L’affidamento condiviso dei figli non dura in modo automatico fino alla loro maggiore età: in alcuni casi il giudice della separazione può ritenere l’affido esclusivo la soluzione di maggior tutela per i minori.
L’affidamento condiviso non è ‘per sempre’. In presenza di una situazione di possibile pregiudizio per il minore oppure di una accertata incapacità genitoriale (colpevole o incolpevole) nel prendersi cura dei figli, il giudice può disporre l’affidamento esclusivo.
Cerchiamo di capire, in questa breve guida, perché e quando questo può accadere.
Affidamento e collocamento: facciamo chiarezza
Capita non di rado, parlando con genitori separati (più spesso le madri) di sentir dire loro che, con la separazione, hanno avuto l’affidamento esclusivo dei figli, salvo poi scoprire che con questa espressione non si riferiscono all’ affidamento bensì al collocamento.
E’ bene allora fare, in prima battuta, una distinzione.
Con il termine ‘affidamento’ deve intendersi il diritto e dovere attribuito ai genitori di assumere decisioni relative alla vita dei figli, mentre con il termine ‘collocamento’ o ‘allocazione’ ci si riferisce al diritto attribuito ad un genitore, dopo la separazione, di risiedere abitualmente con la prole nell’immobile che, nella maggior parte dei casi (ma non necessariamente), ha costituito dal luogo in cui si è svolta la vita della famiglia quando questa era unita.
Può ben darsi, dunque, che un genitore, pur essendo quello collocatario del figlio (in quanto vive stabilmente con quest’ultimo), non ne abbia però l’affidamento esclusivo. Anzi, possiamo dire che tale condizione è quella che rappresenta la regola.
Con la separazione dei genitori, infatti, l’ affidamento condiviso rappresenta la normale modalità di gestione della vita dei figli; modalità che si sostanzia nel diritto di esercitare in modo congiunto la responsabilità (un tempo, potestà) genitoriale e, per l’effetto, condividerne le decisioni di maggiore importanza, tenendo conto delle loro capacità, aspirazioni e inclinazioni naturali [1]. Decisioni che possono riguardare aspetti come la salute (per es. la autorizzazione ad una vaccinazione), l’istruzione (si pensi alla scelta della scuola da frequentare) e tutte le questioni più o meno importanti inerenti la vita e l’educazione dei figli (come quelle sulla religione, lo sport o il tempo libero) e che, quando relative a piccoli aspetti della quotidianità potranno (anzi, dovranno) essere assunte dal singolo genitore (c.d. turnario) nel periodo che trascorre con il figlio (si pensi alle scelte sulla alimentazione, le località da frequentare, l’abbigliamento da indossare, ecc…).
Ci sono, tuttavia, condotte dei genitori, colpevoli e incolpevoli, per effetto delle quali è possibile perdere l’affidamento dei figli.
Che cos’è l’affidamento esclusivo?
Prima di esaminare i casi che possono determinare l’affido della prole a un solo genitore o a terzi (per es. i servizi sociali), è bene chiarire cosa si intende per affidamento esclusivo.
Si commette spesso l’errore di pensare che l’ affidamento esclusivo dei figli implichi il diritto del genitore di poter fare qualsiasi scelta riguardante la vita dei figli senza doverne rendere conto all’altro genitore o al giudice. In realtà questa libertà non è assoluta in quanto, anche in caso di affido esclusivo, il genitore affidatario deve attenersi alle condizioni determinate dal magistrato e favorire i rapporti dei figli con l’altro genitore. Entrambi i genitori, inoltre, conservano la responsabilità genitoriale, dovendo assumere insieme quelle le decisioni di maggiore importanza (relative a educazione, salute e istruzione) della vita dei minori; responsabilità che può essere revocata o limitata solo in presenza di particolari casi.
Anche in caso di affido esclusivo, inoltre, il genitore non affidatario ha il diritto di rivolgersi al giudice quando ritenga che l’altro abbia assunto decisioni pregiudizievoli all’interesse dei figli, rispetto ai quali comunque, egli conserva un pieno diritto di frequentazione con i tempi e i modi stabiliti dal giudice.
Affidamento condiviso dei figli: quando si può perdere?
Se però l’affidamento condiviso deve intendersi la forma ordinaria di affidamento, essa tuttavia non è necessariamente destinata a durare per sempre o, almeno, fino a alla maggiore età dei figli.
Il giudice della famiglia, infatti, può in qualsiasi momento disporre l’affido esclusivo del minore se ritiene che quello condiviso possa in qualche modo determinarne un pregiudizio.
Così formulata, ben potrebbe obiettarsi, la condizione appare piuttosto generica.
In effetti, però, non esiste una specifica norma a dettare un elenco dei casi in cui va disposto l’affido esclusivo o la revoca dell’affidamento condiviso in favore di quello esclusivo. La valutazione va sempre fatta caso per caso.
Vi sono però pronunce significative che possono aiutare a comprendere quali situazioni possono rappresentare un campanello d’allarme.
Una di queste è certamente un recente provvedimento della Corte dì Appello di Milano [2] che indica due casi che, tanto più se concomitanti, possono giustificare l’affidamento esclusivo.
La Corte ha infatti chiarito che in presenza di un alto livello di conflittualità ed una pressoché totale incomunicabilità tra le parti, la comune gestione del minore ad entrambi i genitori non è concretamente ipotizzabile, sicchè l’ affidamento esclusivo si rivela come la soluzione di maggior tutela nei confronti del minore anche per impedire la paralisi delle decisioni di vita e la gestione delle questioni quotidiane che lo riguardano. A tal fine, al genitore affidatario andranno attribuite tutte le decisioni in ordine a salute, istruzione, educazione in quanto, in ragione della insanabile frattura tra le parti, tale soluzione è l’unica in concreto utile al fine di garantire stabilità e benessere alla prole.
E’ bene però chiarire che non può essere la semplice conflittualità tra i genitori a giustificare l’affidamento ad uno solo di loro, in quanto il conflitto esiste nella maggior parte delle crisi familiari e, pertanto, così facendo, si rischierebbe di far diventare tale forma di affido esclusivo la regola, anzichè l’eccezione. Attenzione però a non strumentalizzare il conflitto per ottenere l’affidamento perché questo potrebbe portare effetti boomerang per quel genitore, il quale potrà non solo rischiare di perdere l’affidamento, ma anche di essere ammonito dal giudice o venire condannato ad un risarcimento.
Tuttavia, il costante orientamento di tribunali e corti è quello di propendere per l’affido esclusivo quando il conflitto sia elevato e insanabile poiché in tali casi, per dare concreta attuazione all’affidamento condiviso sarebbe necessaria una comunità d’intenti rispetto al progetto educativo dei figli che difficilmente potrebbe essere attuato in concreto.
La limitazione della responsabilità derivante dall’affidamento esclusivo può inoltre trovare una motivazione ancor più forte nel caso in cui vi sia distanza tra le residenze dei due genitori, poiché –sottolinea la Corte meneghina – questa non permette la concreta attuazione del contenuto tipico dell’ affidamento condiviso, costituita dall' “indispensabile paritetica corresponsabilità e compartecipazione alla cura, all'educazione e all'istruzione del minore”.
Altra circostanza che può determinare la perdita dell’affido condiviso è data dal disinteresse mostrato da uno dei genitori alla vita dei figli; disinteresse che può concretizzarsi non solo, sotto il profilo strettamente materiale, nel mancato versamento degli alimenti stabiliti dal giudice, ma anche in quello della mancata partecipazione alla vita dei figli, la mancata conoscenza dei loro bisogni e problemi, la assenza di cure e attenzioni. Comportamenti (omissivi) questi rispetto ai quali i giudici hanno parlato più volte di affidamento superesclusivo [3]. Una forma di affidamento che, di fatto, concentra sul solo genitore affidatario l’esercizio della responsabilità genitoriale; in tal modo, onde evitare che la rappresentanza degli interessi della prole possa essere pregiudicata anche con riferimento a questioni di particolare importanza (come quelle sulla educazione, salute e istruzione) queste devono essere prese solo dal genitore affidatario.
Una situazione delicata e peculiare è quella in cui sia il figlio a rifiutare la frequentazione di uno dei genitori. In questi casi, seppure si è soliti attivare strategie finalizzate al recupero di tali rapporti attraverso, ad es., l’intervento dei servizi sociali, è tuttavia possibile che il giudice si pronunci in favore dell’affidamento esclusivo al genitore con cui il figlio mantiene la relazione; ciò, in ragione della impossibilità di forzare la volontà del minore [4]. Si tratta in ogni caso di una ipotesi piuttosto rara.
Il giudice può inoltre disporre l’affidamento esclusivo in presenza di patologie psichiche di particolare gravità tali da poter pregiudicare il benessere dei figli: si pensi a disturbi della personalità che abbiano come espressione la aggressività del genitore o la più generale incapacità di essere presenti a se stessi [5].
Per la stessa ragione, può essere disposto l’affido esclusivo in presenza di situazioni oggettive in cui, a causa di propri comportamenti colposi, un genitore sia imputato in un procedimento penale, ad es. per il reato di maltrattamenti o quando sia affetto da gravi dipendenze, come l’uso di droghe o l’abuso di alcolici [6].
Questi sono solo alcuni esempi di situazioni che possono determinare la decisione dell’affidamento esclusivo da parte del giudice, il quale – è bene ribadirlo – dovrà ogni volta effettuare una valutazione caso per caso spiegando sempre il motivo che gli abbia fatto ritenere uno dei genitori inidoneo al proprio ruolo educativo escludendolo dal pieno esercizio della responsabilità sui figli, secondo il c.d. criterio della ‘motivazione in negativo’[7].
No agli accordi dei genitori sull’affido esclusivo
Da quanto sin d’ora spiegato, è facile comprendere che quella dell’affidamento esclusivo dei figli non è una libera scelta dei genitori, i quali pertanto non potranno accordarsi affinché l’affidamento sia attribuito ad uno solo di loro. Il diritto alla bigenitorialità (ossia a ricevere cura e assistenza morale e materiale da entrambi i genitori) è infatti, prima di tutto, un diritto del figlio minore e non può essere oggetto di revoca o modifica da parte dei genitori.
Anche quindi nei casi in cui i genitori spieghino e dimostrino al giudice, nei loro eventuali accordi, le ragioni alla base di una loro concordata scelta di affido esclusivo in favore di solo uno di loro, l’ultima parola spetterà sempre e soltanto al magistrato.
[1] Art. 337 cod. civ.
[2] C.A. Milano, decr. 9.5.2023.
[3] Trib. Milano, sent. n. 2992/2023.
[4] Cass. sent. n. 18867/2011.
[5] Trib. Verona, decr. 24.4.2023 n. 2726.
[6] Trib. Trieste, 12.5.2020.
[7] Cass. sent. n. 9632/15.