In materia di infezioni contratte durante il ricovero ospedaliero, è importante comprendere i confini dell’onere probatorio che incombe sulla struttura sanitaria e, di conseguenza, quando sussiste il diritto del danneggiato di ottenere il risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.
Recentemente, la Suprema Corte è intervenuta con la sentenza n. 16900 del 13 giugno 2023 a delimitare i confini del suddetto onere probatorio. Più precisamente, si tratta di una sentenza che offre delle coordinate fondamentali agli operatori del diritto che si occupano di richieste risarcitorie.
IL CASO AL VAGLIO DELLA SUPREMA CORTE. I genitori convenivano, dinanzi il Tribunale di Bergamo, l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale Papa Giovanni XXIII per ottenere la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza della morte del loro figlio, avvenuta a causa del processo infettivo provocato dal batterio “Serratia Marcescens”, contratto dal neonato nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale.
Il giudice di prime cure rigettava la domanda risarcitoria ritenendo, sulla base delle risultanze del procedimento penale - svolto separatamente e conclusosi con l’archiviazione della notizia di reato - che fossero stati rispettati da parte del nosocomio gli ordinari standard di prevenzione delle infezioni ospedaliere. Tuttavia, la Corte d’Appello, a seguito della proposizione del gravame, accoglieva la domanda attorea e condannava l’azienda ospedaliera al risarcimento dei danni in favore dei genitori del neonato, liquidati in euro 180.000,00 per ciascuno, oltre agli interessi legali. Evidenziava, infatti, la Corte d’Appello che dalle risultanze del separato procedimento penale era emerso che l’infezione aveva certamente avuto origine nosocomiale e che la struttura non aveva compiutamente adempiuto l’onere
probatorio su di lei gravante e avente ad oggetto la dimostrazione di aver posto in essere e rispettato le più idonee ed efficaci misure, attinenti all’attuazione dei protocolli relativi alla disinfezione, disinfestazione, sterilizzazione di ambienti e materiali, pulizia dei locali, disinfestazione della biancheria, trattamento dei rifiuti. La compagnia assicuratrice proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado sulla base di tre motivi:
1) l’omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360, comma I, n. 5 c.p.c. per aver il giudice di seconde cure escluso che l’ente avesse fornito la prova liberatoria relativa all’applicazione di tali protocolli nel caso specifico, nonostante la formulazione di specifiche istanze istruttorie sul punto da parte dell’azienda;
2) omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, comma I, n. 5 c.p.c. per non aver la Corte territoriale considerato le valutazioni dei meriti del procedimento penale in merito all’adozione delle misure necessarie per prevenire la proliferazione delle infezioni;
3) denuncia dell’error in procedendo per violazione degli artt. 112 e 167 c.p.c. in ordine all’eccezione sollevata dalla stessa compagnia in ordine all’inesistenza e/o nullità della copertura assicurativa per il periodo di proroga del primo semestre del 2'013, epoca in cui si è verificato il sinistro.
La struttura ospedaliera proponeva ricorso incidentale con due mezzi:
1) col il primo motivo del ricorso incidentale la struttura lamentava la violazione e l’errata applicazione delle norme sulla valutazione delle prove e, in ogni caso, il difetto di motivazione della sentenza resa dalla Corte d’Appello nella parte in cui ha accertato la responsabilità dell’azienda sanitaria;
2) con il secondo motivo la ricorrente incidentale denunciava, con riferimento all’art. 360, comma I, n. 3 c.p.c. - in relazione all’art. 112 c.p.c. e all’art. 360, comma I, n. 5 c.p.c. - l’omessa pronuncia e/o difetto di motivazione in merito alle istanze di prova testimoniale formulate dall’Azienda Sanitaria.
LA SENTENZA. La Suprema Corte ribadisce, nella sentenza in commento, che secondo i principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità, in tema di inadempimento di obbligazioni in materia sanitaria il danno evento è rappresentato dalla lesione del diritto alla salute, inteso quale interesse primario - costituzionalmente garantito - dell’individuo e della collettività.
Di conseguenza, qualora venga dedotta dal soggetto danneggiato la responsabilità contrattuale della struttura per inadempimento della prestazione di diligenza professionale e la conseguente lesione del diritto alla salute, è onere del danneggiato dimostrare il nesso di causalità tra l’aggravamento della situazione patologica, o l’insorgenza di nuove patologie, e la condotta dell’obbligato.
La struttura, invece, qualora abbia assolto integralmente il proprio onere probatorio, deve dimostrare la causa imprevedibile e inevitabile che ha reso impossibile l’esatta esecuzione della prestazione (ex multis, Cass. Civ., Sez. III, 22 febbraio 2023, n. 5490).
Più precisamente, la struttura sanitaria, al fine di sottrarsi alla richiesta di risarcimento danni, dovrà dimostrare: a) di aver adottato tutte le cautele prescritte dalle vigenti normative e dalle leges artis, al fine di prevenire l’insorgenza di infezioni; b) di aver applicato i protocolli di prevenzione delle infezioni nel caso specifico sulla scorta del criterio temporale - basato sul numero di giorni trascorsi dopo le dimissioni dall’ospedale - e del criterio topografico - fondato sull’insorgenza dell’infezione sul sito chirurgico interessato dall’intervento dei sanitari.
Ancor più nel dettaglio, i giudici di legittimità hanno specificatamente delineato le cautele prescritte dalle normative vigenti al fine di prevenire l’insorgenza di infezioni nosocomiali, pertanto gli oneri probatori gravanti sulla struttura sanitaria devono ritenersi i seguenti:
a) l’indicazione dei protocolli relativi alla disinfezione, disinfestazione e sterilizzazione di ambienti e materiali;
b) l’indicazione delle modalità di raccolta, lavaggio e disinfezione della biancheria;
c) l’indicazione delle forme di smaltimento dei rifiuti solidi e dei liquami;
d) le caratteristiche della mensa e degli strumenti di distribuzione di cibi e bevande;
e) le modalità di preparazione, conservazione e uso dei disinfettanti;
f) la qualità dell’aria e degli impianti di condizionamento;
g) l’attivazione di un sistema di sorveglianza e di notifica;
h) l’indicazione dei criteri di controllo e di limitazione dell’accesso ai visitatori;
i) le procedure di controllo degli infortuni e delle malattie del personale e le profilassi vaccinali;
j) l’indicazione del rapporto numerico tra personale e degenti;
k) la sorveglianza basata sui dati microbiologici di laboratorio;
l) la redazione di un report da parte delle direzioni dei reparti da comunicare alle direzioni sanitarie al fine di monitorare i germi patogeni-sentinella;
m) l’indicazione dell’orario della effettiva esecuzione delle attività di prevenzione del rischio.
Sulla scorta di tale argomentazione, la Suprema Corte rigettava il ricorso principale e quello incidentale, confermando la decisione resa dalla Corte d’Appello in quanto rispettosa delle suindicate coordinate.
Infatti, risulta parte attrice ha dimostrato il nesso causale tra l’insorgenza dell’infezione e il ricovero del neonato nel reparto di terapia intensiva neonatale, mentre la struttura, dal canto proprio, sebbene abbia dimostrato di aver predisposto in via generale protocolli per la prevenzione di infezioni correlate all’assistenza, non è invece riuscita a dimostrare di averli nello specifico applicati al caso concreto, con ciò non assolvendo integralmente l’onere probatorio su di lei gravante.
Facendo buon governo dei principi enucleati dalla Suprema Corte nella pronuncia in commento, deve ritenersi che laddove venga contratta un’infezione ospedaliera la parte danneggiata può ottenere il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito laddove dimostri il nesso causale tra l’insorgenza dell’infezione e il ricovero in ospedale; sulla struttura ospedaliera, invece, incombe un onere probatorio più gravoso poiché per andare esente da responsabilità dovrà dimostrare di aver adottato e rispettato i necessari standard di igiene e prevenzione.