Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  04/01/2025

AdS: Il procedimento relativo ai beni

La gestione del patrimonio del beneficiario di amministrazione di sostegno può comportare vicende che ne interessano i relativi rapporti e beni. 

Nonostante la flessibilità che caratterizza l’istituto è possibile constatare che spesso il decreto contempla la necessità che l’amministratore di sostegno si munisca di autorizzazione del giudice tutelare per:

- acquistare beni, eccettuati i mobili necessari per l'uso del minore, per l'economia domestica e per l'amministrazione del patrimonio;

- alienare beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile deterioramento [senza distinguere tra beni mobili e immobili, con la conseguenza che attualmente tutte le 

alienazioni riguardanti gli incapaci sono soggette alla sola autorizzazione];

- la riscossione di somme capitali;

- costituire pegni o ipoteche, ovvero consentire alla cancellazione di ipoteche o allo svincolo di pegni;

- l'accettazione dell'eredità, così come per l'accettazione di donazioni o legati soggetti a pesi o a condizioni, per l'assunzione di obbligazioni riguardanti spese di straordinaria amministrazione - laddove al beneficiario sia imposto di accettare l'eredità solo previa autorizzazione del giudice tutelare (art. 374, 1° comma, n. 3, c.c.), dovrà essere sottoposto al predetto vaglio giudiziale proprio l'atto il cui compimento importerà accettazione ereditaria

-  fare compromessi e transazioni o accettare concordati;

- fare contratti di locazione di immobili oltre il novennio o che in ogni caso si prolunghino oltre un anno dopo il raggiungimento della maggiore età;

  • tranne che per poche eccezioni esentate tassativamente dalla norma in ragione della loro natura cautelare e conservativa, per "promuovere" procedimenti giudiziari ex novo che siano successivi all'apertura dell'amministrazione di sostegno, ove il beneficiario non possa procedere in proprio per le specifiche limitazioni impostegli

In giurisprudenza si è osservato che:

“La distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione prevista dal codice civile in relazione ai beni degli incapaci non coincide con quella applicabile in tema di determinazione dei poteri attribuiti agli amministratori e, nell’amministrazione di sostegno, in generale, il riferimento alle operazioni con carattere di straordinaria amministrazione non concerne soltanto gli atti di straordinaria amministrazione di cui all’art. 374 ma “le operazioni rilevanti sul piano patrimoniale, in relazione alle quali in maggior misura si può concretizzare il rischio di pregiudizio economico per la destinataria del provvedimento”.

Corte di cassazione civile, sez. I, 18 luglio 2008 n. 19971

La necessaria autorizzazione impone un controllo preventivo del giudice tutelare sugli atti di amministrazione così da verificarne la rispondenza agli interessi ed alle effettive esigenze di tutela della persona e del suo patrimonio.

Attualmente l’articolo 374 c.c., che ai sensi dell’articolo 411 del codice civile è applicabile all’amministrazione in quanto compatibile, ingloba nella competenza del giudice tutelare tutte le ipotesi di autorizzazione nell’interesse dell’interdetto e il giudice tutelare non è più il solo a poter autorizzare alcuni degli atti ivi contemplati.

Con la legge di riforma c.d. Cartabia si è infatti previsto che “le autorizzazioni per la stipula degli atti pubblici e scritture private autenticate nei quali interviene un minore, un interdetto, un inabilitato o un soggetto beneficiario della misura dell’amministrazione di sostegno, ovvero aventi ad oggetto beni ereditari, possono essere rilasciate, previa richiesta scritta delle parti, personalmente o per il tramite di procuratore legale, dal notaio rogante”.

Un’attività sostanzialmente amministrativa attraverso la quale si è creato una sorta di doppio binario per l’attività autorizzativa non esente, d’altra parte, da controllo giurisdizionale, date le comunicazioni dovute per legge e l’acquisto dell’efficacia del provvedimento ottenuto solo decorso il termine per proporre reclamo innanzi all’organo giurisdizionale.

Esperita la scelta di rivolgersi al notaio i provvedimenti notarili di autorizzazione possono essere impugnati secondo le medesime norme applicabili ai provvedimenti giudiziali.

La Corte “ha dato atto di una possibile duplice interpretazione dell’art. 21 D. LGS. 149/22, con cui è stata attribuita ai notai la possibilità di autorizzare la stipula di atti pubblici e di scritture private autenticate, in presenza di minori, interdetti, inabilitati o soggetti beneficiari di amministrazione di sostegno; 

Ritenuto che questo Tribunale, pur valutando l’attività del notaio come estranea alla funzione giurisdizionale, non condivide l’assunto della Corte; 

Ritenuto, infatti, che il comma 5 della citata norma non lascia spazio ad interpretazioni difformi da quella letterale, per cui “l’autorizzazione può essere impugnata innanzi all’autorità giudiziaria secondo le norme del codice di procedura civile applicabili al corrispondente provvedimento giudiziale”; 

Ritenuto che l’art. 739 c.p.c. prevede che “contro i decreti del giudice tutelare si può proporre reclamo al tribunale, che pronuncia in camera di consiglio in composizione monocratica quando il provvedimento ha contenuto patrimoniale o gestorio, e in composizione collegiale in tutti gli altri casi”; 

Ritenuto che l’autorizzazione notarile è atto corrispondente al decreto del giudice tutelare e che, nella specie, l’atto impugnato ha contenuto patrimoniale; 

Ritenuto che, erroneamente il Giudice che ha deciso sul primo reclamo, proposto dal PM, si è qualificato come “Giudice Tutelare”, ma che ciò deve qualificarsi come un mero refuso, in quanto è il Giudice del Tribunale (in composizione monocratica) e non il GT ad essere investito del reclamo ed è in tale veste che si è pronunciato; 

Ritenuto che la tutela dei soggetti deboli , cui è finalizzata l’autorizzazione, è assicurata, oltre che dall’autorevolezza del pubblico ufficiale rogante e dalla previsione di un’apposita istanza scritta delle parti, dalla previsione della comunicazione dell’atto alla cancelleria del tribunale che sarebbe stato competente al rilascio della corrispondente autorizzazione giudiziale e al pubblico ministero che, come nella specie, può impugnare l’autorizzazione, laddove ravvisi lesioni dell’interesse del soggetto tutelato; 

Ritenuto che il notaio ha anche la facoltà di assumere informazioni, di farsi assistere da consulenti, sempre al fine di valutare che il rogito sia nell’effettivo interesse dell’incapace; 

Ritenuto che il potere del GT di modificare o revocare le autorizzazioni notarili è interpretabile come un’ulteriore cautela in favore dei soggetti “deboli”, introdotta dal legislatore, prevedendo l’intervento dell’autorità giudiziaria, solo in via eventuale e successiva, ben potendo, comunque, le parti ricorrere al giudice per l’autorizzazione, invece che al notaio; 

Ritenuto che, pertanto, il presente reclamo è inammissibile, avendo già il PM impugnato 

l’autorizzazione notarile dinanzi al Tribunale in composizione monocratica e che l’art. 739 c.p.c. prevede che non è ammesso reclamo avverso i decreti emessi in sede di reclamo”.

Tribunale di Catania, Decreto del 12 luglio 2024, Pres.  Acagnino

In dottrina si è peraltro ravvisato un possibile scetticismo da parte dei notai circa l’assunzione della responsabilità al rilascio delle autorizzazioni volontaristiche, nei casi in cui vi sia un’amministrazione di sostegno, in considerazione delle valutazioni di merito che involge (le considerazioni sono tratte da A. Racca, Volontaria giurisdizione e rito camerale tra autonomia e legge, in dirittifondamentali.it) e  la personale esperienza pratica nei primi mesi di applicazione della legge non pare aver smentito tale assunto.




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