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La madre non vuole immunizzare la figlia 13enne e il padre ricorre in tribunale. Atto respinto, l’uomo fa Appello e l’udienza viene fissata tra più di un anno
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La decisione di vaccinare (o meno) contro il Covid una ragazza di appena 13 anni arriverà non prima del 24 febbraio 2023. Sì, avete letto bene, tra un anno e un mese. Quel giorno, alle 9.45, è fissata l’udienza davanti alla prima sezione civile della Corte d’Appello chiamata a pronunciarsi sul ricorso del padre dopo la decisione del tribunale di lasciare libera scelta alla figlia. Che, a sua volta, aveva deciso di non vaccinarsi così come la madre, convinta no vax. Una ’guerra’ familiare sulle pelle della giovane andata a cozzare addosso alle maglie di una giustizia-lumaca, sempre più alle prese con problemi di organico, incapace di decidere ora, in piena crisi pandemica.
Succede a Bologna tra i genitori dell’adolescente, non coniugati e non più conviventi il cui contrasto ruota attorno "all’esercizio – spiega il tribunale – della responsabilità genitoriale sulla figlia, in affido condiviso". Lui ’sì vax’, lei con idee opposte e accusata dall’ex di aver "suggestionato" la figlia, inizialmente favorevole al vaccino, e di "averle fatto il lavaggio del cervello" dopo "otto mesi vissuti esclusivamente con lei".
Nemmeno l’invito della pediatra è servito a qualcosa, così il padre ha optato per le vie legali, presentando il 28 settembre 2021 ricorso in tribunale attraverso l’avvocato Lorenzo Casanova. "L’opposizione materna alla vaccinazione – scrivevano il 2 novembre i giudici del civile – si fonda essenzialmente su tre rilievi: il rifiuto espresso dalla minore di sottoporsi all’inoculazione del vaccino; la non conoscenza, allo stato, degli effetti collaterali; il grave rischio a cui sarebbe inutilmente sottoposta la ragazzina, trattandosi di un vaccino ancora in fase sperimentale". Per questo "è imprescindibile valorizzare la volontà della tredicenne", sentita quello stesso giorno e per Ctu e giudici apparsa "matura, serena, senza incertezze nel manifestare la volontà di non ricevere il vaccino, sia perché non particolarmente interessata alla vita sociale, sia perché spaventata dagli effetti dello stesso".
A 13 anni, per il tribunale civile "deve ritenersi pienamente capace di discernimento, in grado di manifestare opinioni in merito e ciò che le sembra più opportuno e di esprimere desideri confacenti al proprio benessere". Insomma, nonostante la giovanissima età la scelta finale è sua e il ricorso del padre va rigettato. Una decisione immediatamente impugnata con reclamo depositato in Appello due giorni più tardi. La linea del genitore è chiara: a soli 13 anni "non può avere la maturità necessaria per decidere se vaccinarsi o no". Una maturità che "purtroppo – è l’affondo verso la ex – non ce l’hanno neppure tanti adulti, come la di lei madre no vax, i quali rifiutano il vaccino sulla base di improbabili fake news e teorie antiscientifiche".
All’atto segue varia giurisprudenza in materia con pronunce di altri tribunali secondo i quali "laddove vi sia un concreto pericolo per la salute del minore in relazione alla gravità e diffusione del virus, e vi siano dati scientifici univoci che quel trattamento sanitario risulti efficace, il giudice può sospendere momentaneamente la capacità del genitore contrario al vaccino, autorizzandone la somministrazione, affidandosi a quello favorevole".
Il caso però verrà discusso in Appello solo il 24 febbraio 2023, scelta che ha creato sgomento nel ricorrente. "La trattazione tra oltre un anno – scrive nell’istanza di anticipazione dell’udienza che ha depositato il 13 gennaio – potrebbe avere gravissime conseguenze per la salute della minore e rendere addirittura vana l’instaurazione del giudizio".