Al museo di oggi, in quanto entità dinamica e relazionale immersa nella società e che dalla società trae la sua ragion d'essere, si richiede altrettanta consapevolezza dell'evoluzione del proprio ruolo e della propria identità; di farsi interprete, promotore e portavoce di questa evoluzione collettiva, perché "Museums change lives, they influence people way of life" (David Flaming). E se Volker Kirchberg, parlando del museo contemporaneo, afferma ”Oggi il Museo è al contempo prodotto e fattore della società”, Vittorio Falletti e Maurizio Maggi ne individuano il compito primario “nell'esser capace di pensare la complessità andando oltre le sue mura, individuando ruoli, dinamiche e problematiche complesse che lo riguardano attraverso le sue nuove responsabilità verso il Patrimonio e gli stakeholder che gli gravitano attorno”.
Da “conservativo”, il Museo è divenuto prima “collaborativo”, poi “partecipativo”, e ancora, in un binomio cultural-economico, “immersivo” da un lato, e “produttivo” dall'altro. E questa nuova considerazione del “valore” del Patrimonio e dei suoi componenti spinge al mutamento, ancora una volta, ma stavolta in una prospettiva armonica, alla riconquista della propria legittimità di rappresentazione, attraverso una nuova forma, propria e del Sistema di cui fa parte: “Reti” prima, “Distretti” poi, “i Musei sempre più approdano a nuove forme aggregative capaci di puntare sull'aspetto della Cultura quale generatore di economia e di un nuovo modello di sviluppo locale” (Pierluigi Sacco).
Il modello di offerta culturale che qui si prospetta, similmente al modello di distretto industriale che vede aziende ed enti territoriali coesistere e sviluppare nuove logiche sistemiche, si fonda su una prospettiva di aggregazione che mira a creare e relazionare veri e propri “nuclei culturali” con l'intero sistema territoriale che li ospita, ponendo beni e musei al centro di una ri-valutazione che li veda quali “patrimonio portatore di valore da mettere a valore”; perché, se è vero che negli attuali scenari socio-economici, “le imprese che creano un collegamento con il territorio in cui operano sono più pronte ad affrontare il mercato” (rapporto Symbola, “Coesione è competizione”), è anche vero che, in questo contesto, il “valore” delle istituzioni museali e culturali, se riconosciuto, può divenirne un potente comburente, promuovendo al contempo un nuovo modello di sviluppo etico, efficace e sostenibile. In quest'ottica, dunque, acquistano rilievo economico-produttivo non solo le caratteristiche tangibili della sfera industriale di un territorio, ma anche quelle intangibili sociali e culturali peculiari che, se messe in corretta connessione, possono divenire un potente catalizzatore di creatività e risorse. Questa stessa prospettiva è ritrovabile anche dal rapporto “Io sono cultura 2016” della Fondazione Symbola e Unioncamere che indica ne “l’impatto delle attività culturali e creative propriamente dette, dai musei all’audiovisivo al design, ma anche del “creative-driven” -il manifatturiero evoluto- e l’artigianato artistico, un sistema che continua ad alimentare diversi comparti dell’economia italiana, in equilibrio tra saper fare, cultura, bellezza, valori sociali, territorio e tecnologie”.
Il panorama e il peso dei rapporti e delle relazioni tra Patrimonio, Musei e Società è cambiato, e continua a cambiare; gli equilibri si sono spostati in maniera fluida, oggi più che in passato e in questo continuo mutare di prospettive e finalità, la centralità del ruolo istituzionale e identitario i Musei l’affermano e la rivendicano con determinazione “Il Museo oggi divenga specchio del territorio, centro di interpretazione, luogo di produzione, presidio di tutela territoriale attiva” (Daniele Jalla).
Chi scrive ha riportato questi principi che stanno invadendo il mondo culturale non solo italiano, ma dobbiamo essere sinceri, ma non ama queste parole perché nascondono una visione mercantilistica dell’arte e della creatività, perché lo sguardo è rivolto alla possibilità di ritorno economico dalle attività culturali e non si può condividere tale ideologia. Non si può condividere perché la creazione artistica nasce come emulazione dell’attività creatrice dell’Uno generata da amore gratuito e totale.
L’art. 9 della Cost. pone la cultura tra i prinicpi fondamentali quelli che nessuno può cambiare senza “ribaltare” lo Stato nella sua essenza.
La creazione artistica è generosa e chiede in cambio solo di essere amata. Sono gli artisti che debbono essere sostenuti e guidati, valorizzati e seguiti, ed anche giustamente retribuiti. Mai sarà pagata la bellezza ma l’incommensurabile valore del bello e del piacere che ne traiamo non può essere una scusante allo sfruttamento dei giovani e del loro estro.
Il Museo, dunque, è il motore dell’innovazione culturale e, al contempo, il collante di una comunità attiva e partecipante.
Perché ciò sia la comunità stessa deve viverlo come proprio, deve “adottarlo” e trattarlo come un figlio, meglio, come un nipote amato e coccolato.
Perché un Museo non è solo un luogo di conservazione, che può esser fruito con l’ausilio di qualche volontario come un luogo qualunque. Un Museo, come si andava dicendo, è cosa viva e vitale e deve essere alimentato. Cibo per l’anima.