è quello di assicurare l’assistenza più efficace possibile per la realizzazione del progetto di vita del beneficiario.

Che fare quando entrambi i genitori seguono ed accudiscono insieme il figlio, riuscendo, nel rispetto delle loro diverse capacità e caratteristiche personali, a realizzare il suo best interest ? 

A questa domanda, qualche anno or sono, aveva dato efficace risposta il Tribunale di Genova accogliendo la domanda dei genitori di un neo maggiorenne in condizioni di disabilità grave di essere, entrambi, nominati co-amministratori del giovane (1). 

Il precedente, forse il primo a trattare nello specifico il mondo della disabilità, riguardava una coppia in costanza di matrimonio e convivente con l’unico figlio.

Nella vicenda posta all’attenzione del Giudice Tutelare di Roma i genitori, concluso il matrimonio con il divorzio, hanno saputo mantenere per il loro ragazzo, in condizioni di assoluta carenza di autonomia, un regime di assistenza congiunta e complementare, la mamma sul versante dell’assistenza medico-sanitaria e il papà, commercialista, andato a vivere in un appartamento vicino alla casa già coniugale, sul versante della gestione patrimoniale. 

Si tratta quindi, se possibile, di ulteriore valore aggiunto al già inestimabile bene prezioso di poter validamente contare sul paritetico accudimento morale e materiale delle figure genitoriali. 

Le risultanze della puntuale istruttoria fanno emergere l’indubbia capacità dei ricorrenti di andare oltre le questioni personali per dare respiro ed attuazione alle esigenze del figlio e portano il giudice a concludere che interrompere questa esperienza, con la conseguenza di destabilizzare la delicata trama tessuta quotidianamente dai genitori, potrebbe essere un danno per il giovane.

La scelta migliore per lui è dunque affidarlo ai genitori nel ruolo di co-amministratori, scelta resa possibile dall’adattabilità dell’amministrazione di sostegno alle esigenze del caso concreto.

Al fine di declinare agevolmente la misura viene valorizzato l’apporto dato da ciascun genitore al progetto di vita che essi hanno condiviso e finora attuato a favore del figlio, secondo il modello organizzativo che ricalca quanto già consolidato ed operante nel tempo.

Il tutto racchiuso nel decreto che suggella, scegliendo con cura ed attenzione il linguaggio del diritto, una bellissima lezione d’amore.

Piccoli, grandi capolavori, possibili grazie all’applicazione attenta e scrupolosa del più straordinario istituto introdotto nel nostro ordinamento a protezione della fragilità.


 (1) Per il giudice genovese la richiesta, mossa “dall’esigenza di non far venire meno il rapporto bigenitoriale, pienamente instauratori con il figlio, che per quest’ultimo rappresenta una ricchezza emotiva indistinta che fa capo tanto all’uno quanto all’altro genitore“ era basata su valida motivazione “in quanto la presenza di due figure di amministratore di sostegno è sicuramente da favorire in casi, come questo, nei quali il beneficiario sia estremamente legato a varie figure familiari la cui esclusione, dal rapporto diretto con il beneficiario, potrebbe costituire un danno proprio per quest’ultimo.” (cfr. Tribunale Genova , Decreto 17/12/2015)


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