Il 7 settembre scorso, la Camera dei Deputati ha licenziato, in via definitiva, il nuovo disegno di legge, che interviene sul grave fenomeno dei femminicidi, un problema sociale e strutturale che, purtroppo, ancora una volta, trasversalmente, viene trattato come una questione emergenziale, da trattare come tale.
Dagli organi di stampa si apprende che il disegno di legge suddetto modifica la legge n. 69/2019 (il c.d. “Codice rosso””) e il decreto legislativo numero 106 del 2006 (disposizione relative alla riorganizzazione dell’ufficio del PM), con una serie di misure finalizzate all’immediato intervento degli uffici giudiziari preposti ad intervenire nei casi di denuncia di violenza domestica o di genere.
In particolare, viene previsto l’obbligo per il PM di assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato, nel termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato. Inoltre, qualora il magistrato designato per le indagini non abbia rispettato il termine, il procuratore della Repubblica potrà revocare l’assegnazione e assumere, immediatamente, tutte le informazioni e le notizie utili, dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia, direttamente o tramite assegnazione a un altro magistrato dell’ufficio, che possa intervenire con la dovuta tempestività.
Al fine di poter verificare l’efficacia della nuova disciplina, è previsto che il procuratore generale presso la Corte d’appello acquisisca, trimestralmente, i dati sul rispetto del termine dei tre giorni e invii al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno semestrale.
Le nuove disposizioni approvate, che attendiamo di leggere come testo ufficiale, seppur dettate da un concreto interesse per il contrasto alla violenza contro le donne, non sembrano, da sole, poter essere sufficienti, a reprimere questo grave fenomeno sociale, in quanto a ridottissimo spettro applicativo.
I recenti interventi della CEDU hanno dimostrato che, sotto il profilo giuridico, occorra una formazione specifica per gli operatori del diritto, che spesso manca, così come uffici giudiziari che possano, concretamente, agire celermente, come necessario in questi casi, con strutture adeguate sia sotto il profilo organizzativo, che sotto il profilo della effettiva preparazione sul tema, con procuratori e giudici specializzati che si occupino della materia in modo pressochè esclusivo come avviene solamente negli uffici giudiziari di maggiori dimensioni.
Dai quotidiani si apprende, altresì, che sono allo studio ulteriori misure governative per il contrasto alla violenza di genere, che riguarderanno, in particolare, la questione della tutela preventiva delle vittime di violenza, soprattutto in caso di denuncia.
Le iniziative delle quali si è dato conto sono sicuramente da salutare con favore, per le ragioni sopra espresse, ma ancora una volta bisogna evidenziare che solo considerando il problema come strutturale, e non soltanto emergenziale, con interventi che fanno seguito a ottanta femminicidi dall’inizio dell’anno, si potrà pensare di vedere un cambio di passo significativo sul contrasto alla violenza domestica e di genere.
A quanto sopra, dovrà affiancarsi un processo di educazione alla parità di genere, alla proposizione di modelli, maschili e femminili positivi per le nuove generazioni e di opportunità di crescita personale e professionale per i giovani, in quanto non è solo con la legge e il diritto che si può pensare ad una società nella quale la violenza contro le donne sia solo un lontano, sbiadito e triste ricordo.
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