Il fatto – Un uomo scompare nell"ormai lontano 1977 e nel 1983 viene certificata la sua presunzione di morte. Tuttavia, nel 1998 si rinviene un testamento olografo mediante il quale lo "scomparso" nominava – quale erede – anche una donna deceduta tre anni prima, la quale – a sua volta – aveva designato un erede universale. Quest"ultimo decide, quindi, di adire il competente Tribunale onde ottenere una pronuncia dichiarativa di accertamento della sua qualifica di erede unico dello scomparso, instando - inoltre - affinché i beni del "ritenuto defunto" gli venissero consegnati dagli eredi legittimi di costui. Le doglianze vengono, però, rigettate.
Il termine prescrizionale di accettazione dell"eredità in generale e nel caso di disposizione testamentaria "sopravvenuta" – L"art. 480 c.c., come é noto, stabilisce che il diritto di accettare l"eredità si estingue con il decorso del tempo (dieci anni), prevedendo – secondo l"opinione prevalente – un termine di prescrizione estintiva. In particolare, il vigente ordinamento giuridico non contempla due distinti ed autonomi diritti di accettazione (derivanti, l"uno, dalla devoluzione testamentaria e, l"altro, da quella legittima) ma, al contrario, prevede (con riguardo al patrimonio relitto dal defunto, quale che ne sia il titolo della chiamata) un solo diritto di accettazione che si prescrive nel termine di dieci anni decorrente dal giorno dell"apertura della successione e che se é, invece, esercitato mediante l"accettazione dell"eredità devoluta per legge consente al chiamato ed ai terzi – nel caso di testamento successivamente scoperto – qualunque sia il tempo trascorso dall"apertura della successione medesima, di chiederne l"esecuzione sia nell"ipotesi in cui il testamento sia più favorevole al chiamato, sia nell"ipotesi opposta, nel qual caso, però, vige il principio secondo cui l"erede non é tenuto a soddisfare i legati scritti nel testamento oltre il valore dell"eredità o con pregiudizio della porzione di legittima che gli é dovuta. In altre parole, la conferma della scelta legislativa di stabilire un termine decennale di prescrizione del diritto di accettazione dell"eredità é, altresì, offerta dall"art. 483 c.c. ove, al comma due, é – infatti - previsto che qualora dovesse essere "scoperto un testamento del quale non sia aveva notizia al tempo dell"accettazione, l"erede non é tenuto a soddisfare i legati scritti in esso …." (Cass. Civ., Sez. II, 22 settembre 2000, n. 12575; Cass. Civ., Sez. II, 16 febbraio 1993, n. 1933). Del resto, una decorrenza mobile del termine prescrizionale riguardante l"accettazione dell"eredità in dipendenza della data di scoperta di un testamento verrebbe a vanificare, per la struttura della fattispecie successoria, lo stesso istituto della prescrizione, impedendo ogni consolidamento in ragione del decorso del tempo della qualità di erede di coloro che hanno accettato l"eredità anteriormente la scoperta.
Il consolidamento patrimoniale tra gli eredi - Orbene, con la sentenza in esame, la Suprema Corte, non senza sottolineare la totale assenza di distinzione tra mancanza del testamento e mancata conoscenza del medesimo (atteso che entrambe le ipotesi concernono un testamento di per sé esistente ma, comunque, ignoto all"avente diritto), non omette di analizzare compiutamente l"istituto dell"accettazione dell"eredità, ritenendo che l"art. 459 c.c. "nel prescrivere che l"accettazione si riferisce all"eredità in sé considerata, a prescindere dal titolo della chiamata, legittima o testamentaria", presuppone "un concetto unitario di acquisto dell"eredità stessa", con la conseguenza che, proprio alla luce di ciò, deve essere letta la disposizione ex art. 480 c.c. la quale, peraltro, al comma tre statuisce che "quando i primi chiamati abbiano accettato l"eredità ma successivamente vengono rimossi gli effetti dell"accettazione, il termine prescrizionale decennale non decorre per gli ulteriori chiamati". Estremamente palese é, quindi, la logica deduzione operata dall"esimio Consesso: "l"accettazione é unica indipendentemente dal titolo della chiamata", esistendo, appunto, "un unico diritto di accettazione che, se non viene fatto valere, si prescrive nel termine di dieci anni decorrenti dal giorno dell"apertura della successione". La Corte, rigettando la domanda del ricorrente, ha – pertanto - ritenuto che la richiamata norma ex art. 480 c.c. é, esclusivamente, finalizzata a soddisfare l"esigenza di "cristallizzare dopo un certo lasso temporale, la regolamentazione dei diritti ereditari tra categorie di successibili che versano in condizioni di fatto diverse".