1. In ambito contrattuale, l’espressione “termination” fa riferimento al rimedio (estremo) della cessazione del rapporto contrattuale per inadempimento in modo sicuramente più appropriato dell’espressione “risoluzione per inadempimento”, sia perché la cessazione del contratto non coincide, a ben vedere, con il venir meno, con la dissoluzione cioè, di qualunque rapporto tra le parti, sia perché l’espressione “termination” è neutra rispetto ai profili di retroattività (o meno) della cessazione, profili questi che, come si vedrà nel prosieguo, non trovano disciplina uniforme nei vari ordinamenti giuridici.
In questo campo, peraltro, tutti gli ordinamenti sono chiamati a bilanciare l’interesse del creditore ad essere liberato dalle sue obbligazioni contrattuali in caso di inadempimento della controparte e l’interesse del debitore a mantenere il rapporto contrattuale al fine di ottenere la prestazione dalla controparte.
Il punto di equilibrio tra i suddetti interessi viene trovato o nel prevedere, quale requisiti del rimedio risolutorio, che l’inadempimento sia fondamentale (PECL), o sufficientemente serio (ordinamento francese), o costituisca violazione di una condizione contrattuale, cioè di una clausola essenziale (ordinamento inglese), o si tratti di una “material non-performance” che continua “for a significant time” (ordinamento statunitense), o nel prevedere che il rimedio risolutorio sia disponibile solo dopo aver concesso infruttuosamente al debitore un periodo di tempo aggiuntivo per l’adempimento o per rimediare al difettoso adempimento (ordinamento tedesco).
2. La prima soluzione è quella adottata dall’articolo 9:301 dei PECL, che, al primo comma, prevede che “a party may terminate the contract if the other party’s non-performance is fundamental”, richiamando il concetto di inadempimento fondamentale previsto dal precedente articolo 8:103, secondo cui tale situazione ricorre quando il rigoroso rispetto di un’obbligazione contrattuale viene a costituire l’essenza stessa del contratto, o quando l’inadempimento priva nella sostanza il creditore dell’utilità che lo stesso era legittimato ad attendersi dal contratto, salvo che la controparte non avesse previsto né avrebbe potuto ragionevolmente prevedere tale risultato, o quando l’inadempimento è intenzionale ed induce ragionevolmente il creditore a ritenere di non poter più fare affidamento sul futuro adempimento della controparte: “a non-performance of an obligation is fundamental to the contract if: (a) strict compliance with the obligation is of the essence of the contract; or (b) the non-performance substantially deprives the aggrieved party of what it was entitled to expect under the contract, unless the other party did not foresee and could not reasonably have foreseen that result; or (c) the non-performance is intentional and gives the aggrieved party reason to believe that it cannot rely on the other party’s future performance”.
Proseguendo nell’esame della disciplina portata dai PECL, degno di nota è l’articolo 9:303, che, al primo comma, prevede che il diritto di una parte di risolvere il contratto in considerazione del fondamentale inadempimento della controparte deve essere esercitato mediante comunicazione, a forma libera, della prima parte all’altra parte, stabilendo, peraltro, al secondo comma, che la comunicazione deve essere data, a pena di decadenza, entro un tempo ragionevole dal momento in cui la prima parte è venuta a conoscenza, o avrebbe dovuto essere venuta a conoscenza, dell’inadempimento della controparte.
Al terzo comma del medesimo articolo si prevede, però, in modo piuttosto articolato, che se la prestazione di una parte non è stata resa entro il termine entro cui doveva essere adempiuta, nessuna comunicazione di risoluzione deve essere effettuata dal creditore prima che la parte inadempiente faccia offerta di adempimento tardivo.
Nel caso in cui la parte inadempiente faccia offerta di adempimento tardivo, il creditore perde il diritto di risolvere il contratto se non effettua la comunicazione della sua volontà di risolvere lo stesso entro un tempo ragionevole dal momento in cui è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere venuto a conoscenza dell’offerta di adempimento tardivo. Se, comunque, il creditore è conoscenza o ha ragione di sapere che la parte inadempiente intende effettuare offerta di adempimento tardivo entro un tempo ragionevole, ed omette irragionevolmente di comunicare alla parte inadempiente che non intende accettare un adempimento tardivo, perde il suo diritto di risolvere il contratto se la controparte fa, in effetti, offerta di adempimento tardivo entro un tempo ragionevole.
Di particolare importanza è, poi, l’articolo 9:304, che riconosce rilevanza al cosiddetto inadempimento anticipato o “anticipatory breach”, attribuendo al creditore la facoltà di risolvere il contratto ancor prima del termine fissato per l’adempimento della controparte, nei casi in cui è chiaro che vi sarà fondamentale inadempimento da parte di quest’ultima: “where prior to the time for performance by a party it is clear that there will be a fundamental non-performance by it the other party may terminate the contract”.
I PECL riconoscono, altresì, alla parte di un contratto a prestazioni corrispettive, alcune misure difensive che possono essere adottate prima dell’esercizio del rimedio risolutorio, e precisamente l’eccezione di inadempimento e la eccezione di incertezza dell’adempimento, prevedendo, all’articolo 9:201, che “a party who is to perform simultaneously with or after the other party may withhold performance until the other has tendered performance or has performed. The first party may withhold the whole of its performance or a part of it as may be reasonable in the circumstances. A party may similarly withhold performance for as long as it is clear that there will be a non-performance by the other party when the other party’s performance becomes due”.
3. Nell’ordinamento francese, la disciplina della risoluzione per inadempimento è stata profondamente modificata con la grande riforma del 2016, nella prospettiva di rendere, anche su questo punto, più agile e flessibile il diritto contrattuale francese e, conseguentemente, più attraente e competitivo nell’ambito dei rapporti commerciali internazionali.
Gli articoli rilevanti del code civil riformato vanno dall’articolo 1224 all’articolo 1230.
Secondo tale disciplina, la risoluzione per inadempimento può derivare sia dall’applicazione di una clausola risolutiva, sia, in caso di inadempimento “suffisamment grave”, da una “notification” del creditore al debitore, o da una pronuncia giudiziaria (art. 1224).
La clausola risolutiva deve precisare le obbligazioni (les engagements), il cui inadempimento determinerà la risoluzione del contratto, la quale rimane, peraltro, subordinata, ad una infruttuosa costituzione in mora, che menzioni espressamente la clausola risolutiva, a meno che non sia stato convenuto che la risoluzione derivi dal solo fatto dell’inadempimento (art. 1225).
Con riguardo alla risoluzione per dichiarazione unilaterale del creditore in caso di inadempimento “suffisamment grave” ed in assenza di clausola risolutiva, si prevede che il creditore può, a suo rischio e pericolo, risolvere il contratto mediante comunicazione scritta nella forma della notifica (“par voie de notification”), che, salvo il caso di urgenza, deve costituire in mora il debitore, intimandogli di adempiere la prestazione non resa entro un tempo ragionevole, menzionando espressamente che, in mancaza di adempimento, il creditore avrà diritto di risolvere il contratto.
Persistendo l’inadempimento, il creditore può notificare al debitore la risoluzione del contratto e le ragioni che la motivano.
Il debitore può, peraltro, “à tout moment”, adire il giudice e contestare la risoluzione, gravando, in tal caso, sul creditore l’onere di provare la gravità dell’inadempimento (art. 1226).
Con riguardo alla risoluzione per pronuncia giudiziaria, si stabilisce, all’articolo 1227, che la risoluzione può, in ogni caso, essere chiesta al giudice, così come previsto dal previgente articolo 1184, ultimo comma.
Costituisce orientamento consolidato, formatosi sotto il vigore della formulazione normativa previgente, sostanzialmente corrispondente sul punto a quella attuale, che la previsione della risoluzione per pronuncia giudiziale “n’est pas d’ordre public et un contractant peut renoncer par avance au droit de demander la résolution judiciaire du contrat”.
Il giudice adito, peraltro, non è vincolato alle richieste o contestazioni della parte attrice (e della parte convenuta), ma può, secondo le circostanze, constatare (in caso di risoluzione avvenuta stragiudizialmente) o pronunciare la risoluzione, oppure mantenere in vigore il contratto ed ordinarne l’esecuzione, accordando eventualmente una dilazione al debitore, oppure riconoscere soltanto il risarcimento dei danni e degli interessi (art. 1228).
Questa ampia discrezionalità riconosciuta al giudice costituisce (unitamente, ma in misura meno significativa, alla risoluzione per dichiarazione unilaterale del creditore, sostanzialmente corrispondente al meccanismo risolutorio della diffida ad adempiere dell’ordinamento italiano) la vera e più importante innovazione sul punto portata dalla grande riforma del 2016, che dimostra una tendenza verso una maggiore flessibilità della regolamentazione giuridica, combinata con il riconoscimento al giudice di una maggiore discrezionalità “selon les circonstances”, nella prospettiva di meglio coniugare i valori, sempre concorrenti in ogni vicenda, di libertà e giustizia contrattuale.
Anche l’ordinamento francese conosce la possibilità di opporre l’eccezione di inadempimento, prevista dall’articolo 1219 code civil, secondo cui “une partie peut refuser d’exécuter son obligation, alors même que celle-ci est exigible, si l’autre n’exécute pas la sienne et si cette inexécution est suffisamment grave”, così come ammette l’eccezione di sospensione dell’adempimento per la manifesta prevedibilità dell’inadempimento della controparte, disciplinata dall’articolo 1220 code civil, secondo il quale “une partie peut suspendre l’exécution de son obligation dès lors qu’il est manifeste que son cocontractant ne s’exécutera pas à l’échéance et que les conséquences de cette inexécution sont suffisamment graves pour elle. Cette suspension doit être notifiée dans les meilleurs délais”.
La formulazione di quest’ultima norma, che consente ad una parte, in caso di manifesta prevedibilità dell’inadempimento della controparte, unicamente di sospendere la propria prestazione, e non anche di risolvere il contratto, non consente, peraltro, di ritenere rilevante per l’ordinamento francese, a fini risolutori, situazioni di anticipatory breach.
4. Nell’ordinamento inglese, si distingue tra termini contrattuali essenziali (“conditions”), la cui violazione da parte del debitore dà diritto al creditore di risolvere il contratto mediante semplice comunicazione, a forma libera, di tale intento al debitore; e termini contrattuali non essenziali (“warranties”), la cui violazione consente al creditore di avanzare unicamente una richiesta di risarcimento dei danni.
Talvolta è la stessa legge che qualifica un termine implied in law come condition, come nel caso del Sale of Goods Act, 1979, che, alle sezioni 12-15, qualifica come conditions gli implied terms, secondo cui i beni venduti devono essere di qualità soddisfacente (“satisfactory”), idonei allo scopo, e conformi alla descrizione indicata.
Quando ciò non accade la distinzione tra conditions e warranties si risolve in una questione di interpretazione del contenuto contrattuale, in cui ha centrale importanza l’uso delle corrispondenti espressioni, sempre che l’attribuzione a tali espressioni delle correlative conseguenze non conduca a risultati irragionevoli, nel qual caso occorre verificare, prima di confermare tale attribuzione, se dal contesto delle clausole contrattuali è possibile attribuire un altro significato all’espressione utilizzata.
Si riconosce, peraltro, alle parti ampia autonomia nel considerare essenziale una particolare obbligazione facente parte del contenuto contrattuale, anche facendo uso di un innominate term, come si ricava dal caso Hong Kong Fir Shipping Co. v Kawasaki Kisen Kaisha, 1962, in cui è stato affermato che “it is open to the parties to a contract to make it clear expressly or by necessary implication that a particular stipulation is to be regarded as a condition which goes to the root of the contract, so that it is clear that the parties contemplate that any breach of it entitles the other party at once to treat the contract as at an end”.
Nell’ordinamento inglese, che ammette, sia l’eccezione di inadempimento, sia la defence of uncertainty, è stata, inoltre, da tempo riconosciuta anche la rilevanza dell’anticipatory breach, in particolare quando una parte comunica all’altra parte di non potere o di non voler dare esecuzione alle condizioni contrattuali convenute, nel qual caso il creditore può risolvere immediatamente il contratto e chiedere il risarcimento dei danni, oppure può scegliere di attendere fino alla scadenza del termine per l’adempimento, precisandosi, peraltro, che tale scelta potrebbe risultare pregiudizievole per il creditore, lasciandolo senza rimedi, qualora sopraggiungano, nel frattempo, eventi che determinino la frustration del contratto.
5. Negli Stati Uniti la giurisprudenza non conosce la distinzione, tipica del diritto inglese, tra conditions, la cui violazione autorizza la controparte alla immediata risoluzione del contratto, e warranties, la cui violazione dà diritto soltanto al risarcimento dei danni, ma piuttosto pone attenzione “on the magnitude of the breach and not on the significance of the term”.
Le corti americane, infatti, sono solite intendere l’adempimento sostanziale (substantial performance) di ciascuna parte alle sue obbligazioni come una condizione implicita dell’obbligazione di adempimento della controparte, di guisa che, se l’inadempimento (non-performance) di una parte è sufficientemente significativo da poter essere considerato importante (material), esso autorizza, quanto meno, la controparte ad invocare l’applicazione della condizione implicita di adempimento e, pertanto, a sospendere l’adempimento della propria prestazione, dando alla parte inadempiente la possibilità di rimediare al proprio inadempimento, persistendo il quale per un tempo significativo, la controparte potrà risolvere il contratto.
Con riguardo ai fattori da tenere in considerazione al fine di stabilire quando l’inadempimento di una parte possa considerarsi sufficientemente significativo da poter essere considerato importante (material), il § 241 del Restatement (Second) of Contracts considera, tra gli altri,
“(a) the extent to which the injured party will be deprived of the benefit which he reasonably expected; …
(e) the extent to which the behavior of the party failing to perform or to offer to perform comports with standards of good faith and fair dealing”.
Tra i fattori da tenere in considerazione al fine di determinare il tempo da concedere alla parte in breach per rimediare al suo inadempimento materiale, particolarmente significativi sono, oltre a quelli indicati nel § 241 del Restatement (Second) of Contracts, tra cui “(d) the likelihood that the party failing to perform or to offer to perform will cure his failure, taking account of all the circumstances including any reasonable assurances”, anche quello indicato alla lettera b) del successivo § 242, vale a dire “the extent to which it reasonably appears to the injured party that delay may prevent or hinder him in making reasonable substitute arrangements”.
Anche nell’ordinamento statunitense trova, quindi, come già anticipato, applicazione la dottrina dell’anticipatory breach, come recepita dalla disciplina portata dai §§ 251 e 253 del Restatement (Second) of Contracts e dai §§ 2-609 e 2-610 dell’Uniform Commercial Code, secondo la quale la semplice fondata insicurezza sul futuro adempimento di una parte attribuisce alla controparte il diritto di chiedere alla prima adeguate assicurazioni di adempimento, sospendendo, nel frattempo, qualora ciò sia ragionevole, l’esecuzione della propria prestazione, e, nel caso in cui non vengano fornite adeguate assicurazioni di adempimento, di risolvere il contratto, dichiarandolo repudiated.
6. Nell’ordinamento tedesco, la disciplina della risoluzione per inadempimento è contenuta nei §§ 323 e 324 del BGB. In base al § 323, se, in un contratto a prestazioni corrispettive, una delle parti non adempie la propria prestazione o non la adempie conformemente a quanto convenuto in contratto, la controparte può risolvere il contratto se ha fissato infruttuosamente un congruo periodo aggiuntivo di tempo per l’adempimento o per rimediare al difettoso adempimento.
Non occorre, però, fissare un periodo aggiuntivo di tempo se il debitore ha rifiutato in modo serio e definitivo l’adempimento, ovvero se il debitore non rispetta la data o il periodo di tempo fissati nel contratto per l’adempimento e dallo stesso contratto risulta che l’interesse del creditore alla prestazione dipende dalla puntualità della stessa, ovvero se vi sono speciali circostanze (“besondere Umstände vorliegen”) che, nel bilanciamento degli interessi di entrambe le parti (“unter Abwägung der beiderseitigen Interessen”), giustificano l’immediata risoluzione del contratto. Se la natura dell’inadempimento è tale che non è possibile fissare un periodo aggiuntivo di tempo per l’adempimento, al posto del periodo aggiuntivo di tempo il creditore deve comunicare un avvertimento (“Abmahnung”).
Il creditore, peraltro, può risolvere il contratto ancora prima del tempo in cui la prestazione è dovuta, se risulta ovvio che si verificheranno i requisiti previsti per la risoluzione per inadempimento.
Se il debitore ha adempiuto parzialmente, il creditore può risolvere il contratto soltanto se non ha interesse ad un adempimento parziale.
Se il debitore non ha adempiuto in modo conforme a quanto previsto in contratto, il creditore non può risolvere il contratto se la violazione contrattuale è insignificante.
Il creditore non può risolvere il contratto se lo stesso creditore può considerarsi responsabile in modo esclusivo o largamente prevalente del mancato adempimento del debitore o se il fatto non imputabile al debitore, che determina il suo inadempimento, sopraggiunge alla mora del creditore nell’accettare la prestazione del debitore.
Secondo quanto previsto dal § 324 BGB, se in un contratto a prestazioni corrispettive una parte si rende inadempiente rispetto ad uno dei doveri accessori e secondari di protezione previsti dal secondo comma del § 241 (secondo cui il rapporto obbligatorio può obbligare ciascuna parte al rispetto dei diritti, dei beni giuridici e degli interessi dell’altra parte), la controparte può risolvere il contratto qualora non sia possibile ragionevolmente aspettarsi che la stessa intenda rimanervi legata.
La caratteristica distintiva della disciplina dell’ordinamento tedesco in tema di risoluzione per inadempimento è, da un lato, quella del requisito della fissazione di un periodo aggiuntivo di tempo per l’adempimento, salve le tre ipotesi previste in cui non si richiede la fissazione di tale periodo aggiuntivo, tra le quali ipotesi risalta la discrezionalità concessa al giudice nel bilanciare gli interessi delle parti nella ricorrenza di speciali circostanze, e, dall’altro lato, la minore rilevanza assunta dalla valutazione della gravità dell’inadempimento, richiedendosi unicamente che, in caso di difetto di conformità della prestazione resa, la violazione contrattuale non sia insignificante.
L’ordinamento tedesco riconosce, altresì, le eccezioni di inadempimento e di incertezza dell’adempimento ai §§ 320 e 321 del BGB. Con riguardo al § 320 (eccezione di inadempimento), degno di nota è il secondo comma, secondo cui, se una parte ha eseguito parzialmente la sua prestazione, la controprestazione non può essere rifiutata qualora tale rifiuto, secondo le circostanze, violerebbe il principio di buona fede, in particolare tenuto conto della relativa insignificanza della parte rimanente della prestazione ancora da adempiere.
Con riguardo al § 321 (eccezione di incertezza), possono riscontrarsi delle analogie con il meccanismo dell’anticipatory breach dell’ordinamento statunitense, dal momento che è prevista la possibilità per il creditore di un contratto a prestazioni corrispettive, obbligato ad eseguire per primo la propria prestazione, nella ricorrenza del presupposto infra evidenziato, non solo di rifiutare di eseguire la stessa, ma anche di fissare alla controparte un congruo termine entro cui prestare garanzia, trascorso infruttuosamente il quale il creditore può risolvere il contratto.
La differenza rispetto al meccanismo operativo dell’anticipatory breach dell’ordinamento statunitense consiste nel fatto che, in quest’ultimo ordinamento, il meccanismo è attivato dalla semplice fondata incertezza dell’adempimento atteso, mentre nell’ordinamento tedesco il rifiuto dell’adempimento da parte del creditore di un contratto a prestazioni corrispettive obbligato ad eseguire per primo la propria prestazione è, in modo più restrittivo, consentito soltanto quando è evidente che la sua pretesa alla controprestazione è messa a rischio dalla mancanza di capacità ad adempiere della sua controparte.
7. Con riguardo agli effetti della risoluzione per inadempimento nei vari ordinamenti, costituisce principio comune che la risoluzione non è compatibile con la pretesa all’adempimento del contratto, mentre lo è con la pretesa al risarcimento del danno; assai chiaro, da questo punto di vista, è l’ultimo comma dell’articolo 1217 del code civil, secondo cui “les sanctions qui ne sont pas incompatibles peuvent être cumulées; des dommages et intérêts peuvent toujours s’y ajouter.”
Altro principio comune ai vari ordinamenti è quello secondo cui la risoluzione libera entrambe le parti dalle rispettive obbligazioni di rendere e ricevere le prestazioni contrattuali, secondo quanto risulta chiaramente affermato dall’articolo 9:305 (primo comma, prima parte) dei PECL, per il quale “termination of the contract releases both parties from their obligation to effect and to receive future performance”.
Qualora una delle parti avesse già eseguito, in tutto o in parte, la propria prestazione, si distinguono varie possibili situazioni.
L’acquirente che abbia pagato in tutto o in parte il prezzo di una prestazione non ricevuta o legittimamente rifiutata ha il diritto di recuperare le somme versate, come chiaramente affermato dall’art. 9:307 del PECL, per il quale “on termination of the contract a party may recover money paid for a performance which it did not receive or which it properly rejected.”
Più complesso è il caso in cui sia il venditore ad aver adempiuto alla sua prestazione e consegnato il bene.
A fronte di ordinamenti, come quello italiano, spagnolo, bulgaro e belga, che attribuiscono alla risoluzione un effetto retroattivo, con la conseguenza che per tali ordinamenti, a seguito della risoluzione, il bene venduto (e consegnato) ritorna automaticamente di proprietà del venditore (sempre che non si sia già confuso con beni dello stesso genere presenti nel patrimonio del compratore e salvi i diritti dei terzi), vi sono altri ordinamenti, come quello francese, tedesco, inglese, olandese, che non attribuiscono efficacia retroattiva alla risoluzione con la conseguenza che il bene venduto (e consegnato) rimane di proprietà dell’acquirente, il quale è però obbligato a ritrasferirlo (e restituirlo) al venditore, come previsto dall’articolo 1229 del code civil, dal § 346 del BGB, e come anche affermato dall’articolo 9:308 dei PECL.
Rimane, comunque, salva la possibilità di prevedere, anche nell’ambito di quegli ordinamenti che non riconoscono efficacia retroattiva alla risoluzione, una clausola di riserva di proprietà o “retention of title clause”, secondo cui la proprietà del bene venduto rimane al venditore fino al momento in cui il compratore non abbia pagato per intero il prezzo convenuto.
Particolare è la disciplina prevista dal § 373 del Restatement (Second) of Contracts, secondo cui: “(1) Subject to the rule stated in Subsection (2), on a breach by non-performance that gives rise to a claim for damages for total breach or on a repudiation, the injured party is entitled to restitution for any benefit that he has conferred on the other party by way of part performance or reliance. (2) The injured party has no right to restitution if he has performed all of his duties under the contract and no performance by the other party remains due other than payment of a definite sum of money for that performance”.
Altra ipotesi da considerare è quella in cui la restituzione sia, comunque, impossibile come nel caso della prestazione di servizi, situazione nella quale oggetto della restituzione viene ad essere il valore della prestazione resa, come espressamente previsto dal § 346 (2) del BGB, dall’articolo 1352-8 del code civil, secondo cui “la restitution d’une prestation de service a lieu en valeur. Celle-ci est appréciée à la date à laquelle elle a été fournie”, e dall’art. 9:309 dei PECL, secondo cui “on termination of the contract a party who has rendered a performance which cannot be returned and for which it has not received payment or other counter-performance may recover a reasonable amount for the value of the performance to the other party”.
Nei contratti di durata, ad esecuzione continuata o periodica, non può che valere, per tutti gli ordinamenti, il principio secondo cui la risoluzione non tocca il periodo in cui il contratto ha avuto regolare esecuzione, come chiaramente affermato dall’articolo 1229, comma terzo, del code civil, secondo cui “il n ‘y a pas lieu à restitution pour la période antérieure à la dernière prestation n’ayant pas reçu sa contrepartie; dans ce cas, la résolution est qualifiée de résiliation”.
Può, infine, darsi il caso in cui l’esecuzione del contratto possa suddividersi in parti separate: in tale ipotesi, se una parte della prestazione rimane inadempiuta ed a tale parte può farsi corrispondere una proporzionale parte della controprestazione, la risoluzione del contratto sarà solo parziale, a meno che la parte inadempiuta della prestazione rivesta una importanza fondamentale per il contratto considerato nel suo insieme, come espressamente dispone l’articolo 9:302 dei PECL.
In allegato l'articolo integrale con note.
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