Il contratto di mantenimento permette di assicurarsi assistenza morale e materiale a vita in cambio della cessione di denaro o del trasferimento di un immobile. Vediamo in che modo e a quali condizioni.
Capita spesso che il pensiero dell’avanzare degli anni o del subentrare di una patologia porti con sé anche la preoccupazione del futuro, immaginandosi nella necessità di aiuto e di assistenza una volta anziani o gravemente malati.
Uno degli strumenti che possono rivelarsi utili in questi casi è certamente il contatto di mantenimento, altrimenti definito vitalizio alimentare o assistenziale.
Che cos’è il contratto di mantenimento?
Il contratto di mantenimento è un contratto atipico (in quanto non espressamente disciplinato dalla legge) con il quale un soggetto (c.d. vitaliziato o beneficiario), in previsione di una futura incapacità di provvedere in modo autonomo alle proprie esigenze di vita, conviene con un altro soggetto (c.d. vitaliziante o obbligato) di ricevere da lui cure e assistenza morale e materiale continuative in cambio della cessione di beni o di denaro.
Oggetto del vitalizio alimentare è rappresentato dall’interesse dell’assistito a ricevere tutela attraverso l’esecuzione di prestazioni di carattere essenzialmente spirituale e morale, eseguite nell’interesse del vitaliziato; per tale ragione, l’ assistenza richiesta dal beneficiario potrà essere svolta solo ed esclusivamente dalla persona individuata alla stipula del contratto in base a specifiche qualità e con la quale esiste un particolare rapporto di fiducia. Questo è un motivo per cui, in gergo giuridico, il vitalizio alimentare viene definito un contratto basato sull’intuitus personae; cosa che comporta, all’atto pratico, che se decido di stipulare un contratto con uno dei miei figli affinché questi mi assista a vita, quel figlio non potrà poi delegare ad un’altra persona le attività di assistenza che si è obbligato a svolgere, a meno che tale possibilità non sia stata espressamente prevista nel contratto.
Tale principio è stato espressamente chiarito dalla Cassazione che, con una pronuncia di non molto tempo fa, ha affermato che, in mancanza di un diverso accordo tra le parti che preveda che l'assistenza al vitaliziato possa essere prestata anche da terzi, le prestazioni in favore del beneficiario possono essere svolte solo ed esclusivamente dal vitaliziante individuato nel contratto [1].
Chi può essere il soggetto tenuto all’assistenza?
Se però è facile che, per il legame di fiducia richiesto, la scelta dell’obbligato da parte del beneficiario ricada su un familiare, tuttavia è sempre possibile individuare come vitaliziante una persona che non sia né parente né affine al beneficiario, ma un soggetto del tutto estraneo alla famiglia nella quale si ripone fiducia (si pensi ad es., ad una persona che abbia sempre fatto da governante presso la abitazione del beneficiario e ne conosca abitudini e bisogni di vita).
Come si stipula il contratto di mantenimento?
Il vitalizio alimentare richiede la necessaria stipula in forma scritta mediante una scrittura privata autenticata da un notaio oppure un atto pubblico.
Altra ipotesi è quella della costituzione di vitalizio tramite testamento. Così, ad esempio, possiamo immaginare che il padre di un ragazzo disabile stabilisca per testamento di lasciare una importante somma di denaro alla persona che, insieme a lui, si sia presa cura del figlio (ad es. un infermiere).
Che succede se l’obbligato non assiste il beneficiario?
Poiché le prestazioni di cura e assistenza previste in questo tipo di contratto sono necessarie alla sopravvivenza stessa del vitaliziato, nel caso di inerzia del soggetto obbligato sarà possibile la risoluzione del contratto per inadempimento [2] con conseguente obbligo, in capo al beneficiario, di restituzione del bene ottenuto a titolo di corrispettivo [3].
Tale effetto può determinarsi anche nel caso in cui il vitaliziante, pur avendo svolto per molto tempo la prestazione di assistenza, la interrompa per un breve periodo [4].
Non sarà invece possibile in alcun modo obbligare il vitaliziante ad eseguire gli atti di assistenza ai quali si è obbligato (ad es. intraprendendo una procedura esecutiva per l’obbligo di fare) poiché, come abbiamo detto, il contratto ha ad oggetto una prestazione verso il beneficiario dal contenuto anche morale.
A che età si può stipulare il contratto di mantenimento?
Pur non essendoci limiti di età per la stipula del contratto di mantenimento, esso si caratterizza per un requisito essenziale (e che deve sussistere al momento della sua stipula) che è costituito dalla incertezza del vantaggio e della corrispondente perdita per entrambi i contraenti (c.d. equivalenza di alea o rischio).
Tale incertezza è legata da un lato alla durata della vita del beneficiario e dall’altro al possibile mutamento/peggioramento delle prestazioni di cura e assistenza, strettamente dipendenti dal trascorrere del tempo e che, in quanto tali, non possono in alcun modo costituire oggetto di previsione al momento della stipula del contratto.
Così, ad es. la sussistenza dell’età avanzata del beneficiario, così come la presenza di una malattia con una prognosi infausta già al momento della stipula, determinano l’assenza della alea richiesta e, per l’effetto, la conseguente nullità del contratto.
Tale nullità sussiste anche nell’ipotesi in cui le parti, in piena buona fede, al momento della sottoscrizione dell’atto, ignorassero l’esistenza del rischio non sapendo, ad esempio, che il beneficiario avesse contratto una malattia che lo avrebbe portato alla morte in poco tempo.
A tal riguardo la Suprema Corte ha chiarito che l’alea che caratterizza il vitalizio alimentare riguarda anche l’ipotesi di aggravamento delle condizioni del vitaliziante; per tale ragione non può giustificare la stipula di un successivo contratto col quale venga trasferito all’onerato un ulteriore bene quale compenso della maggiore gravosità sopravvenuta dell’assistenza materiale e morale da prestare. Tale ulteriore attribuzione patrimoniale, infatti, eliminerebbe il rischio di sproporzione tra le due prestazioni insito nel contratto precedente, nascondendo, di fatto, un atto di donazione [5].
Naturalmente la nullità non opererà in modo automatico ma andrà fatta valere in giudizio da parte degli eredi del beneficiario al fine di recuperare la quota di beni ceduta dal defunto per ottenere la necessaria assistenza morale e materiale.
Quali sono le conseguenze della morte dell’assistito?
Alla morte dell’assistito si estingue l’obbligo della prestazione di assistenza da parte del vitaliziante il quale conserverà la piena titolarità dei beni che hanno costituito l’oggetto della cessione.
Non sempre, infatti , la morte del beneficiario avvenuta a breve distanza dalla stipula comporta la nullità del contatto perché essa non esclude in automatico l’elemento del rischio se non è legata ad una malattia o alla vecchiaia (si pensi, ad es. al caso in cui il vitaliziato muoia prematuramente a causa di un incidente).
Alimenti e rendita vitalizia: differenza col vitalizio alimentare
Il vitalizio alimentare non va confuso con il diritto agli alimenti [6] che una persona può richiedere al verificarsi di determinate condizioni di bisogno economico a soggetti ben individuati dalla legge.
Al pari, non va confuso, per quanto ad esso assai simile, con il contratto di rendita vitalizia [7] attraverso il quale ci si assicura una periodica prestazione di beni o denaro attraverso la cessione di un bene mobile o immobile o di un capitale.
[1] Cass. civ., sez. II, ord. n. 1080/2020.
[2] Art. 1453 cod. civ.
[3] Cass. civ., sez. III, sent. n. 12746/16.
[4] Cass. civ. sez. II, n. 2940/04.
[5] Cass civ. sent. n. 8209/16.
[6] Art. 433 e ss. cod. civ.
[7] Art. 1872 cod. civ.