“Il CNB ha rilevato che, in letteratura medica, non esiste una definizione condivisa di TSV. Ciò ha imposto di unire le considerazioni cliniche a quelle bioetiche e giuridiche sottese alla sentenza della Consulta, al fine di poter offrire una risposta. Tale risposta, quindi, si configura nell’elaborazione di un criterio flessibile, che permetta d’inquadrare i TSV in relazione alle loro finalità, alla loro intensità e alle conseguenze della loro sospensione; ciò deve sempre essere letto nel contesto del pronunciamento della Corte costituzionale.
Le posizioni differenziate che si sono manifestate all’interno del CNB riflettono, quindi, la complessità del tema, peraltro in continua evoluzione, in relazione ai progressi scientifici e medici.
Alcuni componenti del CNB (diciannove) ritengono che i TSV debbano costituire una vera e propria sostituzione delle funzioni vitali, e che la loro sospensione debba comportare la morte del paziente in tempi molto brevi. Altri (cinque) pensano che il "sostegno" possa avvenire anche tramite piani di assistenza complessi, e che l’impatto sull’individuo e la sua percezione personale siano rilevanti.
Sette componenti hanno firmato una posizione di minoranza, che ha raccolto anche l’adesione di quattro rappresentanti dei componenti di diritto del CNB.
La Corte costituzionale ha bilanciato l’autodeterminazione con la tutela della vita, limitando l’area di non punibilità dell’aiuto al suicidio a condizioni specifiche. In tale contesto, i TSV sono da considerarsi un requisito che deve esprimersi all’interno di un quadro clinico grave, non solo perché la persona è tenuta in vita da un trattamento specifico.
Il documento rimarca come sia essenziale – dunque - proteggere i pazienti più fragili e vulnerabili, garantendo che il quadro giuridico e bioetico definito dalla sentenza della Corte costituzionale sia rispettato e applicato correttamente.”
Risposta al quesito del comitato etico territoriale della Regione Umbria
Comunicato del 1.7.2024
Fonte: Bioetica.governo.it