Cultura, società  -  Redazione P&D  -  25/08/2024

Così ho preso in mano la casa editrice di famiglia rendendola una holding innovativa a Milano

Come pensa sia stato possibile, pur dovendosi confrontare in uno dei settori più saturi e difficili, tanto più dopo tutto quello che si dice sulla fine della carta?
«Anzitutto grazie all’entusiasmo e alla passione ma anche all’ambizione, che non necessariamente deve essere letta come qualcosa di negativo. Poi con le acquisizioni: nel 2022 ha assorbito EdizioniClandestine e il suo catalogo davvero importante, nel 2023 MareVerticale, una casa editrice specializzata in pubblicazioni sportive, e a settembre mi appresto a perfezionarne una terza su cui però ancora preferisco non dire nulla…».

Come ci si muove nel mare magnum delle vendite?
«Grazie alla rete, naturalmente. Nel corso di questa intervista avrò venduto una decina di libri. Lo spazio c’è nonostante Amazon sia fortissimo, sul web manca il rapporto umano però c’è una disponibilità infinita di titoli».

E le fiere?
«Sono una vetrina importante ma non credo servano per vendere libri».

Il futuro è Wattpad?
«Alcuni recenti fenomeni editoriali, soprattutto nel genere romance, sembrano dimostrarlo, almeno in questa fase. Io paragono quella piattaforma a Sanremo Giovani, spesso lancia dei talenti ma non necessariamente chi passa da lì poi ha successo. Quello del self-publishing è un mercato inondato di titoli, però alla fine conta sempre il valore del testo e il suo gradimento in una platea più ampia possibile: la disintermediazione a volte significa meno qualità, ma almeno può fare avvicinare alla lettura. Penso, per rimanere nell’editoria, che giornale e podcast possono convivere se si antepongono al mezzo la qualità e l’autorevolezza dell’informazione».

Da cosa nasce l’amore per il libro in un trentenne?
«Dalla consapevolezza che il libro è uno strumento insostituibile, che mantiene ancora la sua identità a prescindere dal device che si utilizza per leggere, appunto: mi riferisco all’esperienza della lettura lenta, in una società che corre sempre più veloce, e al primato dei contenuti in questi tempi di superficialità. Inoltre quella del libro è pur sempre la prima industria culturale del Paese e, se a qualcuno il settore può sembrare vetusto, esistono in realtà tante piccole case editrici che crescono innovandosi. L’idea del colosso che lavora come si faceva trenta o quaranta anni fa stampando titoli su titoli per poi gettare le copie al macero non è l’unico modello».

Qual è il suo?
«Integrato ma con una grossa spinta sul digitale, tanto più che tra inflazione e costi saliti la filiera della carta diventa sempre più onerosa: per digitale intendo oltre al formato del libro anche un nuovo approccio all’editoria che abbraccia la vendita online, siti più performanti, grafica collaborativa e nuove forme di promozione con la presenza su Instagram e TikTok oltre che Linkedin e i social più generalisti».

Tornerà in Calabria?
«Per ora è una questione che non mi sono posto. Di certo posso dirle che in questi pochi anni a Milano ho sperimentato che era vero quello che mi diceva chi aveva abbandonato la Calabria: dopo che nella nostra regione siamo abituati a fare la corsa a ostacoli, quando hai davanti i 100 metri voli e superi tutti gli altri».

Fonte: corrieredellacalabria .it




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