Ciò che rende il sofferente “psichico” tanto più esposto alle insidie circostanti, rispetto a chi subisca lesioni soltanto “fisiche”, è l’intreccio – a 360° - lungo cui la sua condizione appare smorta, infelice.
Sotto ogni angolo della responsabilità, ben più che nell’altra ipotesi.
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“SPESE DI CURA” - Solo in parte neutralizzabili qui, i guasti di partenza, quasi per definizione. Gli psicofarmaci si presentano costosi, zeppi di effetti collaterali, a volte imprescindibili (neppur sempre riconosciuti dal Servizio Sanitario); l’assistenza privata è tra le più onerose, azzardate; le psicoterapie, quand’anche fondate a livello tecnico, si annunciano ardue, interminabili.
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“GESTIONE DEI BENI PERSONALI” - Chi accusi difficoltà di quel tipo non brillerà, di regola, per conoscenza del mercato, astuzie finanziarie. Giocherà a carte scoperte quando non dovrebbe, sarà smemorato nelle trattative; poco sensibile ai risvolti fiscali, amministrativi, impacciato nei rapporti con banche, indiscreto circa i propri segreti.
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“LAVORO” – Vicine allo zero le occasioni d’inserimento, per un fragile psichico; alti i rischi di essere demansionato, messo fuori, posto in cassa integrazione. Il collocamento obbligatorio come se non esistesse. Il binomio follia-genio destinato a confermarsi, ancora una volta, poco più che una fiaba, adatta al giorno di Natale; come provano le biografie di artisti e scienziati i quali mostrano dopo lo sprofondamento nel “buio mentale” - Van Gogh, Poe, Schumann, Ezra Pound, Dino Campana, John Nash, Sylvia Plath - di aver realizzato poco o nulla.
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“BONTÀ DEL RISARCIMENTO” – Pur inidoneo a restituire la salute mentale (perduta o mai sbocciata abbastanza), il denaro varrà a innalzare di solito, nelle giornate dell’offeso, non pochi standard. Accesso a cure sofisticate, case nuove in cui abitare, porte aperte con i medici; rimborsi agli amici che verranno a fare visita, attività culturali di supporto, fiori freschi ogni mattina.