Sono stati presentati in questi anni alcuni progetti in tal senso, anche a livello parlamentare.

Il problema è complesso. I casi da considerare sono, di solito, quelli delle ragazze anoressiche o bulimiche (a volte anche i maschi), che non vogliono mangiare o che mangiano troppo; delle donne incinte che bevono eccessivamente o che assumono sostanze psicotrope: in generale dei giovani che rifiutano di andare in comunità.

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Soprattutto è il campo della droga pesante nel suo insieme, dell’alcol, della ludodipendenza, nonché di alcune patologie sessuali, relazionali, familiari.

Data la sostanziale impossibilità o comunque difficoltà di utilizzare, in situazioni del genere, la disciplina del TSO psichiatrico, di cui alla Legge 180/1978; data altresì la difficoltà di applicare questi meccanismi in via analogica, stanti gli ostacoli costituiti dalla presenza dell’articolo 32, secondo comma, della Costituzione: ci si interroga, allora, sull’opportunità di introdurre momenti di vincolatività - all’interno di un progetto esistenziale/terapeutico messo a punto dal GT, con il supporto dei medici, nonché degli operatori di servizi socio-sanitari interessati - per il caso di fallimento del “piano persuasivo”, di cui al decreto stesso.

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 Nessun dubbio che indicazioni del genere, inserite nel tessuto di una disciplina elastica come quella dell’AdS, a vocazione interdisciplinare, rappresentino un serio passo in avanti rispetto a scenari che contemplino figure meramente sanitarie, più o meno cruente.

Nell’AdS trova compiuta espressione, cosa che non succede altrove, l’accostamento del momento medico a quello esistenziale/familiare, patrimoniale, ludico, residenziale, sportivo, creativo. In una prospettiva di vasto respiro, senza l’angustia di  limitazioni di tempo, quelle che si ritrovano in altri contesti, e che sarebbero incompatibili – per se stesse - con una seria prospettiva di cura.