Diritto, procedura, esecuzione penale  -  Giuseppe Piccardo  -  14/10/2022

La violenza di genere tra mito e realtà

Nei miti greci gli dèi, per unirsi alle donne mortali, di regola si prendevano almeno il disturbo di rendersi visibili, assumendo qualche forma, umana o animale che fosse. Probabilmente lo faceva anche (o solo) per divertirsi (…) Le divinità romane, invece (…) apparivano sotto forma di fallo. (….) A Roma, insomma, le storie tra immortali e mortali non sono storie d’amore, sono semplici rapporti sessuali, di tipo assolutamente predatorio.”.
Così scrive la professoressa Eva Cantarella, nel suo saggio “ Gli amori degli altri”, edito per La Nave di Teseo nell’anno 2018, nel quale racconta trenta storie d’amore,  tra storia e mito.

La mitologia, come l’arte e la letteratura, possono aiutarci a comprendere meglio, tra l’altro come la violenza di genere  e il patriarcato siano fenomeni che arrivano da lontano, anzi da molto lontano; dagli albori della storia, ma anche dal mondo greco e romano, come dimostrano, tra l’altro, i più importanti miti classici, fondati molto spesso su storie di violenza e prevaricazione maschile sul genere femminile. Molti di questi miti sono stati rappresentati da grandi artisti in tutte le epoche, con scene che evocano proprio quanto descritto dalla professoressa Cantarella, vale a dire scene di violenza o rapporti sessuali che nulla hanno di sentimentale, in quanto essenzialmente di natura predatoria.

La gran parte dei miti greci sembra concentrarsi sulla discendenza nata, e di rado prendono in considerazione la conseguenza della violenza sulla donna che ne è vittima, mentre il mito romano tende a raccontare, con maggiore realismo, gli avvenimenti successivi; con riferimento, ad esempio, ad esempio, alle lotte tra Romani e Sabini, questi ultimi li combatterono  per riavere fisicamente, in senso proprio, le loro donne, ma la battaglia decisiva fu fermata dalle stesse donne rapite, che intervennero pregando  di non versare il sangue dei parenti dei propri figli. In altri casi, si trattava di matrimonio per rapimento, un costume praticato ancora oggi da alcune culture, in diverse parti del mondo. 

La cultura della prevaricazione di genere, dunque, è parte integrante della società occidentale da millenni, e forse per questo, ancora oggi, nonostante i grandi passi in vanti compiuto, stenta a scomparire del tutto.

Di seguito, una breve ricognizione delle storie mitologiche più significative, che confermano la tesi della professoressa Cantarella.

Persefone

Persefone, figlia di Demetra e Zeus, venne rapita dallo zio Ade, dio dell’oltretomba, che la portò negli inferi per sposarla, contro la sua volontà. Divenne madre di Agrianome. Una volta negli inferi, le venne offerta della frutta, ma mangiò senza appetito solo sei semi di melograno, ignorando che  chi avesse mangiato i frutti degli inferi sarebbe stato costretto a rimanervi per l’eternità.

Dafne

Dafne, per la sua bellezza fisica, attirò l’attenzione del dio Apollo. Dafne, rifiutò l’amore divino e  fuggì, ma  Apollo la inseguì ma poco prima di raggiungerla. La ragazza supplicò i genitori, il dio fluviale Ladone e la madre, la naiade Creusa, di salvarla.

Gli Dèi ascoltarono la preghiera e venne trasformata in pianta per sfuggire al suo “aggressore”.

Antiope

Antiope fu sedotta da Zeus  sotto le sembianze di satiro. Quando si accorse di essere incinta, per sfuggire alle ire del padre, si rifugiò  presso il re di Sicione, Epopeo  dove diede alla luce  i due gemelli Anfione e Zeto. Nitteo morì di dolore, lasciando l’incarico di andarla a riprendere al proprio fratello Lico. Questi fece guerra a Epopeo, lo uccise, riportò Antiope prigioniera a Tebe e ne abbandonò i figli sul monte Citerone. Antiope subì violenze e maltrattamenti dallo zio Lico e da Dirce sua moglie, ma riuscì a fuggire incontrando i figli che, a sua insaputa, erano sopravvissuti grazie ad un pastore che li aveva accuditi. Essi vendicarono la madre uccidendo Lico e Dirce. Dioniso per questo punì Antiope facendola impazzire. Fu poi rinsavita da Foco, figlio di Ornizione, che la sposò.

Andromaca

Andromaca fu rapita e portata a Troia per dare un figlio ad Ettore: era stata dunque costretta a sposarlo contro la sua volontà.

Europa

Europa era figlia di Agenore, re di Tiro.  Zeus se ne innamorò e inventò uno dei suoi  travestimenti: quello di un toro bianco, poi le si avvicinò e si stese ai suoi piedi. Europa salì sul dorso del toro, e questi la portò attraverso il mare fino all’isola di Creta.

Zeus rivelò quindi la sua vera identità e tentò di stuprarla, ma Europa oppose resistenza e  Zeus si trasformò quindi in aquila e riuscì a violentare Europa, che non riuscì ad opporsi a tale brutale atto.

Elettra

Zeus la stuprò, ma la fanciulla fuggì e cercò asilo gettandosi presso il prezioso simulacro. Tuttavia,  Zeus riuscì nel suo intento e la giovane rimase incinta. A seguito della violenza subita, del sangue vaginale cadde sulla statua, profanandola. La dea Atena, proprietaria del simulacro,  gettò il Palladio e la stessa Elettra sulla terra.

Egina

Sorella gemella di Tebe. Zeus se ne invaghì e la rapì. Un altro mito racconta che Egina, andando a caccia in un gelido giorno d’inverno, vide un insolito fuoco che ardeva su di un monte, cui si avvicinò per scaldarsi; ma tra le fiamme si celasse il Re degli Dei, Giove, il quale la stuprò.

Danae

Danae era la figlia di Acrisio e Aganippe, alla quale era stato predetto che il figlio da lei partorito avrebbe ucciso Acrisio. Il padre, temendo che la profezia si avverasse, la rinchiuse in prigione, ma Giove, trasformatisi in pioggia d’oro, ebbe un rapporto sessuale con Danae, dal quale nacque Perseo. Il padre, a causa dello scandalo, la rinchiuse insieme a Perseo in un cofano, che gettò in mare.

Rea Silvia

Rea Silvia,  una vestale e quindi vincolata al voto di castità, venne seppellita viva per ordine dello zio perché aveva violato il voto. Roma, dunque, nacque da un episodio di violenza e discriminazione di genere.

Lucrezia

Tito Livio nel “Ab urbe condita”, raccontò la storia di Lucrezia come esempio di virtù romana: stuprata da Tarquinio Sestio, Lucrezia raccontò della violenza subita al marito e  dal padre e non volendo vivere nel disonore, si trafisse il cuore davanti a loro, esortandoli a dimostrare la loro qualità di uomini nel vendicarla.

Polissena

Il Ratto di Polissena: la ragazza si trova costretta a cedere, contro la propria volontà, ad Achille per non meglio precisate “ragioni di stato” e trascorre quel che le resta da vivere (prima di essere uccisa da Neottolemo) in una sorta di pazzia.

Le Sabine

Il ratto delle Sabine è una fra le vicende più celebri della storia di Roma, rappresentata in moltissime opere d’arte.

Secondo la leggenda, Romolo, dopo aver fondato Roma, si rivolse alle popolazioni vicine per stringere alleanze e ottenere delle donne con cui procreare e popolare la futura città eterna.. Al rifiuto dei vicini rispose con l’organizzazione di un grande spettacolo per attirare gli abitanti della regione e rapire le loro donne.




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