La legge 898/1970 attribuisce al giudicante il potere di disporre la decorrenza dell"assegno dalla data della domanda di divorzio allorché lo squilibrio reddituale tra i coniugi sia sussistente già al momento della proposizione della domanda stessa.
Commento all"ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. VI,15 novembre 2016 n. 23263
La vicenda in commento scaturisce dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio pronunciata presso il Tribunale di Genova e dalla contestuale determinazione dell"assegno mensile, a carico del marito, quantificato in euro 300,00. L"uomo, in appello, domandava la rideterminazione delle somme dovute a titolo di assegno per un importo pari a euro 200,00. In sede di gravame la richiesta dell"appellante veniva rigettata e si giungeva, così, in Cassazione.
In particolare, il ricorrente si lagnava della mancata attivazione delle indagini patrimoniali da lui richieste al giudice al fine di accertare il godimento da parte della moglie di altri redditi non denunciati.
L"ordinanza in commento confuta le argomentazioni contenute nel ricorso e ribadisce il consolidato orientamento in materia di determinazione di assegno di mantenimento in sede di cessazione degli effetti civili del matrimonio: «l'esercizio del potere del giudice che, ai sensi dell'art. 3, comma 9, della legge n. 898 del 1970, può disporre - d'ufficio o su istanza di parte - indagini patrimoniali avvalendosi della polizia tributaria, costituisce una deroga alle regole generali sull'onere della prova; l'esercizio di tale potere discrezionale non può sopperire alla carenza probatoria della parte onerata, ma vale ad assumere, attraverso uno strumento a questa non consentito, informazioni integrative del "bagaglio istruttorio" già fornito, incompleto o non completabile attraverso gli ordinari mezzi di prova; tale potere non può essere attivato a fini meramente esplorativi, sicché la relativa istanza e la contestazione di parte dei fatti incidenti sulla posizione reddituale del coniuge tenuto al predetto mantenimento devono basarsi su fatti specifici e circostanziati».[1]
Per le suesposte ragioni, i supremi giudici considerano infondato il motivo di ricorso, in quanto l"onus probandi, ai sensi dell"art. 2697 c.c., incombeva sul marito e non poteva essere supplito dall"intervento del giudicante, in virtù del principio: actore non probante reus absolvitur.
Si ricorda che l"obbligo di somministrazione periodica dell"assegno all"altro coniuge viene disposto quando questi non goda di mezzi adeguati o non possa procurarseli per ragioni obiettive (art. 5 c. 6 l. 898/1970). Secondo la costante giurisprudenza[2], infatti, la natura dell"assegno divorzile è assistenziale.
Il ricorrente lamentava, altresì, la decorrenza dell"assegno di mantenimento dalla data della richiesta di divorzio; infatti, in linea generale, il dies a quo dell"assegno divorzile decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che ha efficacia costitutiva, in quanto rappresenta la fonte del nuovo status delle parti. Gli ermellini, però, precisano che l"art. 4 c. 13 della l. 898/1970 attribuisce al giudicante il potere di disporre, anche in assenza di specifica richiesta, la decorrenza dell"assegno dalla data della domanda di divorzio, valutando il caso concreto[3]. In siffatte circostanze, il giudice deve motivare adeguatamente la propria decisione. Nel caso di specie, la valutazione operata dalla Corte d"Appello, congruamente motivata, è avvenuta alla luce dello squilibrio reddituale ed economico tra i coniugi, sussistente già al momento della proposizione della domanda.
In conclusione, la Suprema Corte rigetta tutti i motivi di ricorso e condanna il marito, oltre che al pagamento dell"assegno come determinato dalla Corte d"Appello di Genova, anche alle spese di lite.
Avv. Marcella Ferrari – Avvocato del Foro di Savona
[1] Corte Cass. sent. 2098 del 2011
[2] Corte Cass., S.U., 29 novembre 1990 n. 11490; Corte Cass. 3 luglio 2013 n. 16597; Corte Cass. 21 maggio 2008 n. 13058
[3] In tal senso, vedonsi Corte Cass. 11 gennaio 2016 n. 212; Corte Cass. 21 febbraio 2008 n.4424. In tutte le citate pronunce, il giudice ha stabilito la decorrenza dell"assegno dal momento della proposizione della domanda a cagione delle precarie condizioni economiche della moglie.