“Se inizia a piangere il bambino, lasciamolo fare per un po’ ”.
Fine ottobre quando l’ex-allieva gli aveva parlato del seminario a Milano, per novembre: tema il “bambino morente”. Collaboravano gli operatori dell’Istituto “Fiordaliso”, quello in cui stava il fratello di Ina; sapevano dove lei lavorava, le avevano chiesto di coinvolgere M. Un’introduzione sui “diritti civili dei soggetti fragili’’.
Lei, anche per fargli da guida, l’aveva accompagnato. Erano stati proiettati brevi filmati: il più toccante quello in cui si vedeva un bambino di otto anni parlare e sorridere dodici mesi prima, poi sei mesi dopo, poi l’ultima settimana.
Molte le indicazioni dai relatori. Per M. un nuovo universo, parole sconosciute; interrogativi fra sé e sé, alcuni difficili: quanto - di quei “temi sofferenziali” - mancava nei libri di via degli Artisti, nei vari codici ... meno nei ricordi lontani di Ina, magari, nei suoi pensieri.
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Invitare il bambino – così un oncologo, di Brescia, - a mettere insieme le sue cose, su un foglio, quelle belle; chiedergli di disporle in vari punti, unendole con delle linee: “Questa la mia patria, questo il mio prato”.
I piccoli cinesi con la febbre, le scolarette messicane a fare indigestione, gli esquimesi all’asilo col raffreddore. “Le malattie, anche da poco, - ecco un giocoliere da corsia, torinese, - rendono i bimbi sulla terra tutti simili”.
Non erano soli i “pazientini” a questo mondo: “Non puoi vedere i tuoi amici; io li incontro ogni giorno. Fanno il tifo per te, è in forno già la torta per quando uscirai”.
Con le bambine argomenti speciali: “Sembrano eroi i maschi, con quei muscoli; meglio le femmine, riflessive, hanno più forza, - così il fratello di una bimba appena morta, - anticorpi robusti, sono di esempio”.